Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26113 del 18/10/2018

Cassazione civile sez. VI, 18/10/2018, (ud. 01/03/2018, dep. 18/10/2018), n.26113

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8999/2017 proposto da:

P.A.M., P.G.N.,

P.D.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CRESCENZIO 17/A,

presso lo studio dell’avvocato MICHELE CLEMENTE, che li rappresenta

e difende;

– ricorrenti –

contro

UNIONE DI BANCHE ITALIANE SPA – UBI BANCA subentrata alla BANCA

POPOLARE COMMERCIO & INDUSTRIA SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR 17, presso lo studio dell’avvocato RENZO RISTUCCIA,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABRIZIO

CATALDO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7333/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 01/03/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Nel 2005, la Banca Popolare Commercio e Industria Spa conveniva in giudizio P.A.M. e i figli, P.G.N. e P.D.G., al fine di sentire dichiarare la simulazione, assoluta o relativa, dell’atto di compravendita immobiliare intervenuto tra P.A. M. e P.D. G., o, in subordine, di dichiararne l’inefficacia. Parte attrice domandava altresì la dichiarazione di inefficacia del contratto di donazione immobiliare intervenuto tra P.M. e i figli. A fondamento della domanda, la Banca assumeva che il conto corrente di P.M. presentasse un considerevole saldo negativo al giugno 2003, solo in parte garantito dai titoli di proprietà del medesimo, poi successivamente venduti dalla Banca ai fini del soddisfacimento di parte del credito, e che i contratti per i quali si agiva ex art. 2901 c.c. fossero stati stipulati nei mesi di maggio ed agosto 2003.

Il Tribunale di Roma, con sentenza 20577/2014, accoglieva la domanda attorea, dichiarando inefficaci nei confronti della Banca Popolare Commercio e Industria Spa i contratti di compravendita e di donazione intercorsi tra i P..

2. P.M. e i figli proponevano appello avverso la sentenza di prime cure. Si costituiva la BPCI, deducendo l’inammissibilità del gravame e, nel merito, l’infondatezza dello stesso.

Con sentenza n. 7333, del 2 dicembre 2016, la Corte d’Appello di Roma rigettava l’impugnazione, ritenendo innanzitutto inammissibile la censura relativa alla violazione del principio del contraddittorio, posto che anche in presenza di una contestazione giudiziale del credito era proponibile l’azione revocatoria ordinaria. In secondo luogo, seguendo lo stesso iter argomentativo del giudice di prime cure, la Corte evidenziava che ai fini della configurabilità dell’elemento soggettivo dell’azione ex 2901 c.c. era sufficiente la scientia damni, essendo gli atti dispositivi successivi all’insorgenza delle ragioni creditorie della Banca.

3. P.A.M., P.G.N. e P.D.G. propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello con sette motivi. Unione di Banche Italiane Spa – UBI Banca, resiste con controricorso.

3.1. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, la proposta di inammissibilità del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio con le seguenti precisazioni, di condividere le conclusioni cui perviene la detta proposta.

5. Innanzitutto occorre esaminare l’eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata dalla controricorrente ex art. 369 c.p.c..

L’eccezione è infondata.

Come puntualizzato anche dal ricorrente nella memoria depositata, è stata depositata in cancelleria unitamente al ricorso, come risulta dal fascicolo, la copia della sentenza notificata completa di relazione di notifica avvenuta via pec con le dovute attestazioni di conformità.

6. Occorre, quindi, replicare alla richiesta sollevata nella memoria di riunione per la trattazione congiunta di questo procedimento con quello ritenuto dal ricorrente pregiudiziale e recante il numero di R.G. 2375/2018.

Trattasi invero di questione nuova, quella della pregiudizialità, sollevata per la prima volta con memoria.

6.1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 115 c.p.c., artt. 2901 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – motivazione illogica ed inesistente in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. I ricorrenti censurano la parte della sentenza in cui la Corte ritiene sufficiente ai fini dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c. la sola scientia damni, essendo gli atti dispositivi successivi alle ragioni del credito della Banca, così come risultanti dall’estratto conto risalente in data 31/03/2003, non oggetto di specifica contestazione. In realtà, il P. avrebbe negato fin dal primo grado di giudizio di aver ricevuto gli estratti conto. Ne deriverebbe altresì la violazione dell’art. 2697 c.c., essendo onere della Banca la produzione in giudizio gli estratti del conto corrente del P., onere rimasto insoddisfatto. In ultimo, si eccepisce la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui si afferma che il P. non ha negato la ricezione dell’estratto ma soltanto il suo inoltro.

