Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26090 del 05/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 05/12/2011, (ud. 15/11/2011, dep. 05/12/2011), n.26090

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

L.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GASPARE SPONTINI 22, presso lo studio dell’avvocato PUGLISI

GIUSEPPE, rappresentato e difeso dall’avvocato ALOSI FILIPPO, giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

OLIVERI CIRO SRL (OMISSIS) in persona dell’amministratore unico,

elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO GOLDONI 47, presso lo studio

dell’avvocato NICOLO’ ETTORE ZITO, rappresentata e difesa

dall’avvocato PERIA GIACONIA RODOLFO, giusta procura ad litem in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5353/2009 del TRIBUNALE di PALERMO del

21.10.09, depositata il 26/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO

GIOVANNI RUSSO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che, prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui agli artt. 376 e 360 bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione;

che la relazione ha il seguente contenuto:

“1. Con riferimento a rapporti di fornitura di materiale edile, la Oliveri Ciro srl otteneva decreto ingiuntivo in danno del L. (pari a circa Euro 2.000,00). Accogliendo l’opposizione del L., il giudice di pace revocava il decreto e, accogliendo anche la domanda riconvenzionale di questi, condannava la società al pagamento della somma di circa Euro 1.600,00, ritenendo non dovuto l’avvenuto pagamento della stessa, pari alla differenza tra l’importo dell’assegno incassato dalla società e l’importo del credito azionato in via monitoria.

Il Tribunale di Palermo (sentenza del 26 ottobre 2009), in parziale accoglimento dell’appello della società, riteneva non provata dal L. l’inesistenza della causa debendi, riformando la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva condannato la società alla restituzione di circa Euro 1.600,00, e confermava la revoca del decreto ingiuntivo.

2. L. propone ricorso per cassazione con due motivi.

Resiste con controricorso la società.

E’ applicabile ratione temporis la L. 18 giugno 2009, n. 69.

Proposta di decisione:

1. Il primo motivo di ricorso, con cui si deduce la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., quale ultrapetizione, per avere la società chiesto nelle conclusioni del processo di appello solo la conferma del decreto ingiuntivo e non anche la riforma della statuizione sulla domanda riconvenzionale di indebito, proposta dal L., è inammissibile per genericità.

Il ricorrente non fa specifico riferimento ai motivi di appello, limitandosi a dire “l’appellante non aveva impugnato il relativo capo della sentenza”, dopo aver sottolineato che la richiesta in argomento mancava nelle conclusioni. Non argomenta, invece, sulla differenza tra i motivi e le conclusioni, così che non è possibile univocamente ricondurre la censura alla questione se il mancato richiamo nelle conclusioni comporti, o meno, rinuncia, con conseguente eventuale ultrapetizione nel caso in cui il giudice pronunci sulla stessa. Il motivo non si traduce, quindi, in una specifica censura alla sentenza impugnata, come richiesto a pena di inammissibilità dalla giurisprudenza della Corte, essendo il giudizio di cassazione a critica vincolata (Cass. 31 maggio 2010, n. 113222, vedi motivazione; Cass. 3 luglio 2008, n. 18202; Cass. 24 aprile 2008, n. 10667).

2. Il secondo motivo, con il quale si lamenta l’erronea applicazione nella specie del principio dell’onere probatorio rispetto all’art. 2033 cod. civ., è manifestamente fondato per l’errata applicazione di principi consolidati.

2.1. La Corte ha costantemente affermato che “Poichè l’inesistenza della causa debendi è un elemento costitutivo (unitamente all’avvenuto pagamento e al collegamento causale) della domanda di indebito oggettivo (art. 2033 cod. civ.), la relativa prova incombe all’attore”.

(Cass. del 17 marzo 2006 n. 5896). Ha precisato che la prova può essere fornita dimostrando l’esistenza di un fatto negativo contrario, o anche mediante presunzioni (Cass. del 13 novembre 2003, n. 17146); che, in particolare, l’attore in ripetizione che assuma di aver pagato un importo superiore al proprio debito è tenuto a dimostrare il fatto costitutivo del suo diritto alla ripetizione, e cioè l’eccedenza di pagamento (Cass. del 21 luglio 2000, n. 9604).

Da ultimo, ha aggiunto che “Proposta domanda di ripetizione di indebito, l’attore ha l’onere di provare l’inesistenza di una giusta causa delle attribuzioni patrimoniali compiute in favore del convenuto, ma solo con riferimento ai rapporti specifici tra essi intercorsi e dedotti in giudizio, costituendo una prova diabolica esigere dall’attore la dimostrazione dell’inesistenza di ogni e qualsivoglia causa di dazione tra solvens e accipiens” (Cass. del 25 gennaio 2011, n. 1734).

2.2. La sentenza impugnata, pur richiamando genericamente tali principi, ha ritenuto non assolto l’onere probatorio perchè il L. non aveva dimostrato “l’inesistenza di tali ulteriori forniture”, riferendosi a quelle più ampie dedotte, ma non provate, dalla società, secondo quanto ritenuto dallo stesso giudice, il quale, per tale ragione, ha confermato la revoca del decreto ingiuntivo. Invece, applicando i suddetti principi nella specie, l’onere della prova a carico del solvens deve ritenersi assolto dalla prova che il pagamento era eccedente rispetto alle fatture poste dal creditore a base del decreto ingiuntivo; tanto più in presenza rapporti di fornitura ulteriori eccepiti dalla società pretesa creditrice, ma rimasti non provati.

3. L’inammissibilità del primo motivo di ricorso è correlata alla sussistenza di precedenti conformi; l’accoglimento del secondo motivo è correlato alla sussistenza di precedenti conformi”; che la suddetta relazione è stata notificata agli avvocati delle parti costituite e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

he il Collegio condivide le osservazioni in fatto e le argomentazioni e le conclusioni in diritto della relazione; che le parti non hanno mosso rilievi;

che, pertanto, il primo motivo di ricorso – correlato alla sussistenza di precedenti conformi – deve essere dichiarato inammissibile; che, pertanto, il secondo motivo di ricorso – correlato alla sussistenza di precedenti conformi – deve essere accolto;

che la causa deve essere rimessa al Tribunale di Palermo, in diversa persona, che liquiderà anche le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Palermo, in diversa persona.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 15 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2011

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