Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2612 del 04/02/2010

Cassazione civile sez. I, 04/02/2010, (ud. 16/12/2009, dep. 04/02/2010), n.2612

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

K.O., domiciliato in ROMA, presso la cancelleria della

Corte di Cassazione con l’avvocato Jannarelli Carlo del Foro di

Foggia che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce

al ricorso ricorrente;

– ricorrente –

contro

Prefetto UTG di Foggia;

– intimato –

Avverso il decreto del Giudice di Pace di Foggia dep. il 19/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

16.12.2009 dal Consigliere Dott. MACIOCE Luigi;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità o per

il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il cittadino extracomunitario K.O. con decreto 13.2.2008 adottato dal Prefetto di Foggia ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. B venne espulso dallo Stato per indebita permanenza dello straniero dopo che allo stesso era stato rifiutato il rinnovo del permesso di soggiorno.

Il K. si oppose con ricorso 14.4.2008 e l’adito Giudice di Pace di Foggia respinse l’opposizione con decreto del 19.5.2008 affermando:

che il rifiuto di rinnovo, affatto equiparabile alle altre situazioni delineate dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. B, rendeva illegale la permanenza in Italia dello straniero ed automatica la espulsione;

che le ragioni del mancato rinnovo erano esaminabili dal TAR;

che era affatto irrilevante nella presente sede la questione della eseguibilità dell’intimazione di allontanamento cosiccome quella della assenza del N.O. alla espulsione da parte del giudice penale procedente;

che non avevano fondamento le addotte ragioni di coesione familiare ex art. 19 del T.U. dato che il ricorrente aveva raggiunto la maggiore età; che non sussisteva la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7 data la attestata indisponibilità di traduttore e comunque la piena comprensione del testo, dimostrata dalle sviluppate difese.

Per la cassazione di tale decreto il K. ha proposto ricorso il 4.8.2008, non resistito dall’intimato Prefetto, ivi formulando sei motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. c commessa con l’affermazione per la quale all’istante non sarebbe stato applicabile il divieto di espulsione avendo egli raggiunto la maggiore età.

Con il secondo motivo si censura la indebita ed apodittica mancata ammissione delle prove orali sulla predetta convivenza con la sorella, cittadina italiana.

Con il terzo motivo si denunzia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. B per avere il GdP operato una non consentita applicazione analogica della non prevista ipotesi del mancato rinnovo.

Con il quarto motivo si denunzia la indebita mancata valutazione incidentale del diniego di rinnovo del p.d.s. da parte del GdP. Con il quinto motivo si denunzia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 3 perpetrata negando rilevanza invalidante alla assenza del N.O. del giudice penale procedente e trattandosi di esecuzione penale in atto.

Con il sesto motivo si lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere il GdP affrontato e risolto la questione della traduzione del decreto che il ricorrente non aveva mai posto in sede oppositoria.

Ritiene il Collegio che infondate le censure contenute nei motivi 3, 4, 5, 6, siano invece meritevoli di accoglimento quelle contenute nel primo e nel secondo motivo. Infondato e’ certamente il terzo motivo, essendo principio affermato da questa Corte quello per il quale nel novero delle ragioni espulsive di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. B) e’ da comprendere anche la ipotesi del mancato rinnovo del permesso di soggiorno (Cass. n. 14249 del 2009 e n. 19447 del 2007). Non diversa sorte merita il quarto motivo, dovendosi ribadire che la ragione del diniego di sindacato sul mancato rinnovo del p.d.s. da parte del giudice del merito e’ fondata sulla retta osservanza del limite del sindacato sulla espulsione dato al G.O. e sul carattere automatico della misura in presenza delle condizioni di legge (S.U. n. 22217 del 2006 e Cass. 19447 del 2007). Infondata e’ la censura di cui al quinto motivo, afferente la assenza del N.O. del giudice penale procedente. Ed infatti, se nel vigore della previsione originaria del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 3 questa Corte ha ripetutamente affermato non essere posta nell’interesse dell’espulso, ma solo in quello della giurisdizione penale, la condizione legale del rilascio del N.O. (ex multis Cass. n. 28869/05, n. 26277/05, n. 8548/04 e n. 5656/03), nel testo della norma modificato dalla L. n. 189 del 2002, art. 12 e come affermato da questa Corte con indirizzo al quale il Collegio intende dare seguito (Cass. n. 5219/06), la previsione del rilascio del N.O. appare condizionante non già della legittimità della espulsione ma della regolarità della sua esecuzione nelle forme coattive di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 4 od al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 bis, con la conseguenza per la quale una esecuzione coattiva disposta prima dello spirare del termine di 15 giorni o in presenza di un diniego vizia l’accompagnamento coattivo alla frontiera o l’intimazione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 bis ed espone l’atto coattivo al diniego di convalida e rende l’inottemperanza all’intimazione non sanzionabile dal giudice penale. Di qui la insussistenza di una potestà sindacatoria della espulsione, sotto l’indicato profilo, da parte del giudice della cognizione della espulsione stessa. Inammissibile e’, infine, il sesto motivo del ricorso, non scorgendosi l’interesse del ricorrente ad impugnare per ultrapetizione un capo di decisione (afferente il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7) che esso opponente non aveva posto al giudice del merito. Fondati sono, come dianzi detto, i primi due motivi del ricorso.

Il giudice di Pace, chiamato a decidere della sussistenza di una causa di invalidazione del potere espulsivo quale quella di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. C (nel testo anteriore alla modifica apportata dalla L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 1, comma 22, lett. P), per la quale non e’ espellibile lo straniero che conviva con il coniuge o con parenti entro il quarto grado di nazionalità italiana, ha inopinatamente, escluso che si potesse configurare detta situazione per l’assorbente rilievo, del tutto estraneo dalla previsione di legge, del raggiungimento della maggiore età da parte dell’opponente K.O. ed ha quindi indebitamente mancato di verificare se sussistesse il prospettato stato di convivenza con la sorella K.E., cittadina italiana nata il (OMISSIS), facendo applicazione, in tal verifica, dei principi al proposito dettati da questa Corte in tema di prova della convivenza stessa (Cass. n. 7476 del 2004 e n. 15246 del 2006).

Accolti i motivi, va quindi cassato il decreto e disposto rinvio allo stesso Ufficio perche’ riesamini la opposizione sotto il profilo appena indicato e facendo applicazione dei principi di diritto sopra esposti, conclusivamente regolando anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie primo e secondo motivo del ricorso e rigetta gli altri, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese, al Giudice di Pace di Foggia in persona di altro magistrato.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2010

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