Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 261 del 10/01/2017

Cassazione civile, sez. III, 10/01/2017, (ud. 09/11/2016, dep.10/01/2017),  n. 261

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26220-2014 proposto da:

BANCA APULIA APA in persona del procuratore Dott. D.S.G.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI VILLA GRAZIOLI 15, presso

lo studio dell’avvocato BENEDETTO GARGANI, che lo rappresenta e

difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente-

contro

F.M.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE

28, presso lo studio dell’avvocato ANTONIETTA CARRETTA,

rappresentata e difesa dall’avvocato LORENZO AQUILANO giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1204/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 25/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2016 dal Consigliere Dott. SCODITTI ENRICO;

udito l’Avvocato ROBERTO CATALANO per delega;

udito l’Avvocato LORENZO AQUILANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine accoglimento 3^ motivo, assorbiti i restanti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. F.M.D. propose innanzi al Tribunale di Foggia – sezione distaccata di san Severo opposizione al decreto emesso in favore di Banca Apulia s.p.a. con cui si ingiungeva il pagamento in favore della banca della somma di Euro 51.645,69, oltre interessi, pari all’importo massimo della fideiussione omnibus dalla F. prestata nell’interesse del debitore C.F., in relazione a rate insolute di mutui fondiari. Si costituì la parte opposta chiedendo il rigetto dell’opposizione.

2. Il Tribunale adito rigettò l’opposizione.

3. Avverso detta sentenza propose appello la F.. Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello.

4. Con sentenza di data 25 settembre 2013 la Corte d’appello di Bari accolse l’appello, revocando il decreto ingiuntivo. La corte territoriale sollevò d’ufficio la questione della validità dei contratti di mutuo fondiario posti a base della pretesa creditoria, evidenziando che l’appellante comunque in comparsa conclusionale aveva precisato che il motivo di doglianza afferente la carenza di prova del credito riguardava anche la mancata dimostrazione del perfezionamento del mutuo. Osservò in particolare la Corte che doveva escludersi che l’accreditamento delle somme mutuate nei rispettivi conti provvisori infruttiferi avesse effettivamente consentito al mutuatario di conseguire la disponibilità giuridica delle somme medesime perchè, contestualmente alla creazione dei detti conti provvisori ed ai relativi accreditamenti, le somme oggetto di erogazione dei due mutui erano state costituite in pegno in favore della banca, a garanzia non già di ulteriori crediti da quest’ultima vantati nei confronti del mutuatario o di terzi, bensì dell’adempimento delle obbligazioni nascenti dagli stessi contratti di mutuo, con autorizzazione della banca ad utilizzarle per la decurtazione e/o estinzione del debito della parte mutuataria. In forza di tali clausole il mutuatario avrebbe potuto conseguire la disponibilità effettiva solo al termine dell’ammortamento, dopo il versamento integrale dei ratei e a seguito dello svincolo del pegno. Aggiunse il giudice di appello che quand’anche si volesse ritenere che i due contratti si erano perfezionati nonostante il difetto di consegna della somma mutuata, si doveva comunque ritenere le pattuizioni in contraddizione con la natura reale del mutuo, facendo venir meno la sua funzione tipica, con conseguente nullità del contratto per illiceità o mancanza della causa.

5. Ha proposto ricorso per cassazione Banca Apulia s.p.a. sulla base di quattro motivi. Resiste con controricorso la parte intimata. E’ stata depositata memoria di parte.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., art. 101 c.p.c., comma 2, art. 183 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Lamenta la ricorrente che la corte territoriale ha rilevato d’ufficio una questione, mista di fatto e di diritto, senza sottoporla al contraddittorio delle parti, secondo un’esigenza del sistema processuale richiesta anche in epoca anteriore all’entrata in vigore dell’art. 101 c.p.c., comma 2.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1813 ss. e 1936 c.c., nonchè degli artt. 1362 ss. c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che, come affermato da Cass. n. 6686 del 1994, anche nel caso in cui la somma mutuata sia depositata su di un libretto fruttifero di risparmio al portatore, contestualmente costituito in pegno a favore del mutuante a garanzia di una fideiussione da questi prestata a beneficio del mutuatario, la somma viene posta nella disponibilità giuridica di quest’ultimo, e che nel caso di specie era solo previsto che le somme mutuate fossero accreditate su conti provvisori infruttiferi, gravati da pegno, in attesa che la parte mutuataria provvedesse agli adempimenti di cui all’art. 6 del capitolato ed alla produzione dei documenti attestanti il grado dell’iscrizione ipotecaria.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1813 ss., 1343 ss. e 1418 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la ricorrente che, stante l’effettiva traditio delle somme mutuate e l’assenza di finalità specifica del mutuo fondiario (a differenza del mutuo di scopo), non è configurabile un’ipotesi di mancanza di causa, nè una causa illecita.

4. Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 345 e 190 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Osserva la ricorrente che la Corte d’appello aveva motivato sulla base dell’accenno ad una doglianza contenuta nella comparsa conclusionale depositata dalla F. in appello e che la comparsa conclusionale ha la sola funzione di illustrare le domande ed eccezioni già proposte.

5. Il ricorso è inammissibile. La banca ricorrente sta in giudizio per mezzo del procuratore Dott. D.S.G., giusta procura conferita con atto del notaio P.F.P. di Bari del 10 ottobre 2012. L’art. 75 c.p.c., a norma del quale le persone giuridiche stanno in giudizio per mezzo di chi le rappresenta secondo la legge o lo statuto, si riferisce esclusivamente, per le società, alle persone che dall’atto costitutivo risultano dotate del potere di rappresentanza della società (art. 2328 c.c., n. 9) per cui solo per queste persone, agevolmente individuabili dai terzi quando siano state adempiute le prescritte formalità, può ritenersi presunta la “legitimatio ad processum” e, perciò, applicabile il principio secondo il quale, quando sia parte in giudizio una persona giuridica privata, la persona fisica che ha conferito il mandato al difensore nella qualità di organo della persona giuridica non ha l’onere di dimostrare tale sua qualità, spettando alla parte che la contesta fornire la prova dell’inesistenza del rapporto organico (Cass. 9 dicembre 2012, 13014). Il Dott. D.S.G. non rappresenta la società in qualità di organo della stessa, ma quale procuratore. Spetta dunque alla ricorrente fornire la prova del potere di rappresentanza.

Si legge nella procura notarile allegata al ricorso che il potere di rappresentanza è stato conferito dal Dott. Ch.Vi., quale Presidente del Consiglio di amministrazione e legale rappresentante di Banca Apulia s.p.a., avvalendosi dei poteri che gli derivano dallo statuto sociale e dalla delibera del Consiglio di amministrazione del 20 settembre 2012. La parte controricorrente, che ha sollevato l’eccezione del difetto di legittimazione processuale del ricorrente, ha prodotto lo statuto sociale. In base all’art. 23, punto 17, dello statuto, sono riservate all’esclusiva competenza del Consiglio di amministrazione le decisioni concernenti il conferimento di mandati e procure per determinati atti o categorie di atti anche a persone estranee alla banca. L’art. 28, comma 6, prevede poi che il Consiglio di amministrazione può delegare la rappresentanza e la firma sociale, per determinate categorie di atti, a terzi, fissando i limiti e le modalità della delega. Sulla base delle disposizioni statutarie il Presidente del consiglio di amministrazione non aveva il potere di assumere determinazioni in ordine al conferimento della rappresentanza al terzo. Nella procura si fa menzione non solo dei poteri che derivano dallo statuto sociale, ma anche di quelli che derivano dalla delibera del Consiglio di amministrazione del 20 settembre 2012. Tale delibera risulta prodotta dal controricorrente con la memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.. In base alla delibera in discorso il Direttore generale ha facoltà sia di promuovere azioni giudiziarie, conferendo la relativa procura alle liti, sia di delegare il detto potere. La ricorrente non ha quindi provato che il Presidente del consiglio di amministrazione avesse il potere di conferire il potere di rappresentanza. L’onere probatorio in ordine alla capacità processuale resta non assolto.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 – quater, del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la (stessa impugnazione.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese processuali che liquida in Euro 4.200,00 per compenso, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e gli oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, della terza sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 9 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2017

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