Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2608 del 04/02/2010

Cassazione civile sez. I, 04/02/2010, (ud. 26/11/2009, dep. 04/02/2010), n.2608

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Consorzio di Bonifica Sud Bacino Moro – Sangro Sinello e Trigno in

persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in Roma,

Via L. Pisano 16, presso gli avv. GUZZO Arcangelo e Claudio Martino,

che lo rappresentano e difendono giusta delega in atti;

– ricorrente e controricorrente –

contro

D.I.I. in proprio e quale erede di D.I.C.,

elettivamente domiciliata in Roma, Viale G. Mazzini 140, presso

l’avv. Flavia Urciuoli, rappresentata e difesa dall’avv. MANCINI

Maria Grazia giusta delega in atti;

– controricorrente ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Corte d’appello dell’Aquila n. 141/03 del

13.3.2003.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

26.11.2009 dal Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;

Uditi gli avv. Guzzo per il ricorrente e Mancini per D.I.;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale

e l’accoglimento dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 2.6.1994 D.I.C. e I. convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Vasto il Consorzio di Bonifica Sud – Bacino Moro, Sangro, Sinello e Trigno, per sentir dichiarare non dovute le somme risultanti da quattro cartelle esattoriali (rispettivamente per L. 59.250, L. 16.480, L. 500.400, L. 33.800).

Tali somme erano state pretese a titolo di contributo consortile per gli anni 1992 e 1993, ma secondo le attrici non sarebbero state dovute in ragione del fatto che i terreni di loro proprietà non avrebbero beneficiato degli impianti idrici realizzati grazie al Consorzio, poichè dotati di pozzi artesiani.

Detto assunto, contrastato dal Consorzio costituitosi in giudizio, veniva condiviso dal tribunale, che dichiarava pertanto non dovuti gli importi di cui era stato sollecitato il pagamento.

La decisione, impugnata, veniva poi confermata in sede di gravame dalla Corte di appello dell’Aquila. Questa in particolare rilevava un vizio di ultrapetizione nella sentenza in esame; riteneva tuttavia di doversi pronunciare sulla domanda di affermazione circa l’insussistenza dei presupposti per l’assoggettabilità dei terreni delle attrici alla contribuzione consortile, per effetto dell’appello incidentale proposto dalla D.I.; escludeva la configurabilità di una posizione debitoria di quest’ultima per l’inesistenza di benefici derivanti dalle opere di bonifica; addebitava al Consorzio l’onere probatorio circa l’eventuale esistenza di vantaggi per i terreni in questione; dichiarava infine infondata la domanda di ripetizione dei contributi riscossi dal Consorzio, in mancanza di prova dei relativi pagamenti.

Avverso la detta sentenza il Consorzio proponeva ricorso per cassazione deducendo due motivi, cui resisteva D.I., in proprio e quale erede di C., con controricorso contenente anche ricorso incidentale affidato ad un motivo, a sua volta resistito con controricorso.

La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 26.11.2009.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c., e prendendo dapprima in esame quello principale, osserva il Collegio che con i motivi di impugnazione il Consorzio ha rispettivamente denunciato:

1) violazione delle regole sull’onere della prova, per il fatto che la natura di atto amministrativo del provvedimento posto a base della pretesa creditoria, unitamente all’inserimento dei terreni di proprietà della D.I. nel Piano di Classifica per il Riparto della Contribuenza nelle bonifiche in corso, avrebbe determinato una presunzione probatoria a favore del Consorzio creditore.

2) violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento all’affermata esclusione di benefici riconducibili all’impianto di irrigazione realizzato dal Consorzio sui terreni della D.I. in ragione della intervenuta realizzazione di pozzi privati.

La Corte Territoriale non avrebbe infatti debitamente considerato, da una parte, che la fonte di approvvigionamento idrico costituita dall’impianto collettivo consortile avrebbe determinato di per sè un valore aggiunto del terreno e, dall’altra, che i connotati pubblicistici dei Consorzi di bonifica e della relativa contribuzione avrebbero escluso la loro configurabilità sul piano privatistico, e ad essi il privato non avrebbe potuto discrezionalmente sottrarsi.

Con il ricorso incidentale D.I. ha a sua volta denunciato vizio di motivazione, in relazione al rigetto della domanda di restituzione degli importi versati a titolo di contribuzione consortile.

