Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2612 del 04/02/2021

Cassazione civile sez. II, 04/02/2021, (ud. 23/09/2020, dep. 04/02/2021), n.2612

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3035/2016 proposto da:

Z.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 44, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELLO GIOIOSO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LODOVICO FABRIS,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.G., M.A., M.F., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA ANTONIO SERTOLONI 26/B, presso lo studio

dell’avvocato STEFANO SABLONE, che li rappresenta e difende giusta

procura speciale per Notaio;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1948/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 18/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/09/2020 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato LODOVICO FABRIS, difensore del ricorrente, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato STEFANO SABLONE, difensore dei controricorrenti, che

ha chiesto il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Treviso, con la sentenza n. 856 del 2014, accolse la domanda proposta nel 2010 dai germani M.F., M.A. e M.G. nei confronti di Z.G. e, per l’effetto, condannò il convenuto alla restituzione del dipinto “(OMISSIS)” attribuito a R., trafugato dall’abitazione romana dei genitori dei M. nel (OMISSIS) (come da denuncia contro ignoti dell'(OMISSIS)) e ritrovato, dopo lunghi anni, nel possesso dell’architetto Z..

1.1. Lo stesso Tribunale rigettò la domanda riconvenzionale dello Z., di accertamento dell’acquisto della proprietà del dipinto a titolo di successione della madre, ovvero per usucapione.

1.2. La vicenda aveva dato luogo ad un procedimento penale per ricettazione a carico dello Z., che era stato sospeso in attesa della soluzione della causa petitoria tra imputato e parti civili relativa alla proprietà del dipinto (provvedimento di sospensione confermato da Cass. pen. 870 del 2013).

1.3. Ritenne il Tribunale che i germani M., eredi universali dei genitori M.D. e C.G., avessero diritto alla restituzione in quanto proprietari del dipinto, “in ragione della identità, da ritenersi acclarata oltre ogni ragionevole dubbio, tra il quadro denunciato come sottratto ed il quadro della disponibilità del sig. Z.”.

2. La Corte d’appello di Venezia, adita da Z.G., con sentenza pubblicata il 18 agosto 2015 ha confermato la decisione di primo grado.

2.1. Per giungere a tale conclusione la Corte territoriale ha ritenuto prive di fondamento le contestazioni dell’appellante in ordine al difetto di legittimazione attiva e passiva, alla mancanza di identità tra il dipinto in sequestro e quello oggetto di furto nel (OMISSIS), alla mancanza di prova dell’acquisto del dipinto da parte del dante causa dei germani M., al rigetto della domanda riconvenzionale.

In particolare, secondo la Corte d’appello, i germani M. non avevano agito in rivendica ma quali successori dei genitori, e che, pertanto, l’onere della prova a loro carico si limitava alla dimostrazione dell’identità tra il dipinto rubato in casa dei genitori nel (OMISSIS) e quello sottoposto a sequestro penale, già nel possesso dello Z.. E che si trattasse del medesimo dipinto era dimostrato dagli accertamenti svolti anche in sede penale, dai quali era emerso che il dipinto rinvenuto nel possesso dello Z. era stato battuto all’asta da (OMISSIS), ivi acquistato dalla società Fa. Development and Consulting, e quindi sottratto, insieme a numerosi altri beni, dall’abitazione romana dei M. – C. nella notte tra il (OMISSIS).

In tale contesto, l’assenza di documentazione comprovante il trasferimento del dipinto dalla società Fa. a Ma.Da. non era rilevante, dal momento che i germani M. non avevano agito in rivendica bensì per il recupero della refurtiva.

2.2. La Corte territoriale ha rigettato la domanda riconvenzionale per carenza prova, evidenziando che non vi era traccia documentale dell’acquisto del dipinto da parte della madre dello Z., nel (OMISSIS) e che lo scritto proveniente da G.M.V., nel quale erano riportate le ultime volontà della madre dello Z. e tra esse quella di lasciare il dipinto al figlio G., non poteva configurare un legato, per difetto di forma. Quanto all’acquisto a titolo originario della proprietà del dipinto, la Corte d’appello ha ritenuto inapplicabili sia l’art. 1153 c.c., per assenza di un titolo idoneo al trasferimento del dipinto, sia l’art. 1161 c.c., poichè non vi era prova dell’epoca a partire dalla quale lo Z. aveva iniziato a possedere il dipinto, che era rimasto in casa M. – C. fino all'(OMISSIS).

