Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26121 del 21/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 26121 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: FILABOZZI ANTONIO

Data pubblicazione: 21/11/2013

ORDINANZA
sul ricorso 5018-2012 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI
ANTONIETTA, STUMPO VINCENZO, TRIOLO VINCENZO,
DE ROSE EMANUELE, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente contro
VITTI MARIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO
POMA 2, presso lo studio dell’avvocato ASSENNATO GIUSEPPE
SANTE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

JJ

PONZONE GIOVANNI GAETANO, giusta mandato speciale in
calce al controricorso;

– controricorrente avverso la sentenza n. 135/2011 della CORTE D’APPELLO di BARI

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO FILABOZZI;
udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti che si riporta agli
scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO
FRESA che si riporta alla relazione scritta.

Ric. 2012 n. 05018 sez. ML – ud. 17-10-2013
-2-

del 10.1.2011, depositata il 15/02/2011;

r.g. n. 5018/2012 Inps c. Vitti Mario
– Oggetto: disoccupazione agricola
..

ORDINANZA
Atteso che è stata depositata relazione del seguente contenuto:
“1. Con ricorso al Tribunale di Bari Mario Vitti, operaio agricolo a tempo determinato, conveniva
in giudizio l’Inps chiedendo venisse accertato il suo diritto alla differenza dell’indennità di disoccu-

sposto dall’Istituto sulla base del salario medio convenzionale congelato all’anno 1995 – sosteneva
che il medesimo trattamento doveva essere invece calcolato, ai sensi del d.lgs. n. 146 del 1997, art.
4, sui minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva provinciale, con conseguente diritto
alle differenze tra quanto spettante e quanto percepito;
La domanda veniva rigettata con sentenza che era riformata dalla Corte d’appello di Bari, che riconosceva, fra l’altro, il diritto del ricorrente alla inclusione nella retribuzione utile per il calcolo della
indennità di disoccupazione della quota di trattamento di fine rapporto;
Avverso detta sentenza l’Inps ricorre con due motivi;
L’intimato resiste con controricorso;
2. Con i motivi di gravame l’Istituto ricorrente, lamentando violazione dell’art. 18, comma 18, del
d.l. n. 98/2011, conv. in legge n. 111/2011, nonché degli artt. 46, 51 e 55 del CCNL operai agricoli
e florovivaisti del 2002 in relazione all’art. 6, comma 4, lettera a), del d.lgs. n. 314/97, all’art. 3 d.l.
n. 318/96, conv. in legge n. 402/96, nonché in relazione agli artt. 1362 e ss., 2120 cod. civ. ed
all’art. 4, commi 10 e 11, della legge n. 297/82, censura la sentenza per avere incluso nella retribuzione da prendere a base per la liquidazione dell’indennità di disoccupazione, anche la voce denominata “quota di TFR”, la quale invece non dovrebbe esserlo, per avere – contrariamente a quanto
affermato la Corte territoriale – effettiva natura di retribuzione differita;
3. Il ricorso è manifestamente fondato, alla stregua di quanto deciso da ultimo dalla sentenza di questa Corte n. 202/2011 e da numerose altre conformi, con cui si è enunciato il seguente principio:
“Confermandosi quanto già ritenuto dalla precedente sentenza di questa Corte n. 10546/2007 per
cui “ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione
– definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario medio convenzionale ex art. 4 del D.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 – non è comprensiva del trattamento di fine
rapporto”, va ulteriormente affermato che, sulla base del suddetto principio, la voce denominata
“quota di TFR” dai contratti collettivi vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa dal
computo della indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà espressa dalle parti sti1

pazione dell’anno 2002; il ricorrente – premesso che il trattamento di disoccupazione era stato corri-

pulanti, che è vietato disattendere in forza della disposizione di cui all’art. 3 D.L. 14 giugno 1996
n. 318 convertito in legge 29 luglio 1996 n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere individuata in difformità rispetto a
quanto definito negli accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto
a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli istituti
legali da parte dell’autonomia collettiva”;
4. La interpretazione di cui alle citate pronunzie è stata da ultimo avallata dal legislatore, il quale,
con l’art. 18 comma 18 del DL n. 98/2011, convertito in legge 111/2011, ha stabilito che” L’art. 4
del d.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 e l’art. 1 comma 5 del DL 10 gennaio 2006 n. 2, convertito con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006 n. 18, si interpretano nel senso che la retribuzione, utile per il
calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato, non è
comprensiva della voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla contrattazione
collettiva”;
5. Che ove si condividano i rilievi testé formulati, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 380 bis e 375 codice procedura civile e dichiarato manifestamente fondato”;
Atteso che l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalla resistente con riferimento al
disposto di cui all’art. 38 del d.l. n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 111 del 2011 (che, integrando l’ultima parte dell’art. 152 disp. att. c.p.c., ha stabilito che, ai fini della liquidazione delle
spese nei giudizi per prestazioni previdenziali, “la parte ricorrente, a pena di inammissibilità di ricorso, formula apposita dichiarazione del valore della prestazione dedotta in giudizio, quantificandone l’importo nelle conclusioni dell’atto introduttivo”) è infondata poiché – a prescindere dal fatto
che l’Istituto ricorrente ha formulato in calce al ricorso, sia pure con riferimento all’art. 37 del d.l. n.
98/2011, dichiarazione secondo cui il “valore della causa è inferiore ad € 1.100,00” – deve ritenersi
che la previsione di cui sopra, come desumibile da un esame complessivo del testo normativo nella
quale è stata inserita (art. 152 disp. att. c.p.c.), trovi applicazione solo con riferimento all’atto introduttivo del giudizio di primo grado, e che per “parte ricorrente” debba intendersi, quindi, il pensionato o l’assicurato che introduce il predetto giudizio, mentre per i successivi gradi di giudizio dovrà
valere, in base ai principi generali, il criterio del disputatum, ossia di quanto richiesto con l’atto di
impugnazione della sentenza;
Atteso che il Collegio condivide e fa proprie le considerazioni espresse nella relazione di cui sopra
e che, pertanto, il ricorso deve essere accolto, conseguendone la cassazione della sentenza impugnata e la decisione nel merito (art. 384, secondo comma, c.p.c.), non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con il rigetto della domanda di inclusione nell’indennità di disoccupazione agricola
della “quota di t.f.r.”, oggetto dei motivi di ricorso;
2

.

Considerato, infine, che ricorrono giusti motivi, desumibili sia dall’esito complessivo della lite sia
dalla considerazione della sopravvenienza dell’intervento legislativo da ultimo ricordato, per compensare tra le parti le spese dell’intero processo;
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la doman-

le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 ottobre 2013.

da di inclusione della “quota t.f.r.” nella base di calcolo dell’indennità di disoccupazione; compensa

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