La Corte si era invero espressa negativamente sul punto ritenendo la richiesta sfornita di prova, ma la decisione sarebbe errata per l’avvenuta produzione di cartelle esattoriali con le rispettive ricevute di pagamento, quanto meno dal 1993/1994 al 1999.

Osserva il Collegio che entrambi i ricorsi non possono essere accolti.

Quanto a quello principale, i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente perchè fra loro connessi, si rileva infatti che la questione oggetto di controversia non riguarda tanto l’esistenza o meno di una presunzione di beneficio per le aree insistenti nell’ambito del perimetro del Consorzio di Bonifica, quali incontestabilmente quelle di proprietà della D.I., ma piuttosto quella relativa all’esistenza di un concreto vantaggio per le originarie attrici derivante dall’appartenenza delle aree in questione al Consorzio, negato dalla Corte di appello in ragione dell’accertata preesistenza di pozzi artesiani.

In particolare la Corte di merito, correttamente richiamando i principi più volte affermati da questa Corte (C. 09/8770, C. 98/10903, C. 98/9439, C. 98/968, C. 96/8960, C. 96/4144), ha rilevato che il potere impositivo del Consorzio di bonifica presuppone, oltre all’ubicazione dell’immobile nel perimetro consortile, anche l’esistenza del beneficio di cui al R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 10; che a tal fine è necessario uno specifico giovamento maturato in relazione ad un rapporto causale con le opere di bonifica; che nella specie tale nesso è insussistente, atteso che i fondi appartenenti alla D.I. sono stati “dotati, sin dal 1958, di pozzi artesiani, di pozzi alla romana, e di un adeguato sistema irriguo e di sollevamento dell’acqua, e non utilizzano, di conseguenza, le opere successivamente realizzate dal Consorzio”.

Si tratta dunque di valutazione di merito (quella relativa all’inesistenza di concreti vantaggi per i fondi della D.I.) adeguatamente motivata sulla base dei parametri indicati dal giudice di legittimità, per di più contrastati con argomenti generici e relativamente pertinenti. Ed invero, a fronte di una decisione incentrata sull’affermata legittimità della pretesa di pagamento del contributo consortile solo ove sussistente uno specifico vantaggio per il fondo onerato – vantaggio nella specie non riscontrato -, il ricorrente si è limitato a richiamare: l’esistenza della presunzione di beneficio a fronte della delimitazione del perimetro di contribuenza (superata per effetto del giudizio in senso contrario della Corte territoriale); la presunzione di legittimità caratterizzante gli atti amministrativi; la violazione dei principi vigenti nell’ambito del sistema della bonifica connotati da riflessi marcatamente pubblicistici; l’astratta utilità – e quindi il vantaggio di carattere generale – determinato dalla realizzazione dell’impianto irriguo di bonifica, offrendo pertanto una serie di prospettazioni che non appaiono in sintonia con la ragione della decisione.

E’ analogamente privo di pregio poi, come detto, il ricorso incidentale.

La Corte di appello ha infatti ritenuto infondata la richiesta di ripetizione di somme asseritamente versate al Consorzio, per carenza di prova al riguardo, e la D.I. ha censurato la statuizione sostenendo l’esistenza di prova documentale in atti, rappresentata “dalla effettuata produzione delle cartelle esattoriali con relative ricevute/quietanze di pagamento, quantomeno dal 1993/1994”.

Tuttavia la deduzione, oltre ad essere connotata da genericità, non è autosufficiente perchè la ricorrente non ha indicato in quale circostanza avrebbe prodotto la documentazione asseritamente rilevante, non ne ha descritto il relativo contenuto, non ha evidenziato la connessione esistente fra i documenti in questione e la pretesa creditoria fatta valere, tale cioè da determinare l’accoglimento della domanda di ripetizione, una volta accertata l’esistenza della documentazione richiamata.

Conclusivamente va rigettato il ricorso principale, poichè infondato, e dichiarato inammissibile quello incidentale, per difetto di autosufficienza.

Le spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, vanno infine poste a carico del Consorzio, attesa la marginalità del ricorso incidentale rispetto alle questioni poste con il ricorso principale.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi, rigetta quello principale, dichiara inammissibile l’incidentale e condanna il Consorzio al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2010

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