3. Per la cassazione della sentenza Z.G. ha proposto ricorso articolato in nove motivi, ai quali hanno resistito con controricorso i germani M.. In prossimità dell’udienza pubblica entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente deve essere rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dai controricorrenti.

Il ricorso, che si articola in numerosi motivi, invoca il controllo legittimità su plurime questioni di diritto, ed è pertanto ammissibile dal punto di vista della conformità al modello legale tipico, impregiudicata la possibilità di dichiarare inammissibili singoli motivi ove le dedotte violazioni di legge sostanziale o processuale risultassero apparenti (da ultimo, Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476).

1.1. Con il primo motivo è denunciata nullità della sentenza o del procedimento, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 2909 c.c. e art. 112 c.p.c.. Si contesta che la Corte di Appello, qualificando la domanda dei germani M. come azione possessoria, avrebbe violato tanto il divieto di extrapetizione, avendo agito gli originari attori in qualità di proprietari del dipinto, quanto il giudicato interno che si sarebbe formato sulla qualificazione dell’azione operata dal Tribunale, in assenza di appello sul punto.

1.2. La doglianza è priva di fondamento.

E’ vero che il Tribunale aveva qualificato l’azione dei germani M. come azione di rivendica, ed è vero che il giudicato si forma anche sulla qualificazione giuridica data all’azione dal giudice, quando essa abbia condizionato l’impostazione e la definizione dell’indagine di merito e la parte interessata abbia omesso di impugnarla (tra le molte, Cass. 07/11/2005, n. 21490; Cass. 29/04/2009, n. 10027; Cass. 09/06/2010, n. 13833; più di recente Cass. 15/05/2019, n. 12875).

Nella specie, però, non si è formato il giudicato sulla qualificazione giuridica dell’azione come rivendica poichè come risulta dall’esame della sentenza impugnata – con l’atto di appello lo Z. aveva contestato la “legittimazione attiva” dei M. o, comunque, l’esistenza in capo ai predetti di un titolo che consentisse loro di domandare la restituzione del dipinto. In questo modo l’appellante aveva investito la Corte di merito del potere di riesaminare la qualificazione della domanda, in quanto necessaria premessa logico-giuridica delle questioni direttamente prospettate con il gravame.

Non sussiste all’evidenza neppure il vizio di extrapetizione.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 948 e 2697 c.c. e si contesta il mancato assolvimento dell’onere della prova gravante sugli attori, i quali avevano agito a tutela della proprietà e non del mero possesso. Difettava, secondo il ricorrente, la ricostruzione dei trasferimenti della proprietà del dipinto fino a risalire ad un acquisto a titolo originario, mentre la Corte d’appello aveva valorizzato la qualità di eredi dei germani M. che però non incideva sul tema della prova del diritto alla restituzione del dipinto.

2.1. Il motivo di ricorso è fondato e va accolto.

2.1.1. La domanda di restituzione di un bene già oggetto di furto, svolta nei confronti del soggetto che si trova nel possesso del bene, introduce un’azione di rivendica non di restituzione.

In tal senso questa Corte si è espressa nei precedenti specifici in tema di restituzione di opere d’arte (Cass. 14/09/1999, n. 9782; Cass. 19/02/2014, n. 4000; Cass. 20/01/2017, n. 1593), e l’affermazione è coerente con il principio ribadito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 7305 del 2014, che ha chiarito definitivamente la differenza tra rivendica e azione di restituzione.

Si legge nella pronuncia delle Sezioni Unite che “l’azione personale di restituzione, come già dice il nome, è destinata a ottenere l’adempimento dell’obbligazione di ritrasferire una cosa che è stata in precedenza volontariamente trasmessa dall’attore al convenuto, in forza di negozi quali la locazione, il comodato, il deposito e così via, che non presuppongono necessariamente nel tradens la qualità di proprietario. Essa non può pertanto surrogare l’azione di rivendicazione, con elusione del relativo rigoroso onere probatorio, quando la condanna al rilascio o alla consegna viene chiesta nei confronti di chi dispone di fatto del bene nell’assenza anche originaria di ogni titolo. In questo caso la domanda è tipicamente di rivendicazione, poichè il suo fondamento risiede non in un rapporto obbligatorio personale inter partes, ma nel diritto di proprietà tutelato erga omnes, del quale occorre quindi che venga data la piena dimostrazione” (pagg. 7-8 della motivazione).

