Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26108 del 27/09/2021

Cassazione civile sez. III, 27/09/2021, (ud. 18/03/2021, dep. 27/09/2021), n.26108

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13523/2019 proposto da:

GENERALI IMPIANTI SRL, IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore e

legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso

dall’avvocato SALVATORE DAIDONE, e con il medesimo elettivamente

domiciliato presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA VACCA, in

ROMA, VIA COLA DI RIENZO 149, pec:

salvatore.daidone.avvocatitrapani.legalmail.

– ricorrente –

contro

E- DISTRIBUZIONE SPA, (già Enel Distribuzione SpA), in persona del

legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’avvocato CARLO

LANDOLINA, ed elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA, N.

388, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE MARIA PAPPALARDO, pec:

carlolandolina.pecavvpa.it;

– resistente e ricorrente incidentale –

e nei confronti di:

UGF ASSICURAZIONE SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2117/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 24/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/03/2021 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società Enel Distribuzione S.p.A. citò, davanti al Tribunale di Palermo, la società Generali Impianti srl rappresentando che la stessa, nell’esecuzione di lavori di scavo per la posa in opera di condutture fognarie, aveva danneggiato una tubiera contenente un cavo elettrico posta a circa 0,70 cm dal suolo costringendola a lavori di riparazione per oltre Euro 313.500,00. La convenuta, costituendosi in giudizio, eccepì che il danno era ascrivibile a fatto colposo degli operai Enel e che, in ogni caso, il cavo, in quanto posto ad una profondità inferiore al metro, non era conforme al precetto di cui all’art. 66 reg. att. C.d.S..

2. Il Tribunale, acquisita una CTU ed espletate prove testimoniali, con sentenza n. 2260 del 2014, ritenne provato il danneggiamento della tubiera e del tubo ad olio e condannò la convenuta al risarcimento del danno per l’importo di Euro 136.087,28, disattendendo l’applicazione della concorsualità di Enel nella produzione dell’evento.

3. La Corte d’Appello di Palermo, adita in via principale da Generali Impianti srl e in via incidentale da Enel, dispose il rinnovo della CTU e, confermato l’an della pretesa risarcitoria, sul quantum rideterminò la cifra dovuta applicando il listino dei prezzi unitari ANIE anziché le tariffe regionali con riguardo a tutti i soggetti coinvolti nei lavori di ripristino. Decurtò la percentuale del 20% a titolo di concorso di colpa di Enel, per aver omesso di indicare la profondità del cavo nella piastra di segnalazione posta sulla strada, ma escluse la violazione da parte di questa dell’art. 66 reg. att. C.d.S., in quanto ritenne che la limitazione non poteva trovare applicazione alle successive opere di scavo per la posa di diverse condutture – per le quali occorreva fare riferimento alle prescrizioni impartite dal Comitato Elettrico Italiano – ma era soltanto relativa alla sicurezza della circolazione e, in quanto tale, era normativa derogabile anche prima della novella del 2012 a condizione che fosse comunque assicurata la sicurezza della circolazione stradale. Conclusivamente la Corte territoriale ha rideterminato il danno nell’importo complessivo di Euro 193.657,08.

4. Avverso la sentenza la società Generali Impianti srl in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. Ha resistito E-Distribuzione S.p.A. (già Enel Distribuzioni SpA) con controricorso ed ha proposto un motivo di ricorso incidentale.

La causa è stata assegnata per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale – violazione o falsa applicazione dell’art. 66 reg. att. C.d.S., comma 3, nonché dell’art. 1227 c.c. – la società ricorrente impugna il capo di sentenza che ha ritenuto derogabile la normativa relativa alla distanza minima di 1 metro, atteso che la deroga, ammesso che fosse concepibile, in ogni caso avrebbe dovuto essere preceduta da una espressa approvazione da parte dell’ente proprietario della strada, in quanto evento derogatorio e del tutto eccezionale. Ne consegue che la Corte territoriale ha altresì errato nel ritenere la concorsualità dell’Enel nella produzione del danno per la sola percentuale del 20% in quanto, in mancanza di indicazione della profondità del cavo sulla placca di segnalazione, la società che svolgeva lavori sulla strada ben poteva presumere che il cavo fosse situato ad una profondità non inferiore al metro. Ad avviso del ricorrente l’apporto concorsuale di Enel alla produzione del danno avrebbe dovuto essere stimato in una percentuale on inferiore al 70%.

