Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26087 del 27/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 27/09/2021, (ud. 15/04/2021, dep. 27/09/2021), n.26087

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Francesco – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32765-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

G.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMILIA N.

86/90, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO CORAIN, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 619/14/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELL’EMILIA ROMAGNA, depositata il 25/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE

CATALDI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1.L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza n. 619/14/2019, depositata il 25 marzo 2019, con la quale la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna ha rigettato il suo appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, che aveva accolto il ricorso del contribuente di G.N. contro l’avviso d’accertamento sintetico emesso, in materia di Irpef, nei suoi confronti, per l’anno d’imposta 2008, a fronte dell’omissione delle dichiarazioni fiscali previste dalla legge e della rilevanza di indici di capacità contributiva, costituiti da rapporti assicurativi, possesso di diversi mezzi e di una residenza principale.

2.Il contribuente si è costituito con controricorso ed ha depositato memoria.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.Con il primo motivo l’Ufficio deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per la natura meramente apparente, illogica e contraddittoria della sua motivazione.

Il motivo è ammissibile, risultando autosufficiente, e fondato.

Infatti “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; conforme, ex multis, Cass., Sez. 3 -, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).

In particolare, “La motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione deve ritenersi apparente quando pur se graficamente esistente ed, eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regola la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6″ (Cass., Sez. 1 -, Ordinanza n. 13248 del 30/06/2020).

Pertanto, “In tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito” (Cass., Sez. L -, Ordinanza n. 3819 del 14/02/2020).

Giova poi ricordare che, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, il giudice non può, nella motivazione, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perché questo è il solo contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 1236 del 23/01/2006; Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15964 del 29/07/2016; Cass., Sez. 5 -, Ordinanza n. 32980 del 20/12/2018).

Ed in particolare, proprio in materia di accertamento sintetico, questa Corte ha già sottolineato la necessità di un esame delle risultanze documentali analitico da parte dell’organo giudicante, che non può pertanto limitarsi a giudizi sommari, privi di ogni riferimento alla massa documentale entrata nel processo relativa agli indici di spesa (Cass., Sez. 5 -, Sentenza n. 21700 del 08/10/2020).

Nel caso di specie, la laconica motivazione resa dalla CTR si compendia, per quanto qui interessa, di questa frase: “Il contribuente (…) dimostra con certezza che la provvista idonea a giustificare il diverso tenore di vita del soggetto accertato deriva da ingenti disponibilità (alcuni milioni di Euro) in capo al coniuge, per eventi successori sulla cui esistenza non vi sono dubbi di sorta, tutto ciò suffragato da intestazioni e movimentazioni bancarie egualmente pacifiche. Non paiono esservi dubbi pertanto sulla raggiunta prova contraria, posta a carico del contribuente, a fronte dell’accertato maggior reddito”.

In tale formulazione difetta del tutto il riferimento agli elementi istruttori, emergenti dal giudizio, che la CTR avrebbe valutato per considerare assolto l’onere della prova contraria che lo stesso giudice a quo attribuisce al contribuente.

Infatti, non vi è alcun richiamo puntuale a documentazione che sia stata prodotta, neppure quando si menzionano, senza altra precisazione, “intestazioni e movimentazioni bancarie”. E comunque resta del tutto astratta l’individuazione, e la fonte istruttoria, delle ingenti disponibilità, degli eventi successori, delle intestazioni e delle movimentazioni.

Tale indeterminatezza non consente di ricostruire l’effettivo iter logico-giuridico seguito dalla CTR nel decidere, soprattutto per quanto riguarda l’individuazione della documentazione valutata ai fini della decisione.

L’indeterminatezza riguarda altresì il parametro con il quale tale materiale è stato valutato, ai fini di ritenere assolto l’onere della prova, gravante sul contribuente. Infatti, in materia di accertamento sintetico, questa Corte ha chiarito che ” In tema di accertamento cd. sintetico, ove il contribuente deduca che la spesa effettuata deriva da risorse di natura non reddituale di cui ha goduto il proprio nucleo familiare, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, (applicabile “ratione temporis”), per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva a tali ulteriori redditi, è onerato della prova contraria in ordine alla loro disponibilità, alla loro entità ed alla durata del relativo possesso, sicché, sebbene non debba dimostrarne l’utilizzo per sostenere le spese contestate, è tenuto a produrre documenti da cui emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere” (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 16637 del 04/08/2020, ex plurimis).

La motivazione della sentenza impugnata, pur concludendo per l’assolvimento dell’onere della prova da parte del contribuente, omette qualsiasi puntuale riferimento alla considerazione ed alla verifica di tali circostanze, che non possono esaurirsi nella mera definizione della disponibilità come “ingente”.

Nella sostanza, la lettura complessiva della motivazione evidenzia come, per le ragioni sinora esposte, risulti apodittica la conclusione della CTR in ordine all’assolvimento della prova gravante sul contribuente.

Peraltro, contemporaneamente, la medesima ratio decidendi è esposta con ripetute espressioni perplesse (“L’appello pare infondato…”, “Non paiono esservi dubbi pertanto sulla raggiunta prova…”), che a loro volta non consentono alla motivazione di attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6.

Va pertanto accolto il primo motivo di ricorso e va casata la sentenza impugnata, con rinvio al giudice a quo.

2.Con il secondo motivo l’Ufficio deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 e degli artt. 2697,2728 e 2729 c.c., assumendo che la CTR avrebbe errato nel ritenere che il contribuente avesse offerto la prova liberatoria rispetto alla presunzione legale di maggior capacità contributiva derivante dal possesso dei beni indici previsti dalla norma indicata in premessa e dai relativi decreti ministeriali attuativi.

Il motivo è assorbito dall’accoglimento del primo.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2021

 

 

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