Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2608 del 05/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 05/02/2020, (ud. 08/11/2019, dep. 05/02/2020), n.2608

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso 23699-2014 proposto da:

GESPAR SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CASTRO PRETORIO 122, presso

le studio dell’avvocato TONIO DI IACOVO, oVe lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ANDREA RUSSO giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

PARMA GESTIONE ENTRATE SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AQUILEIA 12, presso

lo studio dell’avvocato LUCA GIORDANO, rappresentato e difeso

dall’avvocato DOMENICO DE MICHELE, giusta delega in calce;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI PARMA;

– intimati –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, UFFICIO TERRITORIO DI NAPOLI, in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 885/2014 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 12/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/11/2019 dal Consigliere Dott. COSMO CROLLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso per l’inammissibilità 1-

subordine rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato DI IACOVO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato DE MICHELE che ha chiesto il

ricetta in subordine inammissibilità.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con tre separati ricorsi proposti davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Parma Gespar spa impugnava: 1) il provvedimento di diniego di revisione della rendita catastale di cinque parcheggi, realizzati in autosilos, ubicati nel territorio del Comune di Parma, emesso in data 11/12/2008 dall’Agenzia del Territorio, la quale aveva confermato la categoria catastale D/8 degli immobili in oggetto; 2) l’avviso di accertamento ICI per l’anno 2007, emesso da Parma Gestione Entrate spa (di seguito indicata per brevità PGE), concessionaria per l’accertamento, liquidazione e riscossione di tutte le entrate tributarie del Comune di Parma, in relazione ai medesimo immobili adibiti a parcheggio; 3) l’avviso di accertamento ICI per l’anno 2008, anch’esso emesso da PGE in relazione ai predetti immobili. La ricorrente deduceva l’illegittimità sia dell’atto emesso dall’Agenzia del Territorio di Parma con attribuzione della rendita catastale, sia degli atti di accertamento emessi da PGE, per conto del Comune di Parma, fondati sul passaggio della categoria catastale dal E/3 a quella D/8.

1.1. La CTP, riuniti i ricorsi, li accoglieva ritenendo che gli immobili adibiti a parcheggi dovessero essere ricompresi nella categoria E/3 con riconoscimento della deroga contributiva ai fini ICI ai sensi del D.Lgs. n. n. 504 del 1992, art. 7, lett. b).

1.2. La sentenza veniva impugnata sia da PGE che dall’Amministrazione finanziaria: erano incardinati due giudizi di appello il n. 1319/13 RG e il n. 1061/13 RG che non venivano riuniti; la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, nel procedimento n. 1061/13 RG, con sentenza n. 885/2014 accoglieva sia l’appello principale, ritenendo che gli autosilos oggetto di causa dovessero essere inquadrati nella categoria D/8, sia l’appello incidentale proposto dalla contribuente per l’applicazione delle sanzioni, rilevando che all’epoca dei fatti i fabbricati erano già iscritti sotto la categoria D/8 e già muniti di rendita catastale, sicchè non sussisteva l’obbligo di presentare la dichiarazione ICI.

1.3 Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per Cassazione la parte privata affidandosi a sei motivi. Si è costituita PGE, depositando controricorso mentre l’Agenzia delle Entrate si è costituita oltre i termini ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Con ordinanza del 23.1.2019 veniva disposta la trattazione del ricorso alla pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per error in procedendo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, non avendo la CTR provveduto all’integrazione del contraddittorio nei confronti del Comune di Parma al quale erano stati notificati dalla contribuente i ricorsi aventi ad oggetto gli avvisi di accertamento n. (OMISSIS) n. (OMISSIS) e (OMISSIS) n. (OMISSIS) ma non l’atto di appello proposto da Agenzia delle Entrate.

1.1 Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per non avere il giudice di seconde cure rilevato l’improcedibilità dell’autonomo appello proposto da PGE. In particolare si sostiene che la concessionaria, destinataria dell’appello alla sentenza di primo grado da parte dell’Agenzia delle Entrate, invece che costituirsi in giudizio proponendo appello incidentale, ha proposto autonomo gravame i due giudizi che ne sono conseguiti non sono stati riuniti in violazione degli artt. 333 e 335 c.p.c..

1.2 Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 346 e 329 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, per non per avere la CTR omesso di rilevare il giudicato interno formatosi su un serie di eccezioni relative all’annullamento degli avvisi non decise dal giudice di primo grado in quanto assorbite e non oggetto di specifica censura da parte dell’appellante.

