Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26083 del 16/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 16/12/2016, (ud. 09/11/2016, dep.16/12/2016),  n. 26083

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13476-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2249/1/2014 della COMMISSIONI TRIBUTARIA

REGIONAle DI FIRINZE, emessa il 17/11/2014 e depositata il

20/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI ROBERTO GIOVANNI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, contro la sentenza indicata in epigrafe che, confermando la decisione di primo grado, aveva rigettato l’appello dell’Ufficio contro la sentenza di primo grado, con la quale era stato accolto il ricorso di M.A., ragioniere commercialista, avverso il silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso per IRAP versata dal 1998 al 2001, ritenendo che la corresponsione di compensi ai commercialisti non aveva dato luogo alla creazione di una struttura autonoma, valendo soltanto a consentire lo smaltimento del lavoro del contribuente.

La parte intimata non ha depositato difese.

Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata. La censura proposta dall’Agenzia, con la quale si prospetta la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, comma 1 e art. 3, lett. c) è infondata.

La CTR ha escluso l’esistenza dei presupposti utili ai fini della debenza dell’IRAP a carico del contribuente ritenendo l’esiguità dei compensi a terzi dallo stesso corrisposti in favore di commercialisti.

Orbene, questa Corte ha sì riconosciuto che “In tema di IRAP, l’impiego non occasionale di lavoro altrui (…) sussiste se il professionista eroga elevati compensi a terzi per prestazioni che riguardano l’esercizio della propria attività, restando indifferente il mezzo giuridico utilizzato e di conseguenza il ricorso a lavoratori dipendenti, a una società di servizi o un’associazione professionale. “cfr. Cass. n. 22674/2014. Ma da tale principio non può evincersi la conclusione, alla quale vorrebbe invece pervenire l’Agenzia, secondo la quale anche l’esistenza di compensi modesti a terzi, quali sono quelli evidenziati dalla CTR nel caso concreto, possa giustificare l’applicazione del detto tributo, traendosi proprio dal carattere pecuniariamente limitato come accertato dal giudice di merito il carattere della non occasionalità che, dunque, elide il presupposto del tributo IRAP. In questa direzione, del resto, le Sezioni Unite di questa Corte hanno di recente chiarito l’irrilevanza, ai fini della configurazione del requisito dell’autonoma organizzazione richiesta per la debenza dell’IRAP di una collaborazione fornita da un soggetto adibito a mansioni di segretaria ovvero meramente esecutive. E nell’affermare tale principio le S.U. hanno precisato che nessuna rilevanza può avere ai fini del requisito dell’autonoma organizzazione “…l’avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui quando questo si concreti nel l’espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive, che rechino all’attività svolta dal contribuente un apporto del tutto mediato o, appunto, generico”. Ciò perchè “…Lo stesso limite segnato in relazione ai beni strumentali “eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione” – non può che valere, armonicamente, per il fattore lavoro, la cui soglia minimale si arresta all’impiego di un collaboratore”. “cfr. Cass. S.U. n. 9451/2016.

Sulla base delle superiori considerazioni il ricorso va respinto.

Nulla sulle spese.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sesta sezione civile, il 9 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2016

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