Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26122 del 17/11/2020

Cassazione civile sez. I, 17/11/2020, (ud. 08/07/2020, dep. 17/11/2020), n.26122

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7146/2019 proposto da:

B.A.R., elettivamente domiciliato in Roma, Via Ercole

Bombelli 29/b, presso lo studio dell’avvocato Verrastro Francesco,

rappresentato e difeso dall’avvocato Quadruccio Paolo, giusta

procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il

18/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/07/2020 dal Consigliere Dott. Paola Vella.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Bologna ha respinto la domanda di riconoscimento della protezione internazionale o umanitaria, proposta da B.A.R., nato ad (OMISSIS), il quale ha dichiarato di aver lasciato il proprio Paese per sfuggire alla vendetta dei suoi cugini, che lo ritenevano ingiustamente responsabile della morte dello zio avvenuta in un incidente stradale e, per questo, avevano già ucciso suo fratello.

2. Il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Gli intimati non hanno svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27, nonchè degli artt. 10-16 della direttiva 2013/32/UE, per violazione del dovere di cooperazione e del principio di attenuazione dell’onere probatorio, in quanto il tribunale avrebbe valutato la credibilità delle dichiarazioni del ricorrente solo nella loro coerenza intrinseca, non anche rispetto alle condizioni oggettive del Paese di origine.

3.1. Il secondo mezzo denunzia analogamente la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, per essere stato il ricorrente ritenuto non credibile ai fini della protezione sussidiaria e umanitaria senza il rispetto della griglia dei criteri stabiliti dalla legge e senza attivare i propri poteri istruttori officiosi a fronte delle lacune o incoerenze registrate.

3.2. Con il terzo motivo si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, avuto riguardo alla valutazione comparativa necessaria ai fini della protezione umanitaria.

4. I primi due motivi, che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente, non meritano accoglimento.

5. Va innanzitutto ricordato che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in materia di protezione internazionale il richiedente è tenuto non solo ad allegare i fatti costitutivi del diritto, ma anche a fornirne la prova, a meno che ciò risulti impossibile; pertanto, solo a fronte di un’esaustiva allegazione il principio dispositivo può trovare deroga, attraverso l’esercizio del dovere di cooperazione istruttoria e l’adozione del criterio di tenere per veri i fatti che lo stesso richiedente non è in grado di provare; sempre che costui, oltre ad essersi attivato tempestivamente per la proposizione della domanda e ad aver compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziarla, superi positivamente il vaglio di credibilità soggettiva, condotto alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 (ex plurimis, da ultimo Cass. 6936/2020, 15794/2019).

5.1. Orbene, la valutazione di affidabilità del dichiarante è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, che deve essere svolta alla luce dei criteri specifici indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, oltre che dei criteri generali di ordine presuntivo idonei a consentire la valutazione giudiziale della veridicità delle dichiarazioni rese (Cass. 20580/2019). La norma suddetta impone infatti al giudice di sottoporre le dichiarazioni del richiedente, se non suffragate da prove, non solo a un controllo di coerenza intrinseca (con riguardo al racconto) ed estrinseca (con riguardo alle informazioni generali e specifiche di cui si dispone) – ma anche a una verifica di plausibilità della vicenda narrata a fondamento della domanda, con riguardo alla logicità e razionalità delle dichiarazioni (Cass. 21142/2019), al fine di stabilire in ultima analisi se “dai riscontri effettuati il richiedente è, in generale, attendibile” (v. lett. e) della norma cit.).

5.2. Da ciò consegue che: “a) la norma non potrà mai dirsi violata sol perchè il giudice del merito abbia ritenuto inattendibile un racconto o inveritiero un fatto; b) non sussiste un diritto dello straniero ad essere creduto sol perchè abbia presentato la domanda di asilo il prima possibile o abbia fornito un racconto circostanziato; c) il giudice è libero di credere o non credere a quanto riferito secondo il suo prudente apprezzamento che, in quanto tale, non è sindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato” (Cass. 6897/2020).

5.3. Nel caso in esame, il tribunale ha effettuato una valutazione rispettosa dei richiamati parametri, rilevando: che il ricorrente non ha fornito una spiegazione plausibile della mancata produzione di documenti identificativi ovvero riguardanti la morte del fratello (non risultando sufficiente la fotografia esibita); che nonostante l’ulteriore audizione in udienza il ricorrente non ha compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare ulteriormente la domanda, specie con riguardo alla violenta reazione dei cugini e alla sua fuga; che le dichiarazioni rese appaiono per lo più generiche; che vi sono plurimi profili di incoerenza tra il racconto riferito in sede amministrativa e in sede giudiziale, peraltro su aspetti di sicuro rilievo nella vicenda narrata (v. pag. 4-5 del decreto); che le dichiarazioni appaiono contraddittorie con riguardo al coinvolgimento della polizia; che vi sono anche profili di non plausibilità nell’episodio dell’uccisione del fratello.

