Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2610 del 02/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2610 Anno 2018
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: D’ARRIGO COSIMO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27906-2016 R.G. proposto da:
I.N.P.S. – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in
Roma, via C. Beccaria, n. 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati Ester Ada
Sciplino, Antonino Sgroi, Lelio Maritato, Emanuele De Rose,
Carla D’Aloisio e Giuseppe Matano;
– ricorrente contro
Bombino Isabella;
– intimata avverso la sentenza n. 1651/2016 del Tribunale di Foggia,
depositata il 26/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
non partecipata del 13/09/2017 dal Consigliere Dott. Cosimo
D’Arrigo.

Data pubblicazione: 02/02/2018

RITENUTO
Isabella Bombino ha proposto opposizione agli atti esecutivi
avverso l’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione del
Tribunale di Foggia ha dichiarato inammissibile il ricorso ex art.
612 cod. proc. civ. proposto dalla stessa nei confronti

quale bracciante agricolo, negli elenchi di variazione di cui
all’art. 9, comma 4, d.l. n. 510 del 1996 (conv. con legge n.
608 del 1996) del comune di residenza per le giornate e per gli
afflticonosciuti in una sentenza del giudice del lavoro.
Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Foggia ha
accolto l’opposizione, condannando l’Ente previdenziale alle
spese del giudizio.
Avverso tale sentenza, non appellabile, l’I.N.P.S. ha proposto
ricorso ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost. per tre
motivi. L’intimata non ha svolto attività difensiva.
Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di
cui all’art. 380-bis cod. proc. civ. (come modificato dal comma
1, lett. e), dell’art. 1-bis d.l. 31 agosto 2016, n. 168, conv. con
modif. dalla I. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta
di trattazione del ricorso in camera di consiglio non
partecipata.
CONSIDERATO
La motivazione del presente provvedimento può essere redatta
in forma semplificata.
Con il primo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione
dell’art. 474 cod. proc. civ., in relazione all’efficacia esecutiva
del titolo giudiziario azionato nella procedura promossa, ai
sensi dell’art. 612 cod. proc. civ., dalla Bombino.
Con il secondo motivo si deduce la violazione o falsa
applicazione dello stesso art. 612 cod. proc. civ.
Ric. 2016 n. 27906 sez. M3 – ud. 13-09-2017
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dell’I.N.P.S. per conseguire coattivamente la propria iscrizione,

I due motivi, strettamente connessi, possono essere esaminati
congiuntamente.
In estrema sintesi, l’Istituto di previdenza sostiene che la
sentenza del giudice del lavoro, con la quale è stato accertato il
diritto della parte intimata ad essere iscritta nell’elenco

da titolo per una azione esecutiva di obblighi di fare e che,
pertanto, sarebbe stato violato l’art. 612 cod. proc. civ.
La prospettazione di simili doglianze impone una preliminare
verifica, anche d’ufficio, della ammissibilità del ricorso, alla luce
del requisito della specificità richiesto dall’art.

366,

primo

comma, n. 6, cod. proc. civ. Infatti, qualsiasi discorso intorno
all’idoneità o meno di un titolo a valere ai fini esecutivi, ai sensi
dell’art. 474 cod. proc. civ., presuppone la completa
indicazione quantomeno del dictum che si intende porre in
esecuzione forzata.
Nella specie, la condizione di ammissibilità del ricorso è
soddisfatta, in quanto l’Ente ricorrente espone compiutamente
il contenuto del titolo azionato da controparte, il quale
testualmente dispone lo «accertamento del diritto dei ricorrenti
all’iscrizione nell’elenco nominativo degli operai agricoli per
l’anno e la durata dallo stesso riferiti nei ricorsi». Al di là della
formale discordanza fra pronome e soggetto e della circostanza
che detto titolo contiene un rinvio extratestuale al contenuto
del ricorso presentato da ciascuno dei plurimi ricorrenti, è
dunque ben chiaro che la sentenza in forza della quale la
Bombino ha adito il giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 612
cod. proc. civ. ha contenuto di mero accertamento del diritto
della stessa all’iscrizione nel registro dei braccianti agricoli, ai
fini previdenziali connessi al numero di ore e di anni di attività
lavorativa prestata.
Ric. 2016 n. 27906 sez. M3 – ud. 13-09-2017
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nominativo degli operai agricoli, non sarebbe idoneo a fungere

Ciò posto, il ricorso è manifestamente fondato e deve essere
accolto.
La sentenza azionata, quale risulta anche dall’illustrazione del
suo contenuto esposta nel ricorso, è di mero accertamento e
non contiene alcuna statuizione di condanna ad un facere

trattamento previdenziale corrispondente alle ore di attività
lavorativa accertate, ma non contiene alcun ordine diretto
all’I.N.P.S. di procedere alla materiale integrazione degli
elenchi di variazione previsti dall’art. 9, comma 4, d.l. n. 510
del 1996 mediante l’iscrizione del nominativo dell’intimata.
Non sussistevano, pertanto, le condizioni per poter agire per
l’esecuzione coattiva di un obbligo di fare, la cui sussistenza
non risulta dal provvedimento giudiziario addotto quale titolo
esecutivo.
Tale rilievo è assorbente e consente di lasciare in disparte la
questione, sulla quale si sofferma la sentenza impugnata, della
possibilità o meno di dare attuazione forzata, mediante ricorso

ex art. 612 cod. proc. civ., ad una condanna di facere nei
confronti di una pubblica amministrazione. Per completezza è
tuttavia opportuno osservare che una simile possibilità dipende
dalla fungibilità o meno del facere, essendo – com’è noto incoercibili gli obblighi di facere infungibili. In particolare, il
carattere dell’infungibilità va riferito agli atti della p.a. compiuti
in esercizio della potestà d’imperio giacché questi, che non
constano di una mera attività materiale, producono i loro effetti
e raggiungono il loro scopo solamente se posti in essere dal
pubblico funzionario. A quest’ultimo, pertanto, non può
sostituirsi l’ufficiale giudiziario o un ausiliario dallo stesso
nominato, ai sensi dell’art. 612 cod. proc. civ., con la
conseguenza che, in simili circostanze, i rimedi all’eventuale
Ric. 2016 n. 27906 sez. M3 – ud. 13-09-2017
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specifico. Essa riconosce, quindi, il diritto della lavoratrice al

perdurante inadempimento della p.a. sono quello risarcitorio o
l’ottemperanza amministrativa.
L’accoglimento dei primi due motivi di ricorso determina
l’assorbimento del terzo, relativo alle spese processuali.
La sentenza impugnata deve essere quindi cassata. Non

dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ. – pronunciare nel
merito, rigettando l’opposizione proposta dalla Bombino.
Consegue la necessità di provvedere alla liquidazione delle
spese giudiziali del grado merito e del giudizio di legittimità,
che vanno poste a carico della parte soccombente nella misura
indicata in dispositivo.
P.Q.M.
accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il
terzo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
rigetta l’opposizione.
Condanna l’intimata al pagamento delle spese del giudizio di
merito, che liquida in euro 1.500,00, di cui euro 100,00 per
spese, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% e agli
accessori di legge, e del giudizio di legittimità, che liquida in
euro 2.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella
misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 e agli
accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 13 settembre 2017.

occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, è possibile – ai sensi

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