Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2611 del 04/02/2021

Cassazione civile sez. II, 04/02/2021, (ud. 10/09/2020, dep. 04/02/2021), n.2611

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6959/2016 proposto da:

B.E., rappresentato e difeso dall’Avvocato PAOLO GIROLAMI,

ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in ROMA, VIA

VINCENZO PICARDI 4;

– ricorrente –

contro

P.M., rappresentato e difeso dall’Avvocato CESARE MANINI,

ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Lorenzo

Monacchia, in ROMA, VIA MOCENIGO 26;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 526/2015 della CORTE di APPELLO di PERUGIA,

depositata in udienza il 17/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/09/2020 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’avv. B.E. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Perugia P.M. chiedendone la condanna al pagamento della somma di Euro 18.034,56 quale compenso per l’opera professionale prestata, volta a ottenere il risarcimento dei danni subiti dal P. in seguito a un sinistro stradale. L’attore sosteneva di aver esaminato la documentazione medica, di aver richiesto la collaborazione di tecnici per la ricostruzione della dinamica del sinistro e per valutare l’entità delle lesioni, di aver preso contatto con la compagnia assicuratrice del responsabile del danno con richiesta di risarcimento. Aggiungeva di aver ricevuto la revoca dell’incarico il (OMISSIS) e in data (OMISSIS) di avere ricevuto dall’assicurazione un acconto di Euro 100.000,00.

Con sentenza n. 1574/2013, depositata in data 2.12.2013, il Tribunale di Perugia accoglieva la domanda dell’avv. B. condannando il P. al pagamento della somma di Euro 10.000,00, oltre interessi legali e spese di lite.

Proponeva appello il P., contestando la mancata applicazione da parte del Tribunale della tariffa professionale all’epoca vigente; la omessa valutazione delle prestazioni professionali e del valore della controversia, nonchè la omessa compensazione delle spese, rilevandosi una soccombenza reciproca.

Si costituiva in giudizio l’avv. B. chiedendo il rigetto della domanda e proponendo appello incidentale con cui chiedeva la condanna del P. per lite temeraria ex art. 96 c.p.c..

Con sentenza n. 526/2015, depositata in data 17.9.2015, la Corte d’Appello di Perugia, in parziale accoglimento dell’appello, quantificava la prestazione professionale dell’avv. B. in Euro 2.583,00; rigettava l’appello incidentale; condannava l’appellato alla restituzione di quanto percepito in eccesso per effetto della provvisoria esecuzione della sentenza appellata; compensava tra le parti le spese processuali dei due gradi di giudizio.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’avv. B.E. sulla base di due motivi, illustrati da memoria; resiste P.M. con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo, il ricorrente lamenta l'”Erroneo e/o omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, nella parte in cui la Corte d’Appello ha affermato che nella fase iniziale nella quale l’avv. B. aveva prestato la sua assistenza non era determinabile, anche se la controversia poteva ritenersi di particolare rilevanza (sentenza, pag. 3). Il ricorrente eccepisce la erroneità di tale ricostruzione in quanto il danno era perfettamente determinabile e da ricomprendere nello scaglione tra Euro 1.549,400 a Euro 2.582,300. Tra la data del sinistro ((OMISSIS)) e quella della revoca dell’incarico professionale ((OMISSIS)) erano decorsi 18 mesi durante i quali le condizioni di salute del P. si erano andate stabilizzando, tanto che in data (OMISSIS) la ASL n. (OMISSIS) del Perugino, distretto (OMISSIS), stabiliva che “il richiedente è riconosciuto invalido con totale e permanente inabilità lavorativa al 100% con impossibilità di deambulare senza aiuto permanente di un accompagnatore”. Di conseguenza, il valore non risultava indeterminato, come invece ritenuto dalla Corte territoriale.

Inoltre, la Corte di merito, nel negare l’opera transattiva svolta dal professionista, trascurava che l’avv. B. aveva ricevuto dalla Nuova Tirrena, per il cliente, l’acconto di Euro 100.000,00 con comunicazione del (OMISSIS), con la quale si affermava che l’offerta era effettuata a titolo di acconto e che, se il cliente non si fosse ritenuto soddisfatto dal risarcimento, avrebbe potuto trattenere l’importo a titolo di acconto.

1.1. – Il motivo non può trovare accoglimento.

1.2. – Costituisce principio consolidato di questa Corte che il novellato paradigma di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nella nuova formulazione adottata dal D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012, applicabile alle sentenze impugnate dinanzi alla Corte di cassazione ove le stesse siano state pubblicate in epoca successiva al 12 settembre 2012, e quindi ratione temporis anche a quella oggetto del ricorso in esame, pubblicata il 7.09.2015) consente (Cass. sez. un. 8053 del 2014) di denunciare in cassazione – oltre all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, e cioè, in definitiva, quando tale anomalia si esaurisca nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione – solo il vizio dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, ove esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass. n. 14014 e n. 9253 del 2017).

Nel rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente avrebbe dunque dovuto specificamente e contestualmente indicare oltre al “fatto storico” il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. n. 14014 e n. 9253 del 2017). Ma, nei motivi in esame, della enucleazione e della configurazione della sussistenza (e compresenza) di siffatti presupposti (sostanziali e non meramente formali), onde potersi ritualmente riferire al parametro di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., non v’è alcuna idonea e specifica indicazione.

1.3. – Ciò premesso, va altresì rilevato che, dalla stessa formulazione del motivo, al censurato “omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” viene rilevato un contestuale e/o disgiunto vizio di “erroneità” che, ove non coesistente, tuttavia logicamente si contrappone all’altro vizio in termini di insanabile contraddittorietà.

