Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26125 del 19/12/2016


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Cassazione civile, sez. un., 19/12/2016, (ud. 15/11/2016, dep.19/12/2016),  n. 26125

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sezione –

Dott. DIDONE Antonio – Presidente di Sezione –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di Sezione –

Dott. PETITTI Stefano – Presidente di Sezione –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28991/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

P.L., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli

avvocati COSTANTINO MONTESANTO e PIERINA CARRATU’, per delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5137/2014 del TRIBUNALE di SALERNO, depositata

il 31/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/11/2016 dal Consigliere Dott. ANGELINA MARIA PERRINO;

udito l’Avvocato Paolo GRASSO;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. FUZIO Riccardo,

che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La controversia concerne l’azione monitoria proposta dinanzi al giudice di pace nei confronti dell’Agenzia delle entrate dalla procuratrice di attori, risultati vittoriosi nei confronti di una compagnia di assicurazioni, al fine di ottenere il rimborso dell’imposta da lei versata in nome proprio per la registrazione della sentenza ottenuta a definizione del relativo giudizio.

In primo grado il giudice adito ha respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dall’Agenzia e, in secondo grado, il tribunale ha rigettato l’appello dell’ufficio anzitutto affermando la giurisdizione ordinaria e facendo leva poi, nel merito, sulla circostanza che il rimborso è stato chiesto dal soggetto cui è riferibile il pagamento.

Avverso questa sentenza propone ricorso l’Agenzia delle entrate per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi, cui la controparte reagisce con controricorso. L’Agenzia deposita altresì memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Infondato è il primo motivo di ricorso, col quale l’Agenzia lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 132 c.p.c., in ragione della motivazione meramente apparente della sentenza impugnata.

Queste sezioni unite hanno già chiarito che la mancanza della motivazione – in cui si risolve l’apparenza di essa- si configura quando la motivazione manchi del tutto, nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione, oppure la motivazione formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass., sez. un., n. 8053/14 e n. 19881/14).

Nel caso in esame, di contro, il giudice d’appello ha dato conto, sia pure in maniera in parte monca, del proprio ragionamento, ancorando la legittimazione dell’attrice ad ottenere il rimborso alla riferibilità a lei del pagamento.

2.- La questione sottoposta alle sezioni unite col secondo motivo, col quale l’Agenzia si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 81 c.p.c., degli artt. 1180 e 2033 c.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, è volta a verificare se sussista la giurisdizione del giudice ordinario oppure la giurisdizione del giudice tributario rispetto all’azione di rimborso di un’imposta pagata in luogo di altri.

Giova precisare al riguardo che la deduzione della controricorrente relativa alla propria qualità di distrattaria delle spese è rimasta relegata al rango di mera asserzione, perchè non sorretta dalla riproduzione degli atti dai quali rilevare tale qualità; laddove emerge dalla riproduzione degli avvisi di liquidazione in ricorso che la pretesa tributaria è stata rivolta alle sole parti del giudizio.

3.- Queste sezioni unite hanno reiteratamente stabilito (n. 21893/09; n. 25931/11) che, in tema di rimborso di tributi, spettano al giudice tributario i procedimenti nei quali il diritto del contribuente sia contestato dall’erario, mentre sono devoluti al giudice ordinario soltanto quelli in cui non residuino questioni circa l’esistenza dell’obbligazione, il quantum della restituzione e le modalità della sua esecuzione, attesa la riserva alle commissioni tributarie, disposta dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, di tutte le cause di cognizione aventi ad oggetto tributi.

3.1.- Ciò in quanto, hanno ulteriormente precisato (da ultimo, Cass., sez. un., n. 19069/16), il diritto al rimborso di un tributo non dovuto – compreso tra quelli elencati nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 – non si può svolgere secondo il modello dell’indebito di diritto comune, dovendo osservarsi le regole del riparto di giurisdizione e la speciale disciplina processuale prevista dalle singole leggi d’imposta e dalla legge sul contenzioso tributario. Disciplina, in base alla quale le controversie in materia di rimborso di tributi sono devolute allo stesso giudice cui è conferita giurisdizione sul rapporto tributario controverso.Ed è appunto la configurabilità di un indebito tributario, dato dall’assenza dell’obbligazione di versamento dell’imposta, con le ricadute sul piano della giurisdizione, che l’Agenzia evoca a fondamento della propria censura: il che esclude la fondatezza dell’eccezione d’inammissibilità proposta dalla controricorrente sul piano della pretesa novità della prospettazione del ricorso per cassazione rispetto a quella formulata in primo grado. P.L. riconosce difatti che l’Agenzia ha sempre contestato la giurisdizione ordinaria sostenendo che la ripetizione dell’indebito in materia tributaria debba essere devoluta alle Commissioni tributarie.

4.- Nella vicenda in esame, le parti non dubitano che la procuratrice degli attori riusciti vittoriosi, pagando l’imposta di registro per loro conto, abbia estinto l’obbligazione tributaria; nè dubitano che i soggetti passivi dell’obbligazione tributaria siano le parti del giudizio dal quale i clienti della procuratrice sono usciti vittoriosi.

Non si deduce, peraltro, che clienti e avvocato avessero convenuto che l’avvocato anticipasse le spese, compreso l’importo dell’imposta di registro, o se ciò risultasse tacitamente. Non emerge, dunque, che la procuratrice degli attori fosse legata ai debitori da un rapporto preesistente al pagamento, idoneo a giustificare l’eventuale esercizio dell’azione di regresso nei confronti di costoro.

Indubbiamente, allora, come sostiene il giudice d’appello, la controricorrente è “il soggetto cui è legalmente riferibile il pagamento”; ma ciò non conduce ad affermare la sussistenza della giurisdizione ordinaria.

4.1.- Conviene sottolineare, secondo quanto già rimarcato dalla Corte (Cass., sez. un., n. 9946/09; conf., n. 2060/10), che l’adempimento spontaneo di un’obbligazione da parte del terzo, ai sensi dell’art. 1180 c.c., determina l’estinzione dell’obbligazione, anche contro la volontà del creditore, ma non attribuisce automaticamente al terzo un titolo per agire direttamente nei confronti del debitore, non essendo in tal caso configurabili nè la surrogazione per volontà del creditore, prevista dall’art. 1201 c.c., nè quella per volontà del debitore, prevista dall’art. 1202 c.c., nè quella legale di cui all’art. 1203 c.c., n. 3, la quale presuppone che il terzo che adempie sia tenuto con altri o per altri al pagamento del debito.

La consapevolezza da parte del terzo di adempiere un debito altrui esclude altresì la surrogazione legale di cui all’art. 1203 c.c., n. 5, e art. 2036 c.c., comma 3, la quale, postulando che il pagamento sia riconducibile all’indebito soggettivo ex latere solventis, ma non sussistano le condizioni per la ripetizione, presuppone nel terzo la coscienza e la volontà di adempiere un debito proprio.

4.2.- Nessun indebito di diritto comune è quindi ravvisabile; il che esclude la sussistenza dei presupposti per radicare la giurisdizione del giudice ordinario, anzichè di quello tributario, sussistendo contestazione sia sull’esistenza del debito da rimborso, sia sulle modalità e sulle procedure per ottenerlo.

5.- Ne deriva la cassazione della sentenza, in quanto deve essere affermata la giurisdizione tributaria.

La relativa novità della questione comporta la compensazione delle spese.

PQM

la Corte:

rigetta il primo motivo di ricorso e, in accoglimento del secondo, cassa la sentenza impugnata e dichiara la giurisdizione del giudice tributario. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2016

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