Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26112 del 18/10/2018

Cassazione civile sez. VI, 18/10/2018, (ud. 01/03/2018, dep. 18/10/2018), n.26112

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6820/2017 proposto da:

Z.G., T.R., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato ANTONIO BERTOLI;

– ricorrenti –

contro

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

LUNGOTEVERE ARNALDO DA BRESCIA 9, presso lo studio dell’avvocato

MASSIMO MANNOCCHI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2090/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 21/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 01/03/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Nel 2004, Banca Popolare Veneta Spa, ora Monte dei Paschi di Siena, conveniva in giudizio i coniugi T.R. e Z.G. affinchè fosse dichiarata la simulazione assoluta della separazione consensuale intervenuta tra gli stessi, cui aveva fatto seguito il trasferimento in favore della Z. della proprietà della casa coniugale. In via subordinata, parte attrice domandava la dichiarazione di inefficacia ex art. 2901 c.c. dell’atto di trasferimento della proprietà del bene. I convenuti si costituivano chiedendo che il procedimento venisse sospeso in attesa della definizione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, avente ad oggetto il credito posto alla base delle domande attoree; contestavano nel merito le domande attoree.

Il Tribunale di Padova, con sentenza 49/2009, accoglieva la domanda revocatoria, ritenendo integrato l’elemento subiettivo dell’azione ex art. 2901 c.c. nella gratuità del trasferimento dell’immobile.

2. T.R. e Z.G. proponevano appello avverso la predetta pronuncia. Si costituiva l’appellata, che concludeva per il rigetto del gravame.

Con sentenza 2090 del 21 settembre 2016, la Corte d’Appello di Venezia confermava la sentenza impugnata, motivando che anche il “credito litigioso” legittima l’esperimento dell’azione di revocazione ordinaria. In secondo luogo, osservava il giudice che la consapevolezza del pregiudizio alle ragioni creditorie sarebbe stato configurabile anche laddove il trasferimento fosse stato a titolo oneroso, in ragione del rapporto di convivenza degli appellati, oltre che sufficiente ex art. 2901 c.c., essendo il credito anteriore all’atto dispositivo.

3. T.R. e Z.G. propongono ricorso per cassazione con due motivi. Banca Monte dei Paschi di Siena resiste con controricorso.

3.1. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. e regolarmente notificata ai difensori delle parti, la proposta di inammissibilità del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio con le seguenti precisazioni, di condividere le conclusioni cui perviene la detta proposta.

5.1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 2901 c.c. e art. 295 c.p.c., per non avere la Corte accolto l’istanza di sospensione ex 295 c.p.c. dell’azione revocatoria, dovendosi ritenere l’azione revocatoria subordinata all’accertamento del credito.

5.2. Con il secondo motivo denunciano la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 2729 e 2901 c.c., per avere la Corte d’Appello dedotto la sussistenza della consapevolezza del pregiudizio al creditore dalla mantenuta convivenza dei coniugi separati, senza considerare che il fondamento della separazione risiede propriamente nella cessazione della communis omnis vitae.

6. I due motivi sono inammissibili.

Per quanto riguarda il primo è principio di questa Corte che anche il credito eventuale, in veste di credito litigioso, è idoneo a determinare – sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione giudiziale in separato giudizio, sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito – l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria, ai sensi dell’art. 2901 c.c., avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore. Il giudizio promosso con l’indicata azione non è soggetto a sospensione necessaria a norma dell’art. 295 c.p.c. per il caso di pendenza di controversia avente ad oggetto l’accertamento del credito per la cui conservazione è stata proposta la domanda revocatoria, in quanto la definizione del giudizio sull’accertamento del credito non costituisce l’indispensabile antecedente logico – giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria, essendo d’altra parte da escludere l’eventualità di un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell’allegato credito litigioso, dichiari inefficace l’atto di disposizione e la sentenza negativa sull’esistenza del credito (Cass. S.U. n. 9440/2004; cfr. da ultimo Cass. n. 2673/2016; Cass. n. 17257/2013).

Per quanto riguarda, invece, il secondo motivo, si configura in primo luogo un profilo di inammissibilità perchè nel ricorso non si indicano le critiche svolte alla sentenza (pag. 11 ricorso). Si configura poi la violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 perchè fa riferimento ad una serie di circostanze e risultanze, riguardo alle quali non ottempera all’onere di indicazione specifica di cui a detta norma.

In ogni caso il giudice del merito motiva ampiamente sui requisiti necessari per l’azione revocatoria ed ha ritenuto sussistere l’elemento della partecipati fraudis in capo alla Z. sulla base di indizi precisi e circostanziati ed ampiamente motivati a pagg. 6 e 7 della sentenza impugnata.

Comunque i ricorrenti pur denunciando, apparentemente, violazione di legge, chiedono in realtà a questa Corte di pronunciarsi ed interpretare questioni di mero fatto non censurabili in questa sede mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto dei fatti storici quanto le valutazioni di quei fatti espresse dal giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone alle proprie aspettative (Cass. n. 21381/2006).

E la valutazione degli elementi probatori è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, non sindacabile in cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento.

6. Il ricorso è dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.200 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 1 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2018

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