Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2608 del 28/01/2022

Cassazione civile sez. trib., 28/01/2022, (ud. 14/12/2021, dep. 28/01/2022), n.2608

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7274/2017 proposto da:

G.M., elettivamente domiciliato in Roma Piazza Cavour

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’Avvocato Giannini Rosella;

– ricorrente –

contro

Consorzio Bonifica Tevere Nera, elettivamente domiciliato in Roma Via

Panama N. 86 presso lo studio dell’avvocato Ranalli Giovanni che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 371/2016 della COMM. TRIB. REG., UMBRIA,

depositata il 08/08/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/12/2021 dal Consigliere Dott. MONDINI ANTONIO.

 

Fatto

PREMESSO

che:

1. G.M., titolare di immobili nel comprensorio del Consorzio di Bonifica Tevere Nera, ricorre, con tre motivi, per la cassazione delle sentenze emesse dalla CTR dell’Umbria l’8 agosto 2016 con n. 370 e con n. 371, con le quali sono state ritenute legittime le cartelle di pagamento e gli avvisi di pagamento notificati ad esso ricorrente dal Consorzio, in riferimento, rispettivamente, al contributo consortile per l’anno 2006 e al contributo consortile per l’anno 2009. La CTR, per quanto rileva, ha precisato che, a fronte delle contestazioni mosse dall’odierno ricorrente alle decisioni di primo grado “nella parte in cui avrebbe(ro) posto a carico del contribuente e non del consorzio l’onere della prova della sussistenza del richiesto beneficio diretto e specifico”, in primo luogo, doveva tenersi conto della previsione della L.R. dell’Umbria 13 novembre 2008, n. 16, art. 8, comma 2, in forza delle quali “l’inciso “diretto e specifico” con cui era aggettivato il “beneficio” sia dalla L.R. n. 4 del 1990, art. 12, che dalla L.R. n. 30 del 2004, art. 19, comma 4, è stato abrogato”, in secondo luogo, il Consorzio “oltre ad individuare cartograficamente nel perimetro di contribuenza gli immobili dell’appellante ha prodotto documentazione dalla quale risulta il beneficio tratto da ciascuno” ed “ha correttamente assolto l’onere della prova del richiesto beneficio diretto e specifico” mediante “le relazioni depositate in cui è dato atto delle opere di manutenzione relative ai corsi d’acqua effettuate”.

La CTR ha altresì “disatteso il riferimento alla ipotizzata valenza di giudicato esterno di precedenti, in linea con quanto enunciato da Cass. sez. trib. n. 2823/05”;

2. il Consorzio resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. il primo motivo di ricorso è rubricato “violazione del R.D. n. 215 del 1933, art. 3, comma 4, art. 7, comma 4, artt. 10,11 e ss., dell’art. 860 c.c. e degli artt. 23,44 e 117 Cost.”. Il ricorrente sostiene che la CTR ha “ritenuto legittima una pretesa contributiva dichiaratamente sganciata dall’eventuale beneficio concreto derivante ad uno o più immobili del comprensorio dalle opere o dall’attività dell’ente” e ciò malgrado che esso ricorrente avesse, “sin dalle prime cure dedotto anche l’illegittimità del criterio impositivo in base al quale gli immobili sono stati assoggettati a contribuzione… per la mancanza in ogni caso di ogni correlazione tra il tributo imposto ed un vantaggio fondiario concreto”, avesse, inoltre, “ribadito che anche laddove si fosse accertato che un reale vantaggio era derivato ad uno o più dei suoi fondi dall’attività dell’ente, insuperabile sarebbe rimasto il rilievo che questi erano stati sottoposti a contribuzione non in ragione di tale beneficio ed in proporzione ad esso bensì degli indici e coefficienti meramente teorici mediante i quali il consorzio modula e impone la propria pretesa che varia sostanzialmente in funzione dei fondi e delle rendite catastali”. Sostiene infine che sia “ininfluente” “l’abrogazione delle parole “diretto e specifico” (perché essa) non elimina affatto, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di merito, la necessità dell’esistenza di un beneficio fondiario concreto”;

2. con il secondo motivo di ricorso viene lamentato l'”omesso esame del fatto decisivo, discusso tra le parti, costituito dalla mancanza di ogni correlazione tra l’eventuale beneficio fondiario concreto arrecato da opere o attività consortili individuate ed il tributo imposto”;