2.1.2. La Corte d’appello è quindi incorsa in errore nella qualificazione della domanda dei germani M. come azione restitutoria e non come rivendica, con le ovvie ricadute in tema di onere probatorio. E infatti, dopo aver dato atto che mancava la prova documentale del trasferimento del dipinto dalla società che l’aveva acquistato all’asta a M.D., padre degli attori, la Corte territoriale ha ritenuto tale carenza irrilevante “proprio perchè gli attori non hanno agito in rivendica ma per il mero recupero del possesso della refurtiva” (pag. 5 della sentenza).

Rilevato l’errore nella qualificazione della domanda, è perfino ovvio che il possesso del dipinto da parte dei M. – C. nel (OMISSIS), epoca del furto, non valga a dimostrarne anche la proprietà.

Il modo di acquisto della proprietà dei beni mobili previsto dall’art. 1153 c.c., richiede, oltre al possesso di buona fede, l’esistenza di un titolo astrattamente idoneo al trasferimento del diritto, requisito, questo, che deve essere provato da chi lo allega a proprio favore, non potendo presumersi in base alla semplice consegna della cosa, che può derivare anche da rapporti non traslativi del diritto di proprietà (Cass. 04/03/1981, n. 1250; Cass. 26/04/1982, n. 2563).

3. Nell’accoglimento del secondo motivo rimane assorbito il terzo motivo di ricorso, con il quale è denunciata, in via subordinata, violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, artt. 1168 e 2967 c.c., sul rilievo che la Corte d’appello non avrebbe argomentato sui presupposti dell’azione di reintegrazione nel possesso.

4. Con il quarto motivo si denuncia violazione dell’art. 2697 c.c. e si contesta la mancata applicazione alla fattispecie concreta del principio possideo quia possideo, in forza del quale la Corte di Appello, dopo avere rigettato la domanda attorea per carenza di prova, avrebbe dovuto restituire il bene in contesa al suo ultimo possessore, che era Z.G., a prescindere dall’accoglimento della domanda riconvenzionale.

4.1. Il motivo è inammissibile per difetto di interesse in quanto non investe specifiche statuizioni della sentenza impugnata nè attinge la ratio decidendi della stessa, introducendo una questione meramente ipotetica (Cass. 19/03/2008, n. 7394). La prospettiva decisoria assunta dalla Corte d’appello era incompatibile con l’applicazione del principio invocato dal ricorrente, il quale non ha quindi ragione di dolersene.

5. Con il quinto motivo è denunciata nullità della sentenza o del procedimento, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. e si contesta la ritenuta inammissibilità, per novità, della domanda riconvenzionale di acquisto della proprietà del dipinto per usucapione decennale, laddove il titolo della domanda di accertamento della proprietà, che è un diritto autodeterminato, non soggiace alle preclusioni.

5.1. Il motivo è inammissibile poichè non coglie l’unica ratio decidendi della sentenza impugnata, che è di merito. La domanda di accertamento dell’acquisto della proprietà del dipinto per usucapione è stata ritenuta non fondata perchè era rimasta indimostrata l’epoca in cui lo Z. aveva iniziato a possedere, e ciò non consentiva di ritenere integrato il presupposto del possesso ad usucapionem.

6. Con il sesto motivo è denunciata nullità della sentenza o del procedimento, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 115 c.p.c. e si lamenta il mancato accoglimento della domanda riconvenzionale, a fronte della mancata specifica contestazione dei fatti allegati a suo supporto.

6.1. Il motivo è inammissibile.

La deduzione nel giudizio di cassazione della violazione del principio di non contestazione, che comporta la relevatio ab onere probandi dell’avversario e vincola il giudice a ritenere provati i fatti non contestati, richiede che, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, la parte indichi la sede processuale di adduzione delle tesi ribadite o lamentate come disattese e la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi (tra le molte, Cass. 09/08/2016, n. 16655; Cass. 12/10/2017, n. 24062).

Nella specie, il ricorrente ascrive genericamente e inammissibilmente la mancata applicazione del principio di non contestazione ai giudici di primo e di secondo grado, senza riferire il dato essenziale ai fini dello scrutinio della questione in sede di legittimità, e cioè che aveva impugnato sul punto la sentenza di primo grado.