1.3 Con il quarto motivo la ricorrente censura la sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, in quanto la motivazione sarebbe apparentemente idonea a giustificare la decisione assunta.

1.4 Con il quinto motivo si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 143, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la CTR, ritenendo che la gestione imprenditoriale di tipo privato esclude i connotati del servizio pubblico, ai fini dell’inquadramento dei beni sotto la categoria E/3 esente da ICI, non avrebbe correttamente applicato la disposizione di cui all’art. 143 codice degli appalti che ammette la realizzazione da parte di privati di opere pubbliche gestite in regime di concessione.

1.5 Con il sesto motivo la sentenza viene criticata per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma, 1 n. 4, non essendosi la CTR pronunciato sulla possibilità del contribuente di modificare il classamento tramite la proposizione di una nuova Docfa quando la situazione di fatto e di diritto ab origine denunciata non sia veritiera.

2. Va preliminarmente disattesa l’istanza di inammissibilità del ricorso e/o cessazione della materia del contendere avanzata dalla resistente sulla scorta di asseriti accordi, mai perfezionatisi, che in ogni caso riguardano anni di imposta successivi a quelli per cui è causa.

3. Il primo motivo è infondato.

3.1 Risulta accertato in punto di fatto che i ricorsi con i quali Gespar spa ha impugnato gli avvisi di accertamento n. (OMISSIS) del 2007 e n. (OMISSIS) del 2008 e che hanno dato origine ai procedimenti n. 562/09 RGR e n. 1064/10 RGR sono stati notificati oltre che a PGE, in qualità del servizio di gestione, accertamento e riscossione delle entrate comunali, anche al Comune di Parma il quale è rimasto contumace per tutto il giudizio svoltosi davanti alla Commissione Tributaria Provinciale. Il ricorso proposto nei confronti di Agenzia delle Entrate con il quale si è incardinato il diverso giudizio di revisione della rendita catastale n. 239/2009 RGR è stato notificato nei soli confronti di Agenzia delle Entrate nella qualità di unico legittimato passivo della domanda avverso il provvedimento di rigetto della domanda di attribuzione di diverso classamento. 3.2 Dunque il Comune di Parma non è parte in tale giudizio e, pertanto, non doveva essere destinatario della notifica dell’atto di appello. Non sussistono, quindi i presupposti per disporre l’integrazione del contraddittorio davanti alla Commissione Tributaria Regionale.

4. Il secondo motivo è destituito di fondamento.

4.1 L’appello di PGE alla sentenza della CTP, depositata in data 31.10.2012 e il successivo all’appello di Agenzia delle Entrate risultano tempestivi sia come appello principale che come appello incidentale.

4.2 L’art. 335 c.p.c., norma di chiusura della disciplina destinata ad assicurare l’unità del procedimento di impugnazione, prevede che “tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza debbono essere riunite, anche d’ufficio, in un solo processo”.

4.3 Nel caso di specie i due appelli, pur non essendo stati riuniti, sono stati trattati, discussi e decisi contemporaneamente con identiche motivazioni e dispositivi.

4.4 Secondo il condivisibile orientamento di questa Corte “l’inosservanza, da parte del giudice di appello, dell’obbligo di riunire, in un unico procedimento, i gravami separatamente proposti contro la medesima sentenza non spiega effetti quando, malgrado la formale mancanza di un provvedimento di riunione, dette impugnazioni abbiano sostanzialmente avuto uno svolgimento unitario, in quanto – come nella specie – chiamate alla stessa udienza, nonchè contestualmente discusse e decise dallo stesso collegio con il medesimo relatore, così restandosi nell’ambito della mera redazione separata di due pronunce per una decisione di tipo unitario (salva, poi, la facoltà di riunione dei ricorsi che siano stati proposti contro di esse). La decisione di una delle impugnazioni non precedentemente riunite, inoltre, non determina l’improcedibilità delle altre, sempre che non si venga a formare il giudicato sulle questioni investite da queste ultime, dovendosi attribuire prevalenza – in difetto di previsioni sanzionatorie da parte dell’art. 335 c.p.c. – alle esigenze di tutela del soggetto che,ha proposto l’impugnazione rispetto a quelle della economia processuale e della teorica armonia dei giudicati”. (Cass. n. 10696/2019 e 20514 /2016).

5. Manifestamente infondato è il terzo motivo.

5.1 Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, stabilisce che “le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza della Commissione tributaria provinciale che non sono state specificamente riproposte in appello si intendono rinunciate”.