3. con il terzo motivo di ricorso viene lamentata la violazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 115 c.p.c.. Il ricorrente deduce di avere “segnalato fin dalle prime cure le pronunce di legittimità già emesse in fattispecie analoghe nei confronti del medesimo consorzio nonché l’esistenza di una precedente decisione di merito tra le stesse parti (allegata ad entrambi i ricorsi introduttivi del primo grado rispettivamente come nn. 3 e 5), eseguita e passata in giudicato, con la quale la contribuzione de quo -seppure relativamente ad una diversa annualità – era stata dichiarata illegittima in virtù della mancanza di opere rilevanti per i fondi oggetto anche del presente giudizio”;

4. in via preliminare, riguardo alla ammissibilità – contestata dal Consorzio – del proposto ricorso cumulativo, vale quanto segue: le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 3692/2009 ebbero ad affermare il principio – poi ribadito più volte più volte (ad esempio, Cass. 4595/2017; n. 8075/2013) – secondo cui “in materia tributaria è ammissibile – fermi restando gli eventuali obblighi tributari del ricorrente, in relazione al numero dei provvedimenti impugnati – il ricorso cumulativo avverso più sentenze emesse tra le stesse parti, sulla base della medesima “ratio”, in procedimenti formalmente distinti ma attinenti allo stesso rapporto giuridico d’imposta, pur se riferiti a diverse annualità, ove i medesimi dipendano per intero dalla soluzione di una identica questione di diritto comune a tutte le cause, in ipotesi suscettibile di dar vita ad un giudicato rilevabile d’ufficio in tutte le cause relative al medesimo rapporto d’imposta”; questa affermazione, che si fonda su ragioni di economia processuale (art. 111 Cost.), può essere estesa al caso di specie in cui tutte le sentenze impugnate, emesse tra le stesse parti, pur se relative a rapporti giuridici d’imposta diversi, si incentrano sulla questione di diritto, unica e sempre identica in tutte le cause, relativa alla avvenuta dimostrazione da parte del Consorzio della esistenza di un beneficio qualificato come diretto e specifico – ciò, segnatamente anche in riferimento alla pretesa per l’anno 2009 rispetto alla quale tale qualificazione era stata resa non più necessaria per effetto della L.R. dell’Umbria n. 16 del 2008, art. 8, comma 2. Il ricorso che occupa è dunque ammissibile;

5. la questione sollevata col terzo motivo di ricorso, della “esistenza di una precedente decisione di merito tra le stesse parti (allegata ad entrambi i ricorsi introduttivi del primo grado rispettivamente come nn. 3 e 5), eseguita e passata in giudicato con la quale la contribuzione de quo – seppure relativamente ad una diversa annualità – era stata dichiarata illegittima in virtù della mancanza di opere rilevanti per i fondi oggetto anche del presente giudizio”, è preliminare rispetto ad ogni altra;

6. la questione è infondata.

La sentenza a cui il ricorrente fa riferimento, resa dalla CTP di Terni il 29 gennaio 2008, n. 266, non può ritenersi vincolante.

Non è provato si tratti di sentenza passata in giudicato: la copia della sentenza prodotta dal contribuente manca, infatti, dell’attestazione del segretario della commissione tributaria (v. Cass. 3621/2019), di passaggio in giudicato della sentenza stessa.

Si ricorda quanto, in tema, è stato da questa Corte affermato: “Nel processo tributario, in mancanza di una previsione specifica sulla certificazione del passaggio in giudicato della sentenza, va applicato per “analogia legis”, secondo la previsione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, l’art. 124 disp. att. c.p.c., sicché è necessario che il segretario della commissione tributaria, provinciale o regionale, certifichi, in calce alla copia della sentenza contenente la relazione della notificazione alla controparte o alla copia della sentenza non notificata, che nei termini di legge non è stata proposta impugnazione” (Cass. n. 3621 del 07/02/2019). Ed ancora: “affinché il giudicato esterno possa fare stato nel processo è necessaria la certezza della sua formazione, che deve essere provata, pur in assenza di contestazioni, attraverso la produzione della sentenza munita del relativo attestato di cancelleria” (Cass. 15850 dell’08/06/2021; Cass. n. 20974 del 23/08/2018).