7. Con il settimo motivo, che denuncia violazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 590 e 1153 c.c., il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello nella parte in cui ha ritenuto inapplicabile al caso concreto l’art. 1153 c.c., per carenza di prova di un titolo idoneo al trasferimento.

Secondo il ricorrente, la regola fissata nella citata norma non sarebbe circoscritta alla vendita, ma riguarderebbe qualsiasi ipotesi di trasferimento della proprietà e, nella specie, il titolo idoneo al trasferimento era costituito dal testamento della madre, nullo per vizio di forma e tuttavia eseguito dagli eredi.

7.1. Il motivo è privo di fondamento.

La Corte d’appello ha accertato l’inesistenza di una disposizione mortis causa avente ad oggetto il dipinto, poichè lo scritto contenente le ultime volontà della madre dello Z. “non può configurare un legato”. Essendo stata rilevata l’inesistenza del legato, non la nullità, il richiamo all’art. 590 c.c., è privo di pertinenza.

Ancora, correttamente la Corte di merito ha escluso che la successione universale potesse costituire titolo per l’acquisto della proprietà del dipinto, ai sensi dell’art. 1153 c.c., occorrendo un atto traslativo a titolo particolare.

E’ vero, infatti, che l’accettazione dell’eredità devoluta per legge costituisce una manifestazione unilaterale di volontà del successibile, non del suo dante causa, con l’effetto di far acquistare l’eredità a norma dell’art. 459 c.c. e non in forza di disposizioni del de cuius. La fattispecie non è perciò riconducibile nello schema negoziale dell’atto traslativo della proprietà (Cass. 23/07/1994, n. 6890), e di conseguenza non concreta il requisito del titolo proveniente a non domino astrattamente idoneo al trasferimento della proprietà.

8. Con l’ottavo motivo è denunciata violazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 1161 c.c., e si contesta che la Corte d’appello, pur avendo confermato che l’ultimo possessore del dipinto era Z.G., aveva poi concluso per il rigetto della domanda riconvenzionale di accertamento dell’acquisto della proprietà per usucapione, sebbene sommando il periodo di possesso esercitato dal ricorrente a quello esercitato dalla madre e dante causa risultasse ampiamente maturato il termine decennale.

8.1. Il motivo non è fondato.

La Corte d’appello ha chiarito che l’incertezza sul momento iniziale del possesso del dipinto da parte dello Z. rendeva inapplicabili le norme in tema di usucapione, tenuto conto che fino al (OMISSIS) il dipinto si trovava nell’abitazione romana dei M..

Il ricorrente contesta di avere posseduto dal 2003, data della morte della madre, e fino alla sentenza di primo grado, intervenuta nel 2014 era decorso il decennio per l’usucapione, ma la tesi è priva di consistenza poichè, anche ammessa in ipotesi l’applicazione del termine decennale previsto dell’art. 1161 c.c., comma 1, la notifica dell’atto di citazione da parte dei germani M. nel 2010 avrebbe interrotto il decorso del termine, impedendo l’usucapione.

9. Con il nono motivo è denunciata nullità della sentenza o del procedimento, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda di accertamento dell’acquisto della proprietà a titolo derivativo ex art. 459 c.c., ancorchè fosse incontestata la sua qualità di erede della madre G.A. e non sia mai stata specificamente contestata la circostanza, risalente al (OMISSIS), dell’acquisto dell’opera da parte della suddetta

9.1. Il motivo è privo di fondamento.

Come evidenziato nell’esame dei motivi che precedono, la Corte d’appello ha accertato che non vi era prova dell’acquisto del dipinto da parte della madre dello Z., e poichè tale accertamento preclude in radice la stessa configurabilità dell’acquisto a titolo derivativo in capo al ricorrente, in qualità di successore universale, si deve ritenere che la Corte d’appello, senza esplicitarlo, abbia pronunciato sulla questione.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte (tra le molte, Cass. 02/04/2020, n. 7662; Cass. 13/08/2018, n. 20718; Cass. 13/10/2017, n. 24155).

10. All’accoglimento del secondo motivo di ricorso segue la cassazione della sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto, ed il rinvio al giudice designato in dispositivo, per un nuovo esame della domanda di restituzione proposta dagli attori, previa riqualificazione di tale domanda alla luce del principio di diritto richiamato al paragrafo 2.1.1.

Il giudice del rinvio provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo motivo, rigetta i rimanenti, cassa la sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2021

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