Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26077 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 15/10/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 15/10/2019), n.26077

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9484/2018 proposto da:

M.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PREMUDA 6,

presso lo studio dell’avvocato SALVATORE AMATORE, che lo rappresenta

e difende unitamente agli avvocati PIETRO JOHANNES QUADRI, GIOVANNI

QUADRI;

– ricorrente –

contro

INTESA SAN PAOLO SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 1,

presso lo STUDIO LEGALE ICHINO BRUGNATELLI E ASSOCIATI,

rappresentata e difesa dall’avvocato MANUELA MARIA GRASSI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4033/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 22/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 16/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

DELL’UTRI.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza resa in data 22/9/2017, la Corte d’appello di Milano, in accoglimento per quanto di ragione dell’appello proposto da M.P., e in parziale riforma della decisione del primo giudice, ha condannato la Intesa Sanpaolo s.p.a. al risarcimento, in favore del M., del danno dallo stesso sofferto a seguito dell’inesatto adempimento, da parte della banca convenuta, di un ordine di acquisto azionario inoltrato a mezzo Internet;

che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come la banca convenuta avesse eseguito l’ordine di acquisto azionario inoltrato dal M. oltre i limiti della provvista finanziaria disponibile sul relativo conto corrente bancario, nonostante le pattuizioni contrattuali intercorse tra le parti limitassero all’importo della provvista disponibile l’eseguibilità degli ordini di acquisto;

che, ciò posto, il giudice d’appello ha rideterminato l’importo a titolo di risarcimento del danno in favore del M., commisurandolo alla differenza tra la somma complessivamente investita e la provvista bancaria disponibile, al netto del controvalore delle azioni successivamente conseguito dall’investitore;

che, avverso la sentenza d’appello, M.P. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;

che la Intesa Sanpaolo s.p.a. resiste con controricorso;

che, a seguito della fissazione della Camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., le parti hanno presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 1223 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente limitato il risarcimento del danno sofferto dal M. a una parte soltanto dell’addebito in conto corrente, non estendendolo anche all’importo ulteriore, rispetto alla provvista disponibile, che lo stesso M. fu costretto a versare sul proprio conto corrente al fine di ripianare il passivo illegittimamente creato dall’inesatta esecuzione contrattuale della banca avversaria;

che, con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 1711 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente limitato il risarcimento del danno sofferto dal M. a una parte soltanto dell’addebito in conto corrente, nonostante i giudici del merito avessero correttamente rilevato l’inadempimento contrattuale in cui era incorsa la banca avversaria nell’esecuzione di un ordine non eseguibile;

che entrambi i motivi – congiuntamente esaminabili in ragione dell’intima connessione delle questioni dedotte – sono in parte manifestamente infondati, in parte inammissibili;

che, al riguardo, osserva il Collegio come il giudice d’appello abbia espressamente individuato la natura dell’inesatto adempimento contrattuale addebitabile ad Intesa Sanpaolo s.p.a., identificandolo nell’estensione dell’esecuzione dell’ordine impartito via Internet dal M. oltre i limiti della provvista finanziaria disponibile sul relativo conto corrente bancario;

che, in particolare, la corte territoriale ha espressamente affermato di condividere l’esegesi della clausola 6.5 delle condizioni generali di contratto svolta dal primo giudice (cfr. pagg. 4-5 della sentenza impugnata);

che, sulla base dell’interpretazione delle pattuizioni contrattuali così richiamata dal giudice a quo (interpretazione sul punto non censurata dall’odierno ricorrente), la sottrazione della banca convenuta agli obblighi contrattuali sulla stessa incombenti fu, pertanto, limitata alla sola estensione dell’ordine di acquisto oltre i limiti consentiti dalla provvista bancaria del M., rimanendo, conseguentemente, ferma la valutazione di legittimità dell’esecuzione dell’ordine di acquisto entro i ridetti limiti della provvista;

che, ciò posto, una volta qualificato in tali termini l’inesatto adempimento da parte della banca convenuta, del tutto coerentemente il giudice d’appello ha individuato il danno subito dal M. nell’importo differenziale tra il complessivo investimento eseguito e l’entità della provvista bancaria disponibile al momento di esecuzione dell’ordine, da essa correttamente detraendo, infine, l’importo comunque conseguito dal M. a seguito del rimborso del valore delle azioni acquistate;

che, pertanto – fermo il carattere assorbente del rilievo concernente l’inammissibilità del secondo