Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26093 del 16/12/2016
Cassazione civile, sez. VI, 16/12/2016, (ud. 15/09/2016, dep.16/12/2016), n. 26093
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11836-2015 proposto da:
P.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PRINCIPESSA
CLOTILDE 7, presso lo studio dell’avvocato FARGNOLI DANIELA,
rappresentata e difesa dell’avvocato CATERINA CATERINO giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
N.I., M.P., elettivamente domiciliati in ROMA,
PIAZZA DEI CARRACCI 1, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO
BONGIANNI, rappresentati e difesi dall’avvocato VALERIO CAVALLARI
giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 236/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,
emessa il 27/01/2015 e depositata il 05/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LOMBARDO LUIGI GIOVANNI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Considerato che:
il Consigliere designato ha depositato la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c.;
“Ritenuto che:
– la Corte di Appello di Bologna ha confermato la sentenza del locale Tribunale che ha rigettato la domanda – proposta da P.G., P.C., Pi.Gi. e p.g. nei confronti di M.P. e N.I. – di declaratoria di nullità o di annullamento per incapacità di intendere e di volere del testamento olografo redatto da P.A.;
– per la cassazione della sentenza di appello ricorre P.G. sulla base di due motivi;
– resistono con controricorso M.P. e N.I.;
– le altre parti, ritualmente intimate, non hanno svolto attività difensiva;
Atteso che:
– il primo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 591 c.c. e art. 115 c.p.c., in relazione alla distribuzione dell’onere della prova tra le parti circa la incapacità naturale della testatrice nel momento in cui fece testamento) appare manifestamente infondato, in quanto, in tema di annullamento del testamento, l’incapacità naturale del testatore postula la esistenza non già di una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del de cuius, bensì la prova che il soggetto sia stato privo “in modo assoluto”, al momento della redazione dell’atto di ultima volontà, della coscienza dei propri atti o della capacità di autodeterminarsi; prova che grava sull’attore che voglia avvalersi di tale incapacità (Sez. 2, Sentenza n. 27351 del 23/12/2014, Rv. 633616; Sez. 2, Sentenza n. 8079 del 18/04/2005, Rv. 581629) e che i giudici di merito hanno – nella specie – ritenuto insussistente;
– il secondo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 591, 2697 e 2729 c.c., per avere la Corte di Appello valutato atomisticamente gli elementi indiziari acquisiti) appare inammissibile, in quanto sottopone alla Corte – nella sostanza – profili relativi al merito della valutazione delle prove, che sono insindacabili in sede di legittimità, non risultando sussistenti le violazioni di legge denunciate anche sotto il profilo della valutazione complessiva degli indizi e non avendo peraltro il ricorrente denunciato l’omesso esame di fatto decisivo;
Ritenuto che il ricorso può essere avviato alla trattazione camerale, per essere ivi rigettato”;
Considerato che:
– entrambe le parti hanno depositato memoria;
– il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380 – bis c.p.c., in quanto:
a) in relazione al primo motivo, la giurisprudenza richiamata nella memoria depositata da parte ricorrente, secondo cui “è compito di chi vuole avvalersi del testamento dimostrare che esso fu redatto in un momento di lucido intervallo” (Sez. 2, Sentenza n. 8079 del 18/04/2005, Rv. 581629), presuppone che prima sia stata provata la incapacità totale e permanente del de cuius, prova che – nella specie – il giudice di merito ha ritenuto essere insussistente;
b) in relazione al secondo motivo, la censura punta inammissibilmente a sindacare il merito della valutazione delle prove circa la sussistenza della incapacità naturale della testatrice;
– il ricorso, pertanto, deve essere rigettato;
– le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico della parte soccombente;
– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, (inserito dalla L. n. 228 del 2012) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 3.200,00 (tremiladuecento), di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta-2 Sezione Civile, il 15 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2016