Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26090 del 27/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 27/09/2021, (ud. 15/04/2021, dep. 27/09/2021), n.26090

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35944-2019 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE

CLODIO 82, presso lo studio dell’avvocato CRISTIANO FUDULI,

rappresentato e difeso dall’avvocato SILVIO AURIEMMA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 4023/20/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA CAMPANIA, depositata il 09/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE

CATALDI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. P.A. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza n. 4023/20/2019, depositata il 9 maggio 2019, con la quale la Commissione tributaria regionale della Campania ha rigettato il suo appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli, che aveva rigettato il ricorso del medesimo contribuente contro l’avviso d’accertamento emesso, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, dall’Agenzia delle Entrate nei suoi confronti, in materia di Irpef, per l’anno d’imposta 2008, all’esito di accertamenti fondati sul possesso e sul mantenimento di tre autovetture.

La Commissione tributaria regionale della Campania si è pronunciata quale giudice del rinvio, dopo che questa Corte, con l’ordinanza n. 27706 del 2017, aveva accolto il secondo motivo di ricorso dell’Agenzia delle entrate e cassato la sentenza con la quale la medesima CTR aveva, in accoglimento dell’appello proposto dal contribuente e in riforma della sentenza di primo grado, annullato l’atto impositivo, ritenendo fornita dal contribuente la prova del possesso di un reddito riveniente dal riscatto di una polizza assicurativa, sufficiente a coprire la spesa per l’acquisto ed il mantenimento di tre autovetture.

La precedente ordinanza di questa Corte ha infatti ritenuto che la sentenza allora impugnata, nel ritenere sufficiente il ricevimento nell’anno 2006 da parte del contribuente di somme, derivanti dal riscatto di una polizza assicurativa, senza compiere alcun accertamento in ordine al permanere di tale disponibilità finanziaria nell’anno oggetto di accertamento, si era discostata dai principi giurisprudenziali secondo i quali: “A norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente e costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che “l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”. La norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere). In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacita contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati. Ne’ la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la “durata” del possesso dei redditi in esame; quindi non il loro semplice “transito” nella disponibilità del contribuente””.

L’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Il contribuente ricorrente ha prodotto memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo il contribuente deduce “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, nonché della conforme giurisprudenza della Corte sulle relative questioni di diritto.”.

Il motivo è inammissibile.

Infatti, non solo nella rubrica del mezzo, ma anche nel corpo dello stesso, sono contemporaneamente proposte, tra loro coacervate in maniera inestricabile, una pluralità di censure eterogenee, ovvero la pretesa violazione e falsa applicazione di norme di diritto; l’assunto mancato esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; la sostenuta “illogicità” della motivazione; la ritenuta violazione dell’obbligo del giudice di rinvio di uniformarsi al principio di diritto e comunque a quanto statuito da questa Corte con la richiamata ordinanza di cassazione con rinvio.

Pertanto, il motivo, considerato nel suo complesso, è costituito da un’inammissibile sostanziale mescolanza e sovrapposizione di censure, relative sia ad errori in iudicando che in procedendo, con l’inammissibile prospettazione della medesima questione sotto profili incompatibili, non risultando specificamente separata la trattazione delle plurime eterogenee doglianze (ex plurimis Cass. 23/10/2018, n. 26874; Cass. 23/09/2011, n. 19443; Cass. 11/04/2008, n. 9470; Cass. 11/04/2018, n. 8915; Cass. 23/04/2013, n. 9793).

Si tratta quindi di censure che, anche all’esito della lettura coordinata dell’intero ricorso, risultano non ontologicamente distinte dallo stesso ricorrente e non autonomamente individuabili, senza un inammissibile intervento di selezione e ricostruzione del mezzo d’impugnazione da parte di questa Corte.

Fermo quanto premesso, deve poi aggiungersi che comunque il ricorso è ulteriormente inammissibile anche perché, dalla sua lettura complessiva, si evince che tutte le eterogenee censure, tra loro inestricabilmente coarcevate, hanno comunque la finalità ultima di rimettere in discussione l’accertamento in fatto secondo cui il contribuente, attraverso la produzione della documentazione bancaria, non ha fornito la prova documentale che l’importo derivante dallo svincolo, nel 2006, di una polizza assicurativa, sia rimasto nella sua disponibilità finanziaria nell’anno oggetto di accertamento.

Tale rivisitazione è tuttavia ex se inammissibile in questa sede di legittimità, atteso che ” Il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante.” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016; conforme, ex plurimis, Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

2. Con il secondo motivo il contribuente deduce “violazione e falsa applicazione di norme di diritto – art. 360 c.p.c., n. 5), in relazione all’art. 132 c.p.c.”.

Nel corpo del motivo il ricorrente richiama espressamente Cass. Sez. Un., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, secondo cui “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.”.

Fatta tale premessa, il ricorrente assume poi che il vizio di apparente motivazione sussisterebbe nel caso di specie perché il giudice a quo “non ha sufficientemente esaminato un punto decisivo della controversia”. E’ tuttavia evidente come tale affermazione sia in assoluto contrasto con la massima invocata, che espressamente esclude qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, per cui la censura è infondata.

Del tutto generica è poi la denuncia della pretesa contraddittorietà della motivazione, che comunque, come chiarito dalla predetta massima, deve risultare dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, e non può coincidere con l’ipotetico (peraltro assolutamente generico) contrasto della decisione con il principio di diritto espresso dalla precedente sentenza di cassazione con rinvio, che non integra il vizio denunciato di inesistenza della motivazione.

Altrettanto indeterminata è la denuncia della non intelligibilità del principio logico-giuridico posto a base della decisione, sostenuta dal ricorrente in maniera apodittica.

Il motivo, in parte qua, è quindi inammissibile per la sua genericità, in quanto ” In tema di ricorso per cassazione, il principio di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, richiede per ogni motivo l’indicazione della rubrica, la puntuale esposizione delle ragioni per cui è proposto nonché l’illustrazione degli argomenti posti a sostegno della sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo, come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della pronunzia.” (Cass., Sez. L -, Ordinanza n. 17224 del 18/08/2020).

Esso, inoltre, è pure infondato, non risultando la motivazione inferiore al minimo costituzionale, né quindi apparente, insanabilmente contraddittoria o incomprensibile, poiché la CTR ha dato conto del criterio seguito nell’adeguarsi al principio di diritto fissato da questa Corte, ponendo quest’ultimo in relazione alle risultanze istruttorie.

2. Nulla sulle spese, essendo rimasta intimata l’Agenzia.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2021

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