Peraltro, il preteso effetto di giudicato dovrebbe essere escluso anche considerando che, da un lato, nel ricorso per cassazione e nella sentenza impugnata non sono indicati gli estremi catastali dei terreni assoggettati a tassazione con gli avvisi e le cartelle oggetto del presente giudizio, dall’altro lato, nella sentenza evocata dal contribuente non sono indicati gli estremi catastali dei terreni oggetto di quella controversia. Dacché l’impossibilità di stabilire se una qualsiasi statuizione resa dalla CTP di Terni nella sentenza di 266 del 29 gennaio 2008 con riguardo a questi ultimi terreni sia riferibile anche ai primi terreni.

L’effetto di giudicato dovrebbe essere altresì escluso sul rilievo che nella sentenza della CTP di Terni non vi è affatto un positivo accertamento della “mancanza di opere rilevanti per i fondi oggetto anche del presente giudizio”. La CTP si è limitata ad affermare che il Consorzio non aveva provato “di avere realizzato nell’anno cui si riferisca la richiesta di contributo (il 2004) delle specifiche opere totalmente nuove alle quali collegare il beneficio diretto della proprietà della parte contribuente”;

7. il terzo motivo di ricorso deve essere rigettato;

8. il primo motivo di ricorso è inammissibile.

La doglianza secondo cui la CTR avrebbe “ritenuto legittima una pretesa contributiva dichiaratamente sganciata dall’eventuale beneficio concreto derivante ad uno o più immobili del comprensorio dalle opere o dall’attività dell’ente” si risolve in un’affermazione attinente al merito e contrastante con quanto accertato dalla CTR (il Consorzio “oltre ad individuare cartograficamente nel perimetro di contribuenza gli immobili dell’appellante ha prodotto documentazione dalla quale risulta il beneficio tratto da ciascuno”, “ha correttamente assolto l’onere della prova del richiesto beneficio diretto e specifico” mediante “le relazioni depositate in cui è dato atto delle opere di manutenzione relative ai corsi d’acqua effettuate”).

L’asserto per cui “sin dalle prime cure” sarebbe stata “dedotta anche l’illegittimità del criterio impositivo in base al quale gli immobili sono stati assoggettati a contribuzione… per la mancanza in ogni caso di ogni correlazione tra il tributo imposto ed un vantaggio fondiario concreto” e per cui sarebbe stato “ribadito che anche laddove si fosse accertato che un reale vantaggio era derivato ad uno o più dei fondi (de quibus) dall’attività dell’ente, insuperabile sarebbe rimasto il rilievo che questi era stati sottoposti a contribuzione non in ragione di tale beneficio ed in proporzione ad esso bensì degli indici e coefficienti meramente teorici mediante i quali il consorzio modula e impone la propria pretesa che varia sostanzialmente in funzione dei fondi e delle rendite catastali”, non ha attinenza con quanto affermato della CTR e che, per di più, per la parte in cui non costituisce mera riproposizione del primo asserto, si risolve in una contestazione non delle cartelle impugnate ma specificamente del piano di contribuzione (R.D. n. 215 del 1933, art. 11).

Infine, la doglianza per cui “l’abrogazione delle parole “diretto e specifico” non elimina affatto, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di merito, la necessità dell’esistenza di un beneficio fondiario concreto”, è del tutto priva di correlazione con la sentenza impugnata nella quale, come già detto, la CTR ha dato conto di avere verificato essere stato dal Consorzio “correttamente assolto l’onere della prova del richiesto beneficio diretto e specifico”;

9. del pari inammissibile è il secondo motivo di ricorso.

Esso veicola una doglianza che, pur se inquadrata nella prospettiva dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riproduce i contenuti, inquadrati nella prospettiva del primo motivo, medesimo comma 1, n. 3;

10. in ragione di quanto precede, il ricorso deve essere rigettato;

11. le spese seguono la soccombenza.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere al Consorzio di Bonifica Tevere-Nera le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 500,00, oltre spese forfetarie, accessori di legge e oltre Euro200,00 per esborsi;

ai sensi del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, a carico del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, a norma dello stesso articolo, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio svolta con modalità da remoto, il 14 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2022

 

 

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