Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26085 del 15/10/2019
Cassazione civile sez. VI, 15/10/2019, (ud. 05/02/2019, dep. 15/10/2019), n.26085
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliera –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
T.G., rappresentato e difeso, giusta mandato in calce al
ricorso dall’avv. Carlo Piazza (fax n. 0331/771822, p.e.c.
carlo.piazza.busto.pecavvocati.it) con domicilio eletto in Roma, via
Ludovisi 35, presso l’avv. Massimo Lauro (p.e.c.
massimolauro.ordineavvocatiroma.org, fax 06/4744884), il quale
dichiara di voler ricevere ogni comunicazione relativa al ricorso al
fax e all’indirizzo p.e.c. suindicato;
– ricorrente –
nei confronti di:
S.P.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 929/2017 della Corte di appello di Torino
emessa il 21.4.2017 e depositata il 27.4.2017 R.G. n. 1739/2015;
sentita la relazione in Camera di consiglio del relatore Cons. Dott.
Giacinto Bisogni.
Fatto
RILEVATO
che:
1. Si controverte sul diritto della sig.ra S.P. a percepire l’assegno divorzile di 200 Euro mensili disposto dal Tribunale di Novara e confermato dalla Corte di Appello di Torino che ha altresì respinto l’appello incidentale della sig.ra S.P. diretto a ottenere l’elevazione dell’ammontare dell’assegno a 450 Euro.
2. La Corte di Appello ha fatto riferimento alla conservazione del tenore di vita come criterio che legittima la richiesta dell’assegno divorzile ma ha anche rilevato che la sig.ra S.P. svolge attività lavorativa occasionale dopo il suo licenziamento ed è costretta a pagare un canone di locazione mensile di 400 Euro in quanto la casa familiare è abitata dal sig. T.G. insieme al figlio. Inoltre entrambi gli ex-coniugi sono obbligati in pari misura al mantenimento del figlio non ancora autosufficiente.
3. Il ricorrente lamenta la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6 e l’omesso esame di fatti decisivi non avendo la Corte di Appello rilevato la piena capacità lavorativa e l’autosufficienza economica della ex moglie.
Diritto
RITENUTO
che:
4. Il ricorso deve essere respinto. Sebbene la Corte di appello, nel riconoscere il diritto all’assegno di divorzio, abbia fatto riferimento al criterio del mantenimento pieno o tendenziale del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, già superato dalla sentenza n. 11504 del 2017 di questa Corte, tuttavia ha esposto in motivazione una serie di circostanze che rendono compatibile con il successivo orientamento delle Sezioni Unite Civili di questa Corte (sentenza n. 18287 dell’11 luglio 2018) il riconoscimento del diritto all’assegno divorzile e la sua determinazione nella misura di 200 Euro mensili. Anche a ritenere provato l’ammontare del reddito mensile che, secondo il ricorrente, la sua ex moglie ritrae dalla sua attività di collaboratrice domestica si tratta pur sempre di attività irregolare e discontinua che impone una destinazione di parte del reddito al risparmio e che subisce una ulteriore e sensibile decurtazione per effetto della necessità di versare un canone di locazione pari al 40% circa del reddito da lavoro imputatole dall’odierno ricorrente. A ciò si aggiunga l’obbligo di concorrere al mantenimento del figlio e alle spese straordinarie nella misura del 50%. Per altro verso lo stesso ricorrente riconosce di percepire una pensione mensile di 1.600 Euro e di disporre della casa familiare dove abita insieme al figlio. La determinazione di un assegno mensile di 200 Euro è quindi manifestamente inadeguata a ripristinare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio ma assolve piuttosto alla funzione di garantire alla intimata una capacità economica sufficiente a consentirle una vita dignitosa che le sarebbe preclusa se dovesse fare affidamento sulla sua sola capacità lavorativa. Inoltre non può non tenersi conto dei vari criteri indicati dalla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, secondo la linea interpretativa adottata dalla citata sentenza delle Sezioni Unite secondo cui il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonchè di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. Nella specie sia la valutazione comparativa delle situazioni economiche delle parti, sia quella della durata del matrimonio (14 anni) e dell’età della beneficiaria (che è nata l'(OMISSIS)), sia l’incontestato contributo alla vita familiare mediante l’attività lavorativa svolta dalla sig.ra S.P. e la cura destinata alla crescita del figlio e al menage comune, conducono a ritenere pienamente adeguato e compatibile con le condizioni economiche del sig. T. il riconoscimento del diritto all’assegno divorzile, in favore della ex moglie, con una valutazione del quantum sostenuta da una motivazione adeguata e compatibile con la giurisprudenza di legittimità successiva all’abbandono del criterio della conservazione almeno tendenziale del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
5. Il ricorso va pertanto respinto senza statuizioni sulle spese del giudizio di cassazione e con applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, per ciò che concerne l’obbligo del ricorrente di corrispondere una somma pari a quella versata a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Dispone che in caso di pubblicazione della presente ordinanza siano omesse le generalità e gli altri elementi identificativi delle parti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019