Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26084 del 27/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 27/09/2021, (ud. 10/06/2021, dep. 27/09/2021), n.26084

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5681/2021 R.G., proposto da:

L.M., rappresentato e difeso da se stesso, con domicilio

in Terni, Via Fratini n. 55.

– ricorrente –

contro

LE.VI..

– intimata –

avverso la sentenza del tribunale di Terni n. 488/2020, depositata in

data 23.7.2020.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno

10.6.2021 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con sentenza n. 488/2020, il tribunale Terni ha dichiarato inammissibili i motivi di impugnazione proposti dall’avv. L. avverso la sentenza del giudice di pace, con cui era stata respinta la richiesta di pagamento di Euro 339,00 a titolo di compensi per attività stragiudiziale, condannando l’attore al pagamento di Euro 100,00 a titolo di responsabilità processuale aggravata.

In particolare, il giudice di pace – nel respingere la domanda proposta dall’avv. L., aveva dichiarato inammissibile il giuramento decisorio deferito alla convenuta – che aveva eccepito la prescrizione presuntiva del credito – ritenendo che la formula non riproducesse la tesi difensiva della Le..

Secondo il tribunale, dato il valore della lite, la causa doveva considerarsi decisa secondo equità e quindi l’appello era proponibile solo per i motivi di cui all’art. 339 c.p.c., comma 3, rilevando che l’appellante si era limitato a contestare la correttezza delle motivazioni con cui il primo giudice aveva dichiarato inammissibile il giuramento, senza indicare le norme processuali, comunitarie o costituzionali violate o i principi regolatori della materia disattesi in primo grado.

La cassazione della sentenza è chiesta dall’avv. L.M. con ricorso basato su un unico motivo.

Le.Vi. è rimasta intimata.

Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso, in quanto manifestamente fondato, poteva esser definito ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, il Presidente ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

1. L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 339 c.p.c., comma 3, e dell’art. 342 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, sostenendo che l’impugnazione conteneva anche un censura di nullità della sentenza, per non aver il primo giudice pronunciato sull’eccezione con cui era stata contestata le genericità delle deduzioni difensive della convenuta, la quale, nel sostenere di aver estinto il credito, non ne aveva indicato le modalità, e per non aver ordinato l’integrazione delle allegazioni difensive della cliente. Trattavasi di violazione di carattere processuale rientrante nel novero dei motivi proponibili in appello ai sensi dell’art. 339 c.p.c., comma 3.

Il motivo è inammissibile.

Il tribunale, dopo aver ribadito che, trattandosi di causa di valore non superiore ad Euro 1100,00 e quindi decisa secondo equità, l’appello era proponibile solo per i motivi di cui all’art. 339 c.p.c., comma 3, ha ritenuto che le censure proposte in giudizio si risolvessero in una critica alla motivazione del provvedimento con cui era stato revocata l’ammissione del giuramento decisorio, senza prospettare la violazione di norme processuali (o costituzionali e comunitarie) e dei principi regolatori della materia.

Secondo il giudice di pace, la formula del giuramento non comprendeva la tesi del debitore, avendo questi eccepito genericamente – che il debito era ormai estinto, mentre il ricorrente aveva chiesto che il giuramento fosse reso in merito all’avvenuto pagamento del debito mediante consegna delle corrispondenti somme di denaro.

In effetti, la deduzione di un vizio processuale – consistente nella mancata rilevazione della genericità delle eccezioni contenute nella comparsa di risposta, e nella conseguente lesione del diritto di difesa, con omissione dell’ordine di integrazione degli atti processuali – era formulata in termini puramente ipotetici e nell’ambito della contestazione della motivazione della decisione appellata, per l’eventualità – già implicitamente smentita dal primo giudice – che la debitrice avesse inteso sostenere di aver adempiuto con mezzi diversi dal denaro (cfr. ricorso, pagg. 9-10).

Espressa in tali termini, la censura non prospettava un vizio che attingesse direttamente la pronuncia sotto il profilo della violazione di specifiche regole processuali, ma faceva dipendere tale violazione dall’erroneità della decisione nel punto in cui aveva stabilito che la causa estintiva dedotta non facesse riferimento al pagamento in denaro (come invece ipotizzato nella formula del giuramento).

Difatti, secondo il ricorrente, in tal caso l’eccezione di prescrizione presuntiva doveva essere specifica e far riferimento ai (diversi) mezzi impiegati dalla debitrice.

In definitiva, la deduzione del vizio processuale era filtrata dalla proposta di una diversa interpretazione del contenuto delle difese formulate dalla convenuta, venendo a tradursi in una critica della motivazione assunta in proposito dal giudice di merito, preclusa in appello ai sensi dell’art. 339 c.p.c., comma 3.

Il ricorso è quindi inammissibile.

Nulla sulle spese, non avendo la resistente svolto difese.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2021

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