Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26099 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 15/10/2019, (ud. 01/10/2019, dep. 15/10/2019), n.26099

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 15552-2019 proposto da:

V.M., R.D., rappresentati e difesi dall’avvocato

CHIARAMARIA ANASTASIA;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositato il

05/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

01/10/2019 dal Consigliere Dott. SCARPA ANTONIO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

R.D. e V.M. hanno proposto ricorso articolato in due motivi avverso il decreto della Corte di appello di Lecce n. 1888/2018, depositato il 5 novembre 2018.

L’intimato Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensive.

Con ricorso depositato in data 19 aprile 2018 presso la Corte di appello di Lecce, R.D. e V.M. chiesero la condanna del Ministero della Giustizia all’equa riparazione per la irragionevole durata di un giudizio civile svoltosi davanti al Tribunale di Taranto dall’ottobre 2007 fino al 19 ottobre 2017, allorchè venne pronunciata ordinanza di cancellazione ed estinzione della causa dal ruolo ex artt. 309,181 e 307 c.p.c.

Il magistrato designato presso la Corte di appello di Lecce, con decreto del 4 maggio 2018, rigettò la domanda, ritenendo insussistente il pregiudizio da irragionevole durata del processo presupposto, in applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-sexies, lett. c. Il collegio della Corte d’Appello respinse poi l’opposizione L. n. 89 del 2001 ex art. 5 ter, evidenziando come non fosse stata fornita alcuna prova connessa al danno non patrimoniale patito, in maniera da superare la presunzione negativa di legge. Il decreto impugnato sottolineò altresì che non valesse, quale prova contraria alla presunzione L. n. 89 del 2001 ex art. 2, comma 2-sexies, lett. c, la transazione intervenuta tra le parti già nel 2010. La Corte di Lecce negò pure che la transazione costituisse in sè prova della durata non ragionevole del processo.

Il primo motivo di ricorso di R.D. e V.M. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, par. 1 e 13 CEDU, e della L. n. 89 del 2001, art. 2, come modificata dalla L. n. 208 del 2015, per “omessa applicazione del criteri di liquidazione del danno; nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio”. La censura rappresenta che “è stato del tutto omesso l’esame dello sviluppo che il processo presupposto aveva avuto sino 5.10.2017; la prova documentale del fatto che la lungaggine processuale fosse stata determinata dal cattivo funzionamento della macchina giudiziaria e non dal comportamento dilatorio dei ricorrenti; il loro persistente interesse al giudizio, sino al provvedimento di estinzione”.

Il secondo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 sexies, e dell’art. 2727 c.c.; nonchè l’omesso esame circa un punto decisivo della controversia e difetto di motivazione in ordine alia mancata valutazione delle prove. Vi si sostiene che se la Corte di Lecce “avesse preso in esame gli atti e i documenti prodotti col ricorso in opposizione avrebbe ritenuto provate le circostanze individuate da Codesto Supremo come necessarie per affermare l’esistenza di un interesse alia sollecita definizione del giudizio”.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

I ricorrenti hanno presentato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Il Collegio ritiene, tuttavia, che non ricorra l’ipotesi di manifesta fondatezza del ricorso, ex art. 375 c.p.c., comma 1, numero 5, in relazione alla questione di diritto attinente alla insussistenza del danno per disinteresse a coltivare il processo presupposto, in presenza di dichiarazione di estinzione dello stesso per inattività delle parti, ai sensi degli art. 181 e 309 c.p.c., ed agli effetti della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-sexies, lett. c, nel testo introdotto dalla L. n. 208 del 2015, ove la cancellazione e conseguente estinzione della causa fossero state conseguenza di una transazione stipulata tra le parti.

La causa va perciò rimessa alla pubblica udienza della sezione semplice tabellarmente competente e rinviata a nuovo ruolo.

P.Q.M.

La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo per la discussione in pubblica udienza presso la Sezione II civile, tabellarmente competente.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 1 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019

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