Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26078 del 05/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 05/12/2011, (ud. 17/11/2011, dep. 05/12/2011), n.26078

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7820/2010 proposto da:

L.S. ((OMISSIS)) elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GIULIA DI COLLOREDO 46/48, presso lo studio dell’avvocato

DE PAOLA GABRIELE, che lo rappresenta e difende giusta mandato in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS);

– intimato –

sul ricorso 7892/2010 proposto da:

M.A. ((OMISSIS)) elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA GIULIA DI COLLOREDO 46/48, presso lo studio

dell’avvocato DE PAOLA GABRIELE, che lo rappresenta e difende giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. cron. 871/09 della CORTE D’APPELLO di TRENTO

DEL 14/07/09, depositato il 12/08/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito l’Avvocato Amato Felice, (delega avvocato De Paola Gabriele)

difensore dei ricorrenti che si riporta agli scritti e chiede

l’accoglimento del ricorso;

è presente il P.G. in persona del Dott. PASQUALE FIMIANI che ha

concluso per l’accoglimento dei ricorsi.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che L.S. ed M.A., con ricorso del 15 marzo 2010, hanno impugnato per cassazione deducendo un unico motivo di censura, illustrato con memoria -, nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze, il decreto della Corte d’Appello di Trento depositato in data 12 agosto 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sui ricorsi del L. e del M. – volti ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, -, in contraddittorio con il Ministro dell’economia e delle finanze – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare a ciascun ricorrente la somma di Euro 1.6 00,00 a titolo di equa riparazione;

che il Ministro dell’economia e delle finanze, benchè ritualmente intimato, non si è costituito nè ha svolto attività difensiva;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 26 maggio 2009, era fondata sui seguenti fatti: a) il L. ed il M., asseritamente titolari del diritto ad una maggiore indennità di missione in relazione alla partecipazione di missione militare all’estero, avevano proposto – con ricorso del 6 luglio 2000 – la relativa domanda dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio;

b) il Tribunale adito aveva deciso la causa con sentenza del 12 novembre 2008;

che la Corte d’Appello di Trento, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver determinato in tre anni il periodo di tempo necessario per la definizione secondo ragionevolezza del processo presupposto -, ha determinato il periodo eccedente la ragionevole durata in cinque anni e quattro mesi ed ha liquidato a titolo di equa riparazione per danno non patrimoniale la somma di Euro 1.600,00, calcolata in base ad un importo annuo di circa Euro 300,00, in quanto la controversia presupposta era stata promossa collettivamente ed aveva un modesto rilievo economico, con conseguente minore incidenza del patema d’animo individuale.

Considerato che, preliminarmente, i ricorsi nn. 7820 e 7892 del 2010 devono essere riuniti, in quanto proposti contro lo stesso decreto, ai sensi dell’art. 335 c.p.c.;

che, con il motivo di censura, i ricorrenti denunciano come illegittima l’applicazione di un parametro di liquidazione dell’indennizzo ingiustificatamente inferiore a quello indicato dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo;

che i ricorsi meritano accoglimento, nei limiti di seguito precisati;

che la censura è fondata;

che, in particolare, i Giudici a gui bus si sono discostati dal consolidato orientamento di questa Corte che, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni;

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2;

che, nella specie, sulla base dei criteri adottati da questa Corte e dianzi richiamati il diritto all’equa riparazione di ciascun ricorrente per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, va determinato in Euro 4.600,00 per i cinque anni e quattro mesi circa di irragionevole ritardo, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo;

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4^, e B, paragrafo 1^, allegate al Decreto del Ministro della giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi, in complessivi Euro 1.230,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 460,00 (Euro 380,00 + Euro 80, 00, per l’altro ricorrente) per diritti ed Euro 720,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore degli avv. Gabriele e Benedetta De Paola, dichiaratisene antistatari;

che le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Riuniti i ricorsi, li accoglie nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento, in favore di ciascun ricorrente della somma di Euro 4.600,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, in complessivi Euro 1.230,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 460,00 per diritti ed Euro 720,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore degli avv. Gabriele e Benedetta De Paola, dichiaratisene antistatari, e, per il giudizio di legittimità, in complessivi Euro 900,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile, il 17 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2011

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