5.2 Avuto riguardo alla struttura del processo tributario, tutti i motivi di impugnazione dell’avviso di accertamento fatti valere dalla Gespar spa nel ricorso introduttivo del giudizio incardinato presso la Commissione Tributaria Provinciale,(in particolare le censure relative alla motivazione dell’avviso, alla mancata soggettività passiva ai fini ICI le obiettive condizioni di incertezza di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3), non accolti o assorbiti dalla sentenza,avrebbero dovuto essere riproposti non dall’ente impositore appellante, resistente nel giudizio di primo grado, ma, attraverso l’appello incidentale condizionato, dal contribuente appellato, ricorrente nel giudizio di primo grado. Le suesposte considerazioni trovano convalida giurisprudenziale nel seguente principio enunciato dalla Suprema Corte “in tema di contenzioso tributario, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, nel prevedere che le questioni e le eccezioni non accolte in primo grado, e non specificamente riproposte in appello, si intendono rinunciate, fa riferimento – come il corrispondente art. 346 c.p.c. – all’appellato, e non all’appellante; pertanto, avuto riguardo al carattere impugnatorio del giudizio, alla qualità di attore in senso sostanziale rivestita dall’Ufficio ed all’indisponibilità della pretesa, alla quale l’Amministrazione non può rinunciare se non nei limiti di esercizio di autotutela, qualora l’Amministrazione sia soccombente in primo grado per un profilo preliminare di legittimità formale dell’atto, dalla circostanza che l’appello proposto abbia per oggetto solo la suddetta statuizione non può desumersi la rinuncia a far valere la pretesa tributaria.-(cfr.Cass. n.10906/2016 e n. 13695/2009).

5.3 Il giudicato interno si è quindi formato non sulle pretesa di PGE di non applicazione del tributo ICI ma sulla decadenza di Gespar spa, derivante da r una presunzione di rinuncia del diritto al riesame dei profili di censura dell’avviso di accertamento non esaminati dal giudice di primo grado.

6. Il quarto motivo non coglie nel segno.

6.1 E’ ormai noto come Le Sezioni Unite (sentenza n. 8053 del 2014) abbiano fornito una chiave di lettura della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, nel senso di una riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, con conseguente denunciabilità in cassazione della sola “anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”.

6.2 Nel caso di specie la sentenza non è connotata da tali deficienze in quanto la CTR, sia pur con motivazione stringata, ha dato conto degli elementi e delle ragioni dell’inquadramento in categoria D/8 anzichè E/3 dell’area adibita a parcheggio con conseguente inapplicabilità del regime di esonero dall’ICI ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. b).

6.3 In particolare i giudici di seconde cure, uniformandosi al consolidato indirizzo di questa Corte (cfr. Cass. n. 20026/15, n. 7868/2016, n. 4223/2019) e facendo riferimento al D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 40, hanno attribuito valenza decisiva all’autonomia funzionale e reddituale degli autosilos e all’attività di natura commerciale della società pur essendo la stessa svolta in manufatti eretti su suolo pubblico dato in concessione ed pur in presenza di vincoli tariffari approvati dall’ente pubblico.

7. Il quinto motivo è infondato in quanto la CTR ha in ogni caso correttamente ritenuto ininfluente, ai fini dell’inquadramento catastale dell’area di parcheggio in D/8, la destinazione dell’attività, gestita dalla Gespar spa in forma imprenditoriale, anche ad pubblico servizio

7.1 Infondato è,infine, l’ultimo motivo con il quale la ricorrente fa valere il vizio di omessa pronuncia sulla domanda avente ad oggetto possibilità del contribuente di modificare il classamento tramite la proposizione di una nuova Docfa quando la situazione di fatto e di diritto ab origine denunciata non sia veritiera.

7.2 Secondo la consolidata giurisprudenza dalla quale non vi è motivo di discostarsi ” ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia “(Cass. 20311/2011, 24155/2017).

7.3 La CTR inquadrando gli autosilos nella categoria D/8 si è implicitamente pronunciata sulla fondatezza del provvedimento di rigetto della richiesta di revisione catastale.

8 In conclusione il ricorso va rigettato.

9 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in favore del solo concessionario in quanto l’Agenzia delle Entrate sia pur costituita non ha svolto alcuna attività difensiva.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in Euro 7.500 in favore della parte costituita oltre rimborso forfettario ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 8 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2020

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