Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26091 del 16/12/2016
Cassazione civile, sez. VI, 16/12/2016, (ud. 21/09/2016, dep.16/12/2016), n. 26091
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22506/2012 proposto da:
N.R., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA TRIONFALE 21, presso lo studio dell’avvocato EUGENIO MAURIZIO
CARPINELLI, rappresentato e difeso dagli avvocati GIUSEPPE GALANTE,
ANTONINO PIACENTINI, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 157/66/2011 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di MILANO SEZIONE DISTACCATA di BRESCIA, emessa
l’8/11/2010 e depositata il 21/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
21/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:
L’agente di commercio N.R. ricorre per la cassazione della sentenza della CTR-Lombardia che ha confermato la decisione della CTP-Bergamo e quindi il rigetto della domanda del contribuente diretta a ottenere il rimborso dell’IRAP dovuta dal 2002 al 2004. Il fisco non si difende con controricorso ma produce nota ai soli fini degli avvisi.
A seguito della notifica della relazione non è stata depositata alcuna memoria; la causa è stata riassegnata ad altro consigliere relatore con decreto prot. n. 130/6/16 del 29 luglio 2016.
Il ricorrente esattamente denuncia grave errore di giustificazione della decisione di merito sul fatto normativo dell’esistenza storica dei requisiti dell’autonoma organizzazione (art. 360 c.p.c., ). In effetti la sentenza d’appello affida l’illustrazione del suo convincimento a poche righe ove si afferma che “dalla copia del registro dei cespiti e dalla dichiarazioni fiscali (quadro G) allegate emerge di tutta evidenza che i redditi conseguiti dal contribuente negli anni di imposta in esame sono prodotti con lo svolgimento di una attività riconducibile ad un reddito di impresa e oggettivamente apprezzabili e pertanto del tutto compatibili con elementi tipici di organizzazione, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, attuativo del significato indicato dal giudice delle leggi”.
Riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità solo se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive (SU, 9451/2016).
Per far sorgere l’obbligo di pagamento del tributo è necessaria, infatti, “l’esistenza di un apparato che non sia sostanzialmente ininfluente, ovverosia di un quid pluris che secondo il comune sentire, del quale il giudice di merito è portatore ed interprete, sia in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista”. Ovverosia “si deve… trattare di un qualcosa in più la cui disponibilità non sia, in definitiva, irrilevante perchè capace… di rendere più efficace o produttiva l’attività” (ult. cit.).
Il che rende indispensabile un’indagine del tutto omessa dal giudice del merito perchè egli, nell’esaminare i fatti di prova, si è praticamente limitato ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, ma questo è il solo contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, dovendo il giudicante anche descrivere il processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa. (Se. 6-5, 15964/2016).
La sentenza d’appello va, pertanto, cassata con rinvio al giudice competente che, in diversa composizione, procederà a nuovo e motivato esame e regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza d’appello e rinvia, anche per le spese, alla CTR – Lombardia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 21 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2016