Il motivo è inammissibile.

Lo è perchè il ricorrente non pone una quaestiones iuris ma facti e lo fa anche in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 secondo i limiti posti da Cass. S.U. n. 7161/2010; Cass. S.U. n. 28547/2008; Cass. n. 19157/12; Cass. n. 22726/11; Cass. n. 19069/2011.

6.2. Con il secondo motivo denunciano la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112,132 e 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Si eccepisce l’errore della Corte nel rigettare, in quanto inammissibile, il primo motivo di gravame, ritenendo l’azione revocatoria proponibile pure in pendenza della contestazione giudiziale del credito, senza necessità di sospensione. In realtà, oggetto di censura non era la mancata sospensione bensì la violazione del principio del contraddittorio, essendo stata la decisione di primo grado fondata su elementi di prova non ritualmente acquisiti al processo.

Anche questo motivo è inammissibile.

Difatti non è motivata la violazione dell’art. 132, n. 4, richiamato genericamente e non è chiara, di fronte ad una censura relativa al riscontrato difetto di specificità del motivo di appello, la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c..

Inoltre, si omette di riprodurre il motivo di appello nè viene evidenziato la critica alla sentenza di primo grado non essendo sufficienti le due frasi riprodotte a pagina 21 del ricorso, sicchè il motivo è anche privo di specificità e chiarezza.

6.3. Con il terzo motivo si dolgono della nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. – mancata decisione sul secondo motivo di appello – motivazione apparente e/o inesistente, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, avendo la Corte ritenuto irrilevanti gli argomenti esposti nel secondo motivo di appello, sebbene gli stessi si pongano a fondamento della ragione per cui deve ritenersi non conosciuto il credito da parte del P..

Il terzo motivo è inammissibile in quanto non denuncia un omesso esame del secondo motivo di appello, bensì il modo in cui esso è stato inteso e, peraltro, contraddittoriamente parla di motivazione apparente, il che avrebbe richiesto la denuncia di violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4.

6.4. Con il quarto motivo censurano la Violazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 115 e 101 c.p.c., artt. 3 e 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte d’Appello desunto l’esistenza del credito esclusivamente dalla sentenza 8116/2012 del Tribunale di Roma, in violazione del principio del contraddittorio, nonchè in violazione dell’art. 2697 c.c., che impone alla parte che vi abbia interesse di dare la prova delle proprie ragioni.

Il quarto motivo è inammissibile in quanto muove una critica al primo giudice e non a quello d’appello e, del resto, si risolve in un rinvio al secondo motivo di ricorso.

6.5. Con il quinto motivo denunciano làviolazione dell’art. 112 c.p.c., omessa pronuncia sul quarto motivo di appello in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4. La Corte ha proceduto all’esame congiunto dei tre ultimi motivi di gravame, ritenendoli connessi, sebbene risultasse necessario accertare la ricorrenza tutti gli elementi necessari per il legittimo esperimento dell’azione.

Segue la sorte dei precedenti il quinto motivo in quanto non indicandoci il tenore del quarto motivo di appello, impinge nella violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

6.6. Con il sesto motivo lamentano laLviolazione dell’art. 2901 c.c., artt. 115 e 116 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la Corte non ha apprezzato la sussistenza dell’eventum damni, avendo il P. provato che il suo residuo patrimonio fosse sufficiente a soddisfare le ragioni creditorie. Si eccepisce altresì l’insussistenza della scientia damni, essendosi il P. impegnato a mantenere depositati presso la Banca titoli che avrebbero garantito il soddisfacimento di almeno parte del credito; in tal senso, la Banca non avrebbe mai comunicato all’interessato che gli stessi non coprivano la garanzia.

6.7. Con il settimo motivo denuncianò la violazione dell’art. 2901,2727 e 2729 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4. La Corte avrebbe ritenuto P.D. G. consapevole del danno alla Banca creditrice per il solo fatto di essere la figlia del debitore, pur in assenza di qualsiasi prova in ordine alla sua partecipazione alla condotta dolosa del padre.

Il sesto e settimo motivo, congiuntamente esaminati sono inammissibili.

Il sesto non denuncia la violazione dell’art. 2901 c.c. e nemmeno quella degli artt. 115 e 116 c.p.c. alla stregua dei limiti posti da Cass. Sez. Un. n. 16598 del 2016 e Cass. n. 11892 del 2016, risolvendosi così, come il settimo motivo, nella sollecitazione al riesame di questioni di fatto.

E comunque la motivazione del giudice del merito risulta congrua e logicamente motivata.

7. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

8. Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1,comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 1 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2018

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