Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26085 del 17/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/11/2020, (ud. 23/06/2020, dep. 17/11/2020), n.26085

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2378 del ruolo generale dell’anno 2013,

proposto da:

s.p.a. Trenton, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del

ricorso, dall’avv. Edgardo Ruozzi, presso lo studio del quale in

Modena, al corso Canalchiaro, n. 116, elettivamente si domicilia;

domiciliata in Roma, P.zza Cavour, presso la Cancelleria della Corte

di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia

– controricorrente –

per la cassazione delle sentenze della Commissione tributaria

regionale dell’Emilia Romagna, depositate in data 17 ottobre 2012,

nn. 78, 79 e 80;

sentita la relazione svolta in camera di consiglio dal consigliere

Angelina-Maria Perrino.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– emerge dalle sentenze impugnate che la s.p.a. Trenton aveva ceduto in comodato quattro macchine operatrici, da essa acquisite in locazione finanziaria, ad altra società, la compagine sociale della quale era riferibile al medesimo gruppo familiare azionista della Trenton;

– ad avviso dell’Agenzia illegittima era la deduzione dei costi sostenuti per i canoni di leasing operata dalla comodante, poichè nessuno dei beni prodotti con i quattro macchinari era a essa destinato, sicchè nessuna utilità le veniva;

– la contribuente ha impugnato i tre avvisi di accertamento rispettivamente concernenti gli anni d’imposta 2003, 2004 e 2005, ottenendone l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale di Modena;

– quella regionale dell’Emilia Romagna ha, invece, accolto i tre appelli dell’Agenzia con altrettante sentenze, in base alla considerazione che la Trenton non ha provato il vantaggio specifico ricavato dall’uso dei macchinari che ne ha fatto la comodataria, irrilevanti essendo i vantaggi economici ricavati in generale dai rapporti commerciali tra le due società;

– contro queste sentenze propone ricorso la s.p.a. Trenton per ottenerne la cassazione, che affida a tre motivi, cui l’Agenzia risponde con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– inammissibili sono i primi due motivi di ricorso, coi quali la contribuente lamenta rispettivamente la nullità della sentenza per l’indecifrabilità della ragione posta a fondamento della decisione (primo motivo), nonchè l’omessa motivazione circa fatti decisivi per il giudizio (secondo motivo);

– ciò perchè, quanto al primo, il giudice d’appello ha adeguatamente giustificato la propria decisione facendo leva sulla mancanza di prova della sussistenza di un vantaggio specifico per la comodante derivante dal comodato;

– quanto al secondo, la censura si traduce in un’allegazione di fatti irrilevanti e in una deduzione d’insufficiente motivazione in ordine alla congruenza del ragionamento svolto: per un verso, a fronte della statuizione contenuta in sentenza concernente la mancanza di prova del “…vantaggio specifico ricavato dall’utilizzo delle macchine operatrici cedute in comodato gratuito” (si legge d’altronde in narrativa che anche nel corso della discussione dinanzi al giudice d’appello l’Agenzia aveva insistito nel sostenere che “…la Trenton non ha provato che le merci acquistate fossero state prodotte con le macchine operatrici rinvenute presso la OMG”), la società si è limitata ad affermare che “…le macchine utensili in questione sono idonee alla lavorazione dei componenti

oggetto di cessione da O.M.G. a Trenton… “; per altro verso, la contestazione relativa alla valenza del ragionamento svolto dal giudice d’appello sulla mancanza di prova è inidonea, di per sè, a ribaltare, anche potenzialmente, l’esito della decisione;

– va comunque ribadito che la censura d’insufficiente motivazione è inibita dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, al regime del quale l’impugnazione della sentenza è ratione temporis soggetta;

– l’irretrattabilità delle statuizioni in fatto della sentenza impugnata comporta l’infondatezza del terzo motivo di ricorso, col quale la contribuente denuncia la violazione rispettivamente dell’art. 67 e dell’art. 75, comma 5 (quanto all’anno d’imposta 2003), nonchè dell’art. 102 e dell’art. 109, comma 5 (quanto agli anni successivi), del D.P.R. n. 917 del 1986, là dove il giudice d’appello ha escluso per la comodante la possibilità di ammortizzare i costi per l’acquisizione dei beni dati in comodato;

– e ciò in aderenza all’orientamento di questa Corte (in espressione del quale si veda, in particolare, Cass. 21 gennaio 2011, n. 1389, ripresa da Cass. 7 agosto 2018, n. 28375), secondo il quale un’attività d’impresa può essere svolta anche attraverso un procedimento complesso caratterizzato dalla esternalizzazione di fasi più o meno ampie di produzione, in cui un soggetto conserva la proprietà e il controllo dei beni di produzione affidati a terzi per costruire e fornire i beni richiesti, che cedono così la proprie utilità alla impresa proprietaria e non a quella utilizzatrice;

– si presuppone, tuttavia, che il vantaggio derivante dalla delocalizzazione della produzione sia specifico e predeterminato, in modo che sia percepibile l’integrazione tra il ciclo produttivo interno all’impresa e quello affidato a terzi, e la natura e l’entità dell’apporto reso dall’attività del terzo al miglioramento dei conti economici dell’impresa, anche nella forma del risparmio di spesa;

– il principio è d’altronde coerente con l’indirizzo in base al quale comunque si richiede la sussistenza di uno specifico nesso di strumentalità del bene con l’attività d’impresa o professionale (Cass., sez. un., 11 maggio 2018, n. 11533); anche da ultimo, d’altronde, si è precisato (Cass. 17 gennaio 2020, n. 902) che il requisito dell’inerenza dei costi deducibili attiene alla compatibilità, coerenza e correlazione di detti costi non ai ricavi in sè, bensì all’attività imprenditoriale svolta idonea a produrre redditi (e, in applicazione del principio, questa Corte ha escluso tale requisito non avendo la società contribuente provato la correlazione esistente tra la perdita derivante dalla stipulazione di un contratto di interest rate swap e la finalità di copertura di operazioni attinenti all’attività d’impresa);

– va esclusa quindi la deducibilità dei costi corrispondenti ai canoni di leasing, in esito alla dichiarazione d’inammissibilità dei primi due motivi di ricorso;

– il ricorso va quindi rigettato e le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la contribuente a pagare le spese, che liquida in Euro 6000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2020

 

 

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