Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26079 del 17/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/11/2020, (ud. 06/11/2019, dep. 17/11/2020), n.26079

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26034-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

U.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 759/2015 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 05/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/11/2019 dal Consigliere Dott. VENEGONI ANDREA.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

La contribuente U.M. impugnava l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) relativo all’anno di imposta 2008 con cui, ai fini delle imposte dirette, le veniva attribuito, con metodo sintetico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38 ed al D.M. 10 settembre 1992, maggior reddito sulla base di indici di capacità contributiva incompatibili con il reddito dichiarato e spese per incrementi patrimoniali.

La stessa contestava le modalità con cui l’ufficio aveva proceduto ad accertare il maggior reddito e la rilevanza degli elementi presi in considerazione.

La CTP di Treviso accoglieva il ricorso.

L’ufficio proponeva appello sia sotto profili attinenti alla motivazione della sentenza, che sotto profili di fatto.

La CTR del Veneto respingeva l’appello.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre a questa Corte l’ufficio sulla base di tre motivi.

La contribuente non ha svolto difese, restando intimata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Con il primo motivo l’ufficio deduce nullità della sentenza per omessa motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

La sentenza non permette di comprendere il percorso logico seguito per giungere alla conclusione assunta, ma si basa su affermazioni apodittiche. Lo stesso è infondato.

Va premesso che l’accertamento si basava su elementi quali il possesso di una autovettura, di un immobile e sulla spesa di Euro 50.000 per l’acquisto di un immobile nel 2008.

La contribuente aveva eccepito che 20.000 Euro rappresentavano un prestito dal cognato (allegando un assegno circolare), che l’autovettura era stata venduta, che l’immobile era stato acquistato con un mutuo.

Ora, ai fini della valutazione del motivo così come dedotto, la sentenza affronta certamente tutti i punti su cui si basa l’accertamento, ed in particolare:

– la residenza

– la rilevanza delle rate del mutuo

– la rilevanza del veicolo in leasing

– l’esistenza di finanziamenti ricevuti,

sminuendo, con argomentazioni, l’importanza di ciascuno di questi elementi ai fini dell’accertamento.

Si può discutere sulla sinteticità della motivazione, in alcuni passi eccessiva, ma questo collegio ritiene che essa non integri comunque, in alcun modo, l’ipotesi di motivazione apparente, perchè le argomentazioni utilizzate non sono apodittiche, esprimendo piuttosto dei ragionamenti o dei concetti che, indipendentemente dal merito, agli stretti fini della valutazione del motivo come dedotto, escludono il vizio invocato.

Così, sulle rate del mutuo la CTR afferma l’errata modalità di calcolo, sul veicolo in leasing afferma che lo stesso era stato venduto e comunque l’ufficio non aveva tenuto conto delle spese per l’utilizzo, sui finanziamenti ricevuti afferma che la contribuente, con essi, aveva dimostrato la fonte della disponibilità dell’importo.

Indipendentemente dal merito, si ribadisce che tutto ciò non permette di ravvisare il vizio motivazionale dedotto.

Con il secondo motivo deduce violazione/falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4 e ss, nella formulazione previgente alla novella introdotta dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 22, convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, nonchè all’art. 2697 c.c. (subordinata).

La CTR ha applicato erroneamente le norme a fondamento dell’accertamento sintetico ed i principi in tema di onere della prova su cui esso si fonda.

Il motivo è fondato.

Quando, dunque, si scende, con il presente motivo, ad esaminare il merito delle motivazioni della CTR, occorre rilevare che, almeno in alcune parti, le stesse presentano vizi applicativi della legge, anche sulla base dell’interpretazione formatasi sulle norme che vengono in rilievo.

In effetti, quanto meno nella parte relativa al bene in leasing, la sentenza non appare avere affermato un principio corretto, perchè sostiene che, nel considerare il bene in questione, l’ufficio doveva tenere conto delle spese. Premesso, invece, che nella specie si discute di un accertamento basato sul c.d. “vecchio redditometro”, la giurisprudenza, al riguardo, afferma che l’ufficio deve solo provare la disponibilità del bene, restando a carico del contribuente la prova di altri fatti idonei a sminuire, ai fini dell’accertamento, il rilievo del possesso del bene stesso. Sez. V n. 27811 del 2018, che si riferisce ad anni anteriori al 2008, in particolare afferma:

la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicchè è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (cfr. Cass., sent. n. 16912/2016; sent. n. 17793/2017).

Con il terzo motivo deduce violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 78 del 2010, art. 22, comma 1, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

La CTR ha errato laddove ha ritenuto che nella specie fosse applicabile il c.d. nuovo redditometro.

Il motivo è fondato.

Occupandosi della rilevanza, ai fini dell’accertamento, dei canoni, la CTR ha fatto riferimento al “nuovo redditometro”, di cui al D.L. n. 78 del 2010, convertito, con modifiche, nella L. n. 122 del 2010, lasciando così letteralmente intendere che quest’ultimo fosse applicabile al caso di specie.

Al contrario, riferendosi l’accertamento in questione all’anno 2008, il nuovo redditometro non è applicabile ad esso, atteso che il nuovo strumento opera solo a partire dall’anno di imposta 2009.

Il secondo e terzo motivo devono, pertanto, essere accolti, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa alla CTR del Veneto, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.

PQM

Accoglie il secondo e terzo motivo.

Cassa la sentenza impugnata, con rinvio della causa alla CTR del Veneto, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.

Rigetta il primo motivo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2020

 

 

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