1.1 Il motivo non è correlato ad alcuna delle rationes decidendi ed è dunque inammissibile. La Corte d’Appello ha rilevato che la normativa di cui al regolamento di attuazione del C.d.S. ha l’unica finalità di evitare che possano insorgere, a causa della collocazione di tubi e cavidotti nel suolo sottostante la strada, intralci o rischi per la circolazione stradale mentre è palese che, tra gli obiettivi della disposizione, non rientra la regolamentazione di operazioni di scavo per la posa lungo i medesimi tratti di diverse condutture, di guisa che, anche prima della novella del 2012 che ha previsto la derogabilità della misura di 1 metro, non erano incompatibili con il dettato normativo le prescrizioni impartite dal Comitato Elettrico Italiano là dove consentono di innalzare il piano di posa dei cavi elettrici ad altezze via via crescenti in proporzione all’incremento degli accorgimenti (armatura metallica dei cavi, protezione meccanica supplementare) adottati per proteggere i cavi e per maggiorarne la resistenza alle sollecitazioni determinate dai carichi statici e dal traffico veicolare. Inoltre, ad avviso della Corte territoriale, la presenza del cavo ad alta tensione era rivelata da apposita piastra posta sull’asfalto ed il percorso del cavo era segnalato visivamente da un nastrino monitore, anch’esso interrato, di colore rosso vivo ancora visibile a brandelli nelle fotografie. Queste rationes decidendi non sono specificamente impugnate, limitandosi la ricorrente a pretendere genericamente l’applicazione della normativa di attuazione del C.d.S. che, nell’imporre la distanza minima di 1 metro dal suolo, avrebbe previsto la possibilità di deroga solo in presenza di espressa autorizzazione del proprietario della strada. In secondo luogo la censura è inammissibile perché non deduce un vizio di sussunzione ma evoca una rilettura della quaestio facti, come tale inammissibile in sede di legittimità.

2 Con il secondo motivo di ricorso – omesso esame di un fatto decisivo con particolare riguardo alla CTU di primo grado e alla documentazione prodotta da Terna – la società ricorrente si duole che la Corte d’Appello abbia acriticamente aderito alle risultanze della seconda CTU – che ha preso a base del proprio conteggio il prezziario ANIE – senza dare conto delle ragioni per cui ha preferito tale base di calcolo a quella considerata dal CTU del primo grado di giudizio che aveva posto a base della propria decisione il prezziario fornito da Terna.

2.1 Il motivo è infondato perché la Corte d’Appello dà ampia e corretta motivazione delle ragioni per le quali ritiene condivisibile l’analisi dei costi operata dal secondo CTU, elencandole in maniera puntuale di guisa che non può eccepirsi il vizio di omessa pronuncia. In base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, alla quale il Collegio intende dare continuità, il vizio di omessa pronuncia, dedotto dalla ricorrente, potrebbe ricorrere solo nel caso in cui manchi qualsivoglia statuizione su un capo della domanda o su una eccezione di parte dando così luogo all’inesistenza di una decisione su un punto della controversia ovvero, nel caso di omesso esame di un documento, nel caso in cui il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Cass., 3, n. 16812 del 26/6/2018; Cass., 6-5, m. 19150 del 28/9/2016).

Il motivo, pertanto, deve essere rigettato.

3. Con un motivo di ricorso incidentale la E-Distribuzione SpA censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., comma 1, nonché della normativa CEI 11-17 e del D.Lgs. n. 179 del 2012, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Assume che, contraddittoriamente, la sentenza impugnata avrebbe, d’un lato, escluso l’applicazione del limite di 1 metro di cui all’art. 66 reg. att. C.d.S., applicabile ratione temporis, e dall’altro affermato la corresponsabilità di Enel nella misura del 20% per non aver indicato, nella piastra segnaletica dell’impianto, la profondità di interramento del cavo. Tale ragionamento, oltre che contraddittorio, si porrebbe in contrasto con la normativa ritenuta applicabile che non prevede in alcun modo l’indicazione, sulla targa metallica, della profondità di posa del cavo.

3.1 Il motivo difetta di autosufficienza ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, perché non riporta gli specifici articoli di legge dai quali desumere se fosse o meno obbligatorio per l’ente apporre una indicazione segnaletica del livello di interramento del cavo nella piastra posta sulla strada, non consentendo pertanto a questa Corte di poter esaminare la censura.

4. Conclusivamente il ricorso principale deve essere rigettato, mentre l’incidentale dichiarato inammissibile. La novità della questione giustifica la compensazione delle spese del giudizio di cassazione. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte sia della ricorrente principale sia dell’incidentale, del cd. raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile l’incidentale. In ragione della novità della questione dedotta in giudizio dispone la compensazione, tra le parti, delle spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di entrambi i ricorrenti, dell’ulteriore importo dovuto a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto, rispettivamente, per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 18 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2021

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