Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26107 del 19/12/2016


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Cassazione civile, sez. III, 19/12/2016, (ud. 29/09/2016, dep.19/12/2016),  n. 26107

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2681/2014 proposto da:

V.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA AUGUSTO AUBRY, 3, presso lo studio dell’avvocato ERNESTO

TRIMARCO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ANGELO PIRAINO, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

R.L., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

SILVANA AVERSA, giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 51/2013 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 22/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/09/2016 dal Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO;

udito l’Avvocato ERNESTO TRIMARCO;

udito l’Avvocato BARBARA PISONI per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. R.L. proponeva domanda di sfratto per finita locazione nei confronti di V.G.; rigettata la domanda di rilascio provvisorio e disposto il mutamento del rito, il Tribunale di Lagonegro rigettava la domanda principale ed accoglieva quella subordinata di licenza per finita locazione.

2. Proponeva appello la V. in punto liquidazione spese, sostenendo che vi era stata soccombenza reciproca, che la liquidazione era abnorme e che vi era stata violazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile per mancata condanna dell’attrice, nonostante la palese infondatezza della domanda principale.

3. La Corte d’appello di Potenza rigettava gli ultimi due motivi, accogliendo il primo; il giudice distrettuale riteneva che, essendo stata rigettata la domanda principale e quella della fase sommaria, la parte convenuta non potesse dirsi totalmente soccombente. Pertanto, ritenuta la soccombenza parziale, dichiarava compensate tra le parti le spese del giudizio di primo e secondo grado e condannava la R. al pagamento in favore di controparte del restante 50%. Con successiva ordinanza annotata in calce alla sentenza di appello, la Corte correggeva il dispositivo, sostituendo il nominativo di R.L. con quello di V.G..

4. Contro la sentenza di appello, così come modificata con l’ordinanza di correzione, propone ricorso per cassazione la V., articolando due motivi; resiste con controricorso Liliana R., che deposita, altresì, memoria difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo, con cui deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 287 e 288 c.p.c., la V. sostiene che l’iter che ha condotto alla impugnata correzione si sia risolto in una inammissibile attività di interpretazione e specificazione della sentenza, dato che dalla lettura della stessa non è percepibile alcuna divergenza tra quanto argomentato nella parte motiva e quanto riportato nel dispositivo.

2. La ricorrente sostiene che la ratio del procedimento di correzione sia quella di porre rimedio esclusivamente a vizi di natura formale, immediatamente percepibili, e che non sia invece utilizzabile quando l’errore si traduca in una situazione di incertezza non eliminabile ictu oculi attraverso la semplice lettura della sentenza, nel qual caso occorre presentare ricorso per cassazione.

3. Il ricorso è improcedibile ai sensi dell’art. 369, comma 2, n. 2; l’ordinanza di correzione è parte integrante della sentenza e costituisce la ragione dell’impugnazione, per cui doveva essere depositata. Inoltre, la produzione assumeva rilevanza anche ai sensi dell’art. 369, n. 4, nonchè ai fini dell’autosufficienza del ricorso, non essendo possibile sindacare un provvedimento senza poterlo esaminare compiutamente (nel caso di specie, dal fascicolo risulta esclusivamente la parte di ordinanza annotata sulla sentenza originaria e non invece il provvedimento con cui veniva disposta la correzione).

4. La declaratoria di improcedibilità del ricorso non consente l’esame dei motivi successivi. Essendo la sanzione processuale rilevata d’ufficio, si rilevano giusti motivi per la compensazione delle spese.

5. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato improcedibile, con compensazione delle spese di lite; sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

PQM

dichiara improcedibile il ricorso e compensa le spese di lite. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2016

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