Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26086 del 27/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 27/09/2021, (ud. 15/04/2021, dep. 27/09/2021), n.26086

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32140-2019 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA SPA, GIA’ SERIT SICILIA SPA, in persona del

Direttore Generale pro tempore, elettivamente domiciliata presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI DISTEFANO MARINO;

– ricorrente –

contro

B.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1490/6/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA SICILIA, depositata 11/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE

CATALDI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Riscossione Sicilia s.p.a., già Serit Sicilia s.p.a., propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, avverso la sentenza n. 1490/06/2019, depositata l’11 marzo 2019, con la quale la Commissione tributaria regionale della Sicilia – sezione staccata di Catania, ha rigettato il suo appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Ragusa, che aveva parzialmente accolto il ricorso di B.A. 21 intimazioni di pagamento.

A quanto risulta dalla sentenza impugnata, la CTP aveva infatti accolto il ricorso introduttivo del predetto contribuente “limitatamente alle cartelle notificate durante il periodo di detenzione, per nullità della notifica.”.

Il contribuente e l’Agenzia delle entrate sono rimasti intimati. La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo la ricorrente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, deduce la nullità della sentenza per l’assoluta incoerenza della sua motivazione e per il contrasto insanabile tra le sue parti, in particolare tra motivazione e dispositivo del provvedimento.

Il motivo è fondato.

Infatti la sentenza impugnata, nella parte denominata “svolgimento del processo”, ricostruisce la vicenda processuale attribuendo alla società concessionaria il ruolo di appellante ed individuando, quale motivo dell’impugnazione proposta da quest’ultima, “la legittimità della notifica presso la residenza anagrafica anche in caso di detenzione”.

Nella parte propriamente motiva della decisione, la CTR espone poi una serie di argomentazioni dalle quali ricava che sono ” (essendo) state effettuate correttamente le notifiche contestate, a nulla rilevando l’asserita conoscenza da parte del notificante dello stato di detenzione (…)”.

Contestualmente, tuttavia, la stessa motivazione afferma, sulla base delle medesime argomentazioni, “appare evidente l’infondatezza dei profili di censura formulati nel motivo di appello in esame”, in evidente contrasto con la predetta conclusione in ordine alla “correttezza” delle notifiche.

Ancora, la motivazione conclude affermando che “In conseguenza, il ricorso introduttivo è stato legittimamente dichiarato inammissibile. L’appello va quindi rigettato.”.

Il riferimento all’inammissibilità del ricorso introduttivo non trova riscontro nello svolgimento processuale descritto nella stessa sentenza, dalla quale emerge invece l’accoglimento, parziale dello stesso.

Infine, il dispositivo rigetta l’appello della s.p.a. agente per la riscossione.

Tanto premesso, la sentenza impugnata evidenzia quindi un’insanabile incoerenza complessiva, che coinvolge tutte le parti (antefatto processuale, motivazione in senso proprio e dispositivo), pur manifestandosi in maniera eclatante nella motivazione di quest’ultimo, laddove le argomentazioni in fatto ed in diritto rassegnate si pongono in contrasto logico (prima ancora che giuridico) con la conclusione cui perviene la CTR. Entrambi tali elementi, già tra loro inconciliabili, non sono poi coerenti con l’esito del giudizio di primo grado, descritto dalla CTR in termini di inammissibilità. A sua volta, tale esito non è coerente con quello riportato nella parte introduttiva della stessa sentenza d’appello.

Nel complesso, la diffusione, e la circolarità, di tali anomalie nell’intera sentenza escludono che esse si possano correggere attraverso una mera interpretazione sistematica del decisum nel suo complesso.

In materia, questa Corte ha già chiarito che “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; conforme, ex multis, Cass., sez. 3 -, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).

In particolare, in applicazione di tali principi, è stato chiarito che ” Il vizio di motivazione contraddittoria sussiste solo in presenza di un contrasto insanabile tra le argomentazioni addotte nella sentenza impugnata che non consenta la identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione, sicché detto vizio non è ipotizzabile nel caso in cui la contraddizione denunziata riguardi le contrastanti valutazioni compiute dal giudice di primo grado e da quello di appello, dovendo altrimenti ritenersi contraddittorie tutte le sentenze di secondo grado che abbiano motivato in modo difforme dal giudice di prime cure, né in caso di contrasto – pur denunciabile sotto altri profili – tra le affermazioni della stessa sentenza ed il contenuto di altre prove e documenti.” (Cass., Sez. L -, Sentenza n. 17196 del 17/08/2020).

Quindi ” Sussiste il vizio di assenza della motivazione, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, allorché la sentenza sia nulla per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, che rendono incomprensibili le ragioni poste a base della decisione.” (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018).

Con riferimento, poi, al contrasto tra le diverse parti componenti la sentenza impugnata, è stato precisato che “Il contrasto tra motivazione e dispositivo che determina la nullità della sentenza ricorre solo se ed in quanto esso incida sulla idoneità del provvedimento, nel suo complesso, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale, ricorrendo nelle altre ipotesi un mero errore materiale.”(Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 26074 del 17/10/2018). In applicazione di tale principio, questa Corte ha quindi annullato la decisione in quella sede impugnata, non potendosi individuare con certezza la portata della decisione, in quanto in motivazione vi era un’affermazione che risultava coerente con il dispositivo, mentre nelle argomentazioni svolte non era chiara l’adesione da parte del giudice alle contrastanti tesi delle parti.

In applicazione dei principi appena illustrati al caso di specie, va quindi accolto il ricorso e va cassata la sentenza impugnata, con rinvio al giudice a quo.

PQM

Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Commissione tributaria regionale della Sicilia – sezione staccata di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2021

 

 

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