Orbene, in primo luogo (quanto alla loro inammissibilità), va affermato che, in materia di ricorso per cassazione, l’articolazione in un singolo motivo di più profili di doglianza costituisce ragione d’inammissibilità quando non è possibile ricondurre tali diversi profili a specifici motivi di impugnazione, dovendo le doglianze, anche se cumulate, essere formulate in modo tale da consentire un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, al fine di ricondurle a uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse (Cass. n. 6734 del 2020; Cass. n. 26790 del 2018).

Pertanto, nella formulazione del motivo di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei ed incompatibili, facenti riferimento (come nella specie) alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentita la prospettazione e la analisi di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto (che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma) e quello del vizio di motivazione (che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione) (cfr. anche Cass. n. 26874 del 2018; conf. Cass. n. 19443 del 2011).

Ma anche a voler ritenere ammissibile il ricorso, il quale cumuli in un unico motivo le censure di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, allorchè esso comunque evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (cfr. Cass. sez. un. 9100 del 2015; Cass. n. 8915 del 2018), la ragione di inammissibilità, nella specie, va ravvisata nella mancata specificità del profilo riguardante l’asserito vizio di violazione e falsa applicazione di legge, così come riferito congiuntamente a plurime disposizioni del codice civile.

1.4. – Peraltro, costituisce principio consolidato che l’apprezzamento del giudice di merito, nel porre a fondamento della propria decisione una argomentazione, tratta dalla analisi di fonti di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (ex plurimis, Cass. n. 9275 del 2018; Cass. n. 5939 del 2018; Cass. n. 16056 del 2016; Cass. n. 15927 del 2016). Ne consegue che tale accertamento è censurabile in sede di legittimità unicamente nel caso in cui (contrariamente a quanto risulta nella presente fattispecie, che appare congrua e coerentemente supportata) la motivazione stessa risulti talmente inadeguata da non consentire di ricostruire l’iter logico seguito dal giudice per attribuire al rapporto negoziale un determinato contenuto, oppure nel caso di violazione delle norme ermeneutiche; con la precisazione che nessuna di tali censure può risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione (tra le tante, Cass. n. 26683 del 2006; Cass. n. 18375 del 2006; Cass. n. 1754 del 2006).

Appare dunque plausibile e non contraddittoria la affermazione con la quale la Corte distrettuale ha sottolineato che – sebbene il valore della controversia nella quale l’Avv. B. aveva prestato la propria attività professionale fosse da ritenersi indubbiamente elevato, in ragione dei gravi danni patiti dall’appellante “nell’ordine anche di centinaia di migliaia di Euro” – purtuttavia il danno, nella fase iniziale in cui il ricorrente aveva prestato la sua assistenza, non era determinabile anche se la controversia poteva senz’altro ritenersi di particolare rilevanza (sentenza impugnata, pag. 3).

1.5. – Invero, il controllo affidato a questa Corte non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia alla opinione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe in una nuova formulazione del giudizio di fatto, in contrasto con la funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità (Cass. n. 20012 del 2014; richiamata anche dal Cass. n. 25332 del 2014). Sicchè, in ultima analisi, tale motivo si connota quale riproposizione, notoriamente inammissibile in sede di legittimità, di doglianze di merito che attengono all’apprezzamento motivatamente svolto dalla Corte di merito (Cass. n. 24817 del 2018).

Viceversa, il ricorrente mostra di anelare ad una impropria trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e le vicende processuali, quanto gli apprezzamenti espressi dalla Corte di merito non condivisi, e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni ai propri desiderata; quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa possano ancora porsi dinanzi a questa Corte (Cass. n. 5939 del 2018).

Compito della Cassazione non è, infatti, quello di condividere o meno la ricostruzione degli accadimenti contenuti nella decisione impugnata, nè quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dal giudice del merito (cfr. Cass. n. 3267 del 2008); dovendo invece il giudice di legittimità limitarsi a controllare se costui abbia dato conto delle ragioni della sua decisione e se il ragionamento probatorio, da esso reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile; ciò che appunto, nel caso di specie, è dato riscontrare (cfr. Cass. n. 9275 del 2018).

2. – Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto. Omessa e/o erronea applicazione del D.M. n. 127 del 2004, carenza di motivazione”, giacchè la Corte di merito riconosceva in favore dell’avv. B. solo alcune delle funzioni effettivamente svolte e documentate arrivando persino ad affermare, erroneamente, che la tariffa non prevedesse la liquidazione di un onorario.

2.1. – Il motivo non è fondato.

2.2. – Altrettanto correttamente la Corte distrettuale, contrariamente a quanto deciso dal giudice di primo grado – che (come non contestato) aveva quantificato il valore delle prestazioni professionali del ricorrente senza riferimenti specifici alla tariffa applicabile ratione temporis, tenendo conto “della natura della pratica, dell’opera prestata e del risultato conseguito” – ha indicato esattamente la tariffa applicabile nella fattispecie (D.M. n. 127 del 2004), precisando e trascrivendo in sentenza le singole voci ritenute provate e quantificandole. Operazione questa, peraltro, meramente contestata dal ricorrente, senza alcuna specifica censura della erroneità della tariffa applicabile nonchè delle voci dovute.

3. – Il ricorso va dunque rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Va emessa la dichiarazione, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.100,00 di cui Euro 200,00 per rimborso spese vive, oltre al rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%, ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, della Corte Suprema di Cassazione, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA