Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26101 del 17/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/11/2020, (ud. 07/07/2020, dep. 17/11/2020), n.26101

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27033/2012 R.G. proposto da:

T.R., rappresentato e difeso dall’avv. Tommaso

Millefiori, con domicilio eletto in Roma, via Dessiè, 15, presso il

sig. Leonardo M. Millefiori;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia, sez. dist. di Lecce, n. 208/22/11, depositata il 13 ottobre

2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 luglio 2020

dal Consigliere Dott. Catallozzi Paolo;

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

– T.R., gestore di una pasticceria, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, depositata il 13 ottobre 2011, che, pronunciandosi a seguito di cassazione di precedente pronuncia di appello, ha rideterminato la sanzioni irrogate dall’Amministrazione finanziaria per l’omessa presentazione della dichiarazione annuale i.v.a. relativa all’anno 1989 e la violazione dell’obbligo di registrazione di corrispettivi e di fatturazione di cessioni di beni relative a tale anno nella misura prevista dai sopravvenuti e più favorevoli D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, artt. 5 e 6;

– il ricorso è affidato a due motivi;

– resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate;

– il ricorrente deposita memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– con il primo motivo di ricorso il contribuente denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 26, e art. 384 c.p.c., comma 2, per aver il giudice di appello rideterminato le sanzioni irrogate senza procedere ad una valutazione, anche alla luce dei fatti accertati nella sentenza di cassazione, della sussistenza delle contestate violazioni;

– evidenzia, in particolare, che l’omessa fatturazione in oggetto si riferisce ad un’operazione di cessione di beni risolta dalle parti e in relazione alla quale era stata emessa dal contribuente nota di credito;

– il motivo è infondato;

– le violazioni tributarie contestate hanno per oggetto l’omessa presentazione della dichiarazione annuale i.v.a., l’omessa registrazione di corrispettivi, per un’imposta di lire 301.000, e l’omessa fatturazione della cessione di beni, per un’imposta di lire 11.014.000;

– come rilevato (anche) da questa Corte con la sentenza di cassazione della prima pronuncia di appello, tra le parti si è formato un giudicato esterno che ha riconosciuto il credito del contribuente nei confronti del fisco relativo al periodo di imposta 1988, per lire 15.314.000, e un credito i.v.a. dell’erario nei suoi confronti per l’anno 1989, per gli importi suindicati, corrispondenti alla somma delle sanzioni irrogate, disposto la compensazione tra dette voci, condannato l’Ufficio al rimborso della differenza, annullato le sanzioni per omesso versamento e disposto la rettifica della altre sanzioni “sulla base della avvenuta compensazione”;

– ciò posto, la Corte ha rilevato che “l’unica questione controvertibile è la determinazione delle sanzioni diverse da quelle per omesso versamento di imposta, pure contestate dal ricorrente” e accolto il ricorso del contribuente per omesso esame dei motivi di appello e omessa motivazione sui punti controversi del giudizio;

– orbene, la Commissione regionale ha accertato che, relativamente al periodo di imposta in esame, il contribuente non ha presentato la dichiarazione e i suoi ricavi sono stati correttamente determinati dall’Amministrazione finanziaria;

– ha, inoltre, rilevato che il contribuente ha omesso di emettere fattura per l’operazione di cessione di beni strumentali, acquistati nel periodo di imposta precedente con assolvimento dell’Iva di rivalsa, poi detratta;

– non è, poi, oggetto di contestazione della mancata presentazione della dichiarazione annuale i.v.a.;

– emerge, dunque, che il giudice di appello ha proceduto alla verifica della sussistenza delle controverse violazioni tributarie e, solo all’esito di tale verifica, conclusasi positivamente, è pervenuto alla rideterminazione delle relative sanzioni;

– con il secondo motivo il ricorrente deduce, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, e art. 384 c.p.c., comma 2, per aver la sentenza impugnata rideterminato la sanzione irrogata per l’omessa dichiarazione annuale i.v.a. senza computare in detrazione il credito maturato nell’anno precedente del quale non era stato chiesto il rimborso;

– il motivo è fondato;

– il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, comma 1, nella formulazione vigente al momento della pronuncia della sentenza di appello, stabilisce che “Nel caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale dell’imposta sul valore aggiunto si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell’ammontare del tributo dovuto per il periodo d’imposta o per le operazioni che avrebbero dovuto formare oggetto di dichiarazione”, aggiungendo che “Per determinare l’imposta dovuta sono computati in detrazione tutti i versamenti effettuati relativi al periodo, il credito dell’anno precedente del quale non è stato chiesto il rimborso, nonchè le imposte detraibili risultanti dalle liquidazioni regolarmente eseguite”;

– ai fini dell’individuazione dell’imposta dovuta, elevata a base di calcolo per la determinazione della sanzione, la Commissione regionale avrebbe dovuto, dunque, prendere in considerazione il credito i.v.a. relativo all’anno precedente, riconosciuto in forza del richiamato giudicato esterno, ed accertare se lo stesso fosse stato oggetto di richiesta di rimborso;

– la sentenza di appello, invece, ha omesso di effettuare tali accertamenti, pervenendo, in tal modo, ad un’errata interpretazione della disposizione legislativa in oggetto;

– la sentenza impugnata va, dunque, cassata, con riferimento al motivo accolto, e rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Puglia, sez. dist. di Lecce, in diversa composizione.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Puglia, sez. dist. di Lecce, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 7 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2020

 

 

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