5.4. Si tratta, all’evidenza, di valutazioni che integrano apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, non essendo ammissibile in questa sede una rivisitazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente in vista di una loro diversa lettura o interpretazione (ex multis, Cass. 6897/2020, 5114/2020, 33858/2019, 3340/2019, 21142/2019, 32064/2018, 30105/2018, 27503/2018, 16925/2018); nè la motivazione è stata correttamente

censurata secondo il paradigma del novellato art. 360 c.p.c., n. 5), ai sensi del quale il ricorrente ha l’onere di indicare – nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U., 8053/2014, 8054/2014, 1241/2015; Cass. 19987/2017, 7472/2017, 27415/2018, 6383/2020, 6485/2020, 6735/2020).

5.5. Anche di recente le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che deve ritenersi inammissibile un “ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito” (Cass. Sez. U., 34476/2019).

6. Va altresì ricordato che la giurisprudenza di questa Corte è pressochè unanime nel ritenere che “in tema di protezione internazionale, il principio in virtù del quale, quando le dichiarazioni dello straniero sono inattendibili, non è necessario un approfondimento istruttorio officioso” va applicato “ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello “status” di rifugiato o di quelli per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b)” mentre non sarebbe invocabile nell’ipotesi di cui alla successiva lett. c), “poichè in quest’ultimo caso il dovere del giudice di cooperazione istruttoria sussiste sempre, anche in presenza di una narrazione non credibile dei fatti attinenti alla vicenda personale del richiedente, purchè egli abbia assolto il proprio dovere di allegazione” (Cass. 10286/2020, 8020/2020, 7985/2020, 14283/2019).

6.1. Sul punto, invero, un più rigoroso – e ad avviso del Collegio meno condivisibile – orientamento estende il principio anche a quest’ultima ipotesi (Cass. 16925/2018, 33096/2018, 4892/2019, 15794/2019, 17174/2019, 33858/2019), nell’assunto che “l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona. Qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (cfr. Cass. 28862/2018, 33858/2018, 8367/2020).

6.2. Peraltro, anche secondo un recente orientamento minoritario, meno restrittivo, l’obbligo di cooperazione istruttoria verrebbe comunque meno a fronte di “affermazioni circa il Paese di origine (…) che risultino immediatamente false”, oltre che nei casi di “notorio”, ovvero mancata esposizione di fatti storici idonei a rendere possibile l’esame della domanda o rinuncia espressa ad una delle possibili forme di protezione (Cass. 8819/2020).

6.3. Nel caso di specie, il tribunale ha per un verso verificato la falsità di una affermazione del ricorrente, per altro verso valutato comunque la domanda di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), avvalendosi di C.O.I. tratte da fonti qualificate e aggiornate.

7. Anche il terzo motivo non merita accoglimento.

7.1. Invero, sebbene il giudizio di non credibilità del narrato circa la specifica situazione dedotta a sostegno della domanda di protezione internazionale non possa precludere la valutazione, da parte del giudice, delle diverse circostanze che rilevino ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria (ex multis, Cass. 10922/2019, 2960/2020, 2956/2020, 7985/2020, 8020/2020), tuttavia la motivazione del diniego risulta in linea con la giurisprudenza di questa Corte, che ai fini della protezione umanitaria – astrattamente riconoscibile ratione temporis (Cass. Sez. U., 29459/2019) – richiede il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale (Cass. 23778/2019, 1040/2020), escludendo che il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari possa essere riconosciuto solo in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza, ovvero considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia (Cass. Sez. U., nn. 29459, 29460, 29461 del 2019; Cass. 4455/2018, 630/2020).

7.2. Peraltro, se una simile verifica può essere effettuata dal giudice anche esercitando i propri poteri istruttori officiosi, risulta comunque “necessario che il richiedente indichi i fatti costitutivi del diritto azionato e cioè fornisca elementi idonei perchè da essi possa desumersi che il suo rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza” (Cass. 27336/2018, 8908/2019, 17169/2019).

7.3. Al riguardo il tribunale ha osservato che il ricorrente, il quale ha la madre in (OMISSIS) e la moglie e i figli in (OMISSIS), non ha allegato (nè sono altrimenti emersi) profili di specifica vulnerabilità individuale, precisando che lo studio della lingua italiana e lo svolgimento di attività lavorativa per alcuni mesi non sono tali da evidenziare un suo radicamento sul territorio; quanto poi al periodo trascorso in Libia, il tribunale ha applicato il consolidato orientamento di questa Corte per cui rilevano a tal fine solo eventi idonei ad ingenerare un forte grado di traumaticità, tale da incidere sulla condizione di vulnerabilità della persona (Cass. 13096/2019), poichè altrimenti il fatto che in un paese di transito si sia consumata una violazione dei diritti umani non comporta di per sè l’accoglimento della domanda di protezione umanitaria, dovendosi accertare che lo straniero venga ad essere perciò privato della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, per effetto del rimpatrio nel Paese di origine, di cui cioè si abbia la cittadinanza, non già di un Paese terzo (cfr. Cass. 4455/2018, 2861/2018, 13858/2018, 29875/2018).

8. L’assenza di difese dell’intimato esonera dalla pronuncia sulle spese. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2020

 

 

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