Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26082 del 17/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/11/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 17/11/2020), n.26082

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20898-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.A. & C. SNC, S.A., S.M.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA A. GRAMSCI 34, presso lo

studio dell’avvocato VINCENZO IOFFREDI, rappresentati e difesi

dall’avvocato FRANCESCO MANCINI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 48/2011 della COMM. TRIB. REG. di CAMPOBASSO,

depositata il 05/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/02/2020 dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK.

 

Fatto

CONSIDERATO

che:

– dalla sentenza impugnata si ricava che:

– con avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2000, l’Amministrazione finanziaria aveva preteso nei confronti della società S. & c. s.n.c. il recupero dell’IVA relativa a fatture per operazioni inesistenti;

– sia la CTP che la CTR per il Molise ritenevano che la contribuente aveva usufruito della sanatoria prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, sicchè la controversia era estinta e l’ufficio non era più abilitato a svolgere attività di accertamento;

– avverso la decisione ricorre per cassazione l’agenzia delle entrate per un unico motivo, cui resiste il contribuente.

Diritto

RITENUTO

che:

– Preliminarmente, rileva la Corte che l’eccezione di inammissibilità del ricorso per “violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3, a seguito dell’assenza del requisito dell’esposizione sommaria dei fatti”, è infondata giacchè, diversamente da quanto sostenuto dalla controricorrente, il ricorso in esame contiene specifiche, intellegibili ed esaurienti argomentazioni idonee a delineare la quaestio juris e a motivatamente censurare le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, anche evidenziandone la contrarietà con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità;

– con l’unico motivo di censura, l’agenzia eccepisce testualmente “violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, coma 9, e falsa applicazione del suo 140 c. (In relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3)”, laddove la CTR aveva ritenuto precluso l’accertamento Iva al fine di stabilire la spettanza del credito dichiarato e portato in detrazione;

– il ricorso è fondato;

– ai fini della definizione della presente controversia, va osservato che la giurisprudenza di legittimità è ormai consolidata nel ritenere che il condono preclude l’azione di accertamento unicamente per i debiti tributari, non anche per i crediti, il recupero dei quali da parte dell’amministrazione finanziaria è sempre ammesso per la sua integralità; si tratta di orientamento formatosi al fine precipuo di contrastare l’uso strumentale del condono in ambito Iva, così da escludere il diritto del contribuente al rimborso Iva in ipotesi illecite; per lo più, come nel caso in esame, di fatturazione di operazioni inesistenti;

– con la sentenza n. 16692/2017, questa Corte a Sezioni unite, con motivazione relativa a richiesta di rimborso, ma estendibile anche al caso del credito esposto in dichiarazione, ha affermato che in generale, nell’ipotesi di operazioni inesistenti, in relazione alle quali sia stato chiesto il rimborso dell’IVA (che l’ufficio ha motivo di ritenere in realtà mai versata), l’erario non è tenuto, per automatico effetto del condono, a procedere al rimborso nè gli è inibito l’accertamento diretto a dimostrare l’inesistenza del diritto al rimborso;

– la Corte ha in particolare precisato che il condono fiscale elide in tutto o in parte, per sua natura, il debito fiscale, ma non opera sui crediti che il contribuente possa vantare nei confronti del fisco, i quali restano soggetti all’eventuale contestazione da parte dell’ufficio;

– ha richiamato, sul punto, quanto ritenuto anche dalla Corte costituzionale nell’ordinanza n. 340/2005, con pronunzia interpretativa di rigetto, per cui “La definizione automatica non modifica l’importo degli eventuali rimborsi e crediti derivanti dalle dichiarazioni presentate ai fini… dell’imposta sul valore aggiunto”; la quale disposizione deve essere interpretata nel senso che nessuna modifica di tali importi può essere determinata dalla definizione automatica; non nel senso che questa sottragga all’ufficio il potere di contestare il credito, ad es., per accertata inesistenza dell’operazione commerciale da cui esso deriverebbe” (Cass. 12 gennaio 2009, n. 375; conforme Cass. 5 febbraio 2014, n. 2597), nonchè la lettura della normativa offerta dalla Corte giust. 17 luglio 2008, causa C-132/06, che ha ritenuto la L. n. 289 del 2002, artt. 8 e 9, nella misura in cui integrano una rinuncia generale e indiscriminata all’accertamento delle operazioni imponibili effettuate nel corso di una serie di periodi di imposta, incompatibili con il diritto comunitario (si veda a questo proposito Cass. 26 ottobre 2011, n. 22250, che ha affermato che il contribuente che abbia aderito al condono previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, per definire la controversia con l’Amministrazione finanziaria relativa alla mancata presentazione della dichiarazione annuale per IVA, è comunque tenuto al pagamento delle sanzioni previste in generale per l’omessa dichiarazione, stante la conclusione della Corte di giustizia); la mancata definizione del tributo, e l’effetto della definizione di cui all’art. 15 limitato alla “transazione” della lite (potenziale) in relazione al debito fiscale, rendono indipendente il rapporto giuridico relativo ai crediti che il contribuente possa vantare nei confronti del fisco, i quali restano così soggetti all’eventuale contestazione da parte dell’ufficio;

– in questo quadro, si legge nella sentenza, va letta l’ordinanza del giudice delle leggi richiamata, secondo cui la norma di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 10, “preclude bensì l’accertamento dei debiti tributari dei contribuenti che hanno ottenuto il condono, ma non impedisce l’accertamento dell’inesistenza dei crediti posti a base delle richieste di rimborso, data la natura propria del condono, che incide sui debiti tributari dei contribuenti e non sui loro crediti”, e “pertanto, nell’ipotesi di operazioni inesistenti per le quali non sia stata versata l’IVA e per le quali sia stato richiesto il rimborso dell’imposta, le censurate disposizioni non impongono affatto all’erario di procedere al rimborso, nel caso di intervenuto condono fiscale, nè inibiscono accertamenti diretti a dimostrare l’inesistenza dell’invocato diritto al rimborso” (Corte Cost. 27 luglio 2005, n. 340 ha precisato che: – la L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 9, va inteso nel senso che il condono non influisce di per sè sull’ammontare delle somme chieste a rimborso, non impone al contribuente la rinuncia al credito e non impedisce all’erario di accogliere tali richieste, allorchè la pretesa di rimborso sia riscontrata fondata; – il successivo comma 10 preclude l’accertamento dei debiti dei contribuenti che hanno ottenuto il condono, ma non quello dell’inesistenza dei crediti posti a base delle richieste di rimborso);

– in accoglimento del ricorso la controversia va rinviata per un nuovo esame ad altra sezione della CTR per il Molise da effettuarsi alla luce dei principi sopraccitati;

– la stessa CTR provvederà anche al governo delle spese di questa fase di giudizio.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione: accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della CTR per il Molise.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2020

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