Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26126 del 17/11/2020

Cassazione civile sez. I, 17/11/2020, (ud. 17/09/2020, dep. 17/11/2020), n.26126

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11448/2018 proposto da:

J.K., elettivamente domiciliato in ROMA, Piazza Cavour,

presso la Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato

Stefano Mannironi, come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto n. 655/2018 del TRIBUNALE di CAGLIARI, depositato

il 07/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/09/2020 dal Consigliere Dott.ssa LAURA TRICOMI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

CERONI Francesca, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato dello Stato Massarelli,

che ha chiesto rigettarsi il ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

J.K., cittadino (OMISSIS), impugnò il provvedimento della Commissione territoriale che aveva negato la protezione internazionale con ricorso innanzi ai Tribunale di Cagliari che, con decreto emesso il 7.3.18, lo respinse, osservando che: non sussistevano i presupposti della protezione internazionale poichè non era configurabile il fondato timore di subire atti persecutori in caso di rimpatrio, sia per la non credibilità di quanto dichiarato dal ricorrente, sia perchè, quale adulto, avrebbe potuto emanciparsi dai genitori che asseriva essere stati autori di condotte persecutorie nei suoi confronti, sia perchè riguardo all’asserito agente persecutore le Autorità gambiane avrebbero potuto offrire tutela. Accertò inoltre che: non era concedibile la protezione sussidiaria in quanto tutte le COI consultabili sul Gambia attestavano che a seguito dell’insediamento del nuovo Presidente B., non sussisteva nel Paese alcuna violenza armata o guerra civile; non ricorrevano i presupposti del permesso umanitario data la situazione stabile e di sostanziale sicurezza in Gambia (come da report EASO aggiornato a dicembre 2017), tenendo conto che non era stata allegata una specifica situazione di vulnerabilità.

Il ricorrente ha formulato sei motivi di ricorso, illustrati con memoria.

Il Ministero ha depositato mero atto di costituzione.

Con ordinanza interlocutoria del 13/09/2019 è stata disposta la trattazione della controversia in pubblica udienza, segnatamente in relazione alla questione dei limiti del sindacato della Corte di Cassazione sulla valutazione del giudice di merito riguardo alla necessità, o meno, del rinnovo dell’audizione del richiedente protezione per essere la causa definibile sulla base degli atti già a disposizione.

Il ricorrente ha depositato ulteriore memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo è denunziata la violazione del D.L. n. 40 del 2017, art. 6, comma 3 undecies, lett. c), commi 1 e 5, art. 8, lett. g), e artt. 3,24,111 e 10, Cost., in relazione all’art. 6 Cedu e all’art. 342 c.p.c., nonchè l’omesso esame di fatto decisivo.

In particolare, il ricorrente – premesso che la Commissione non aveva reso disponibile la copia della videoregistrazione dell’audizione del ricorrente e pur dando atto che la causa era stata fissata per la comparizione delle parti dinanzi al Giudice istruttore (fol. 2 del ricorso) – si duole che il Tribunale non abbia disposto la nuova audizione del ricorrente in sede giudiziale che, a suo dire, sarebbe obbligatoria per il solo fatto della suddetta mancata trasmissione della videoregistrazione e non già rimessa alla valutazione del giudicante di necessità o meno, non trattandosi di prova; afferma anche di averla espressamente richiesta nel primo grado.

Sostiene che la mancata audizione, con l’assistenza del difensore, ha leso il diritto di difesa e si duole che della brevità del colloquio – di circa trenta minuti – con la Commissione territoriale.

1.2. Con il secondo motivo è denunziata violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e) e art. 3, L. n. 39 del 1990, art. 1 e art. 115 c.p.c., nonchè omesso esame di fatto decisivo, per non aver il Tribunale considerato il pericolo costituito dalle minacce dei genitori nei suoi confronti.

Il ricorrente si duole inoltre che sia stata errata la lettura delle dichiarazioni – giacchè aveva riferito di volersi convertire alla religione musulmana e non alla religione cristiana e che a ciò erano conseguite le condotte ostili – e critica la statuizione che, nella parte motiva, non è congruente sul punto con quanto da lui dichiarato. Insiste a dire che ciò evidenziava ancor di più l’esigenza della nuova audizione.

1.3. Con il terzo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 2, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 13, art. 6 direttiva CEE n. 115/08, nonchè omesso esame di un fatto decisivo, per non essersi pronunciato il Tribunale sulla richiesta di asilo e sull’istanza di rilascio del permesso umanitario per motivi caritatevoli o di altra natura (distinto da quello di cui all’art. 5 citato).

1.4. Con il quarto motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14 e 16, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nonchè omesso esame di un fatto decisivo, per non aver il Tribunale esaminato i presupposti della protezione sussidiaria ed il pericolo ad essere esposto ad un danno grave in caso di rimpatrio.

1.5. Con il quinto motivo (erroneamente indicato come sesto) è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e dell’art. 6, comma 4, della Direttiva CEE n. 115/08, nonchè omesso esame di un fatto decisivo, lamentando che: riguardo alla protezione umanitaria negata, in caso di rimpatrio, il ricorrente sarebbe esposto anche al rischio della pena capitale o comunque di gravi sanzioni penali, ciò in contraddizione con il divieto italiano di estradizione in paesi che comminino la pena capitale; il Tribunale non aveva considerato la distinta fattispecie del rilascio del permesso di soggiorno per motivi caritatevoli.

1.6. Con il sesto motivo (erroneamente indicato come settimo) è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, comma 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 32, nonchè omesso esame di fatto decisivo, per non aver il Tribunale riconosciuto la protezione umanitaria in considerazione dell’instabilità della situazione interna del Gambia.

2.1. L’esame del secondo motivo, che concerne l’esatta individuazione dei fatti di causa, va condotto con priorità.

Dall’esame del decreto impugnato, si evince che la statuizione circa la non credibilità del racconto in merito all’ostracismo religioso subito dai suoi genitori, non trova corrispondenza nei fatti narrati laddove l’ostilità è ascritta dal Tribunale all’intenzione di convertirsi alla religione cristiana, mentre il ricorrente aveva riferito che il contrasto familiare era conseguito alla sua volontà di convertirsi alla fede musulmana. La considerazione svolta dal Tribunale circa l’ignoranza di elementi caratterizzanti la fede cristiana – su cu è fondata la valutazione di non cedibilità del narrato – porta ad escludere un semplice lapsus calami e rende palese che la decisione è viziata per avere deciso il Tribunale su fatti diversi da quelli oggetto della domanda.

Invero la decisione che prende in esame un fatto diverso da quello posto a fondamento della domanda comporta un vizio (rilevabile in via preliminare anche d’ufficio) della decisione impugnata che la rende radicalmente nulla (sulla base del combinato disposto dell’art. 156 c.p.c., comma 2, art. 161 c.p.c., comma 2 e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nonchè dell’art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1) per assoluta inidoneità della stessa al raggiungimento dello scopo, che è quello di costituire tra le parti un accertamento potenzialmente definitivo relativo al caso concreto dedotto in giudizio (Cass. n. 7516 del 27/03/2007).

2.2. L’accoglimento del secondo motivo comporta l’assorbimento degli altri.

2.3. Il decreto impugnato va cassato con rinvio al Tribunale di Cagliari in diversa composizione per il riesame e la statuizione sulle spese.

PQM

P.Q.M.

– Accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Cagliari in diversa composizione per il riesame e per le spese.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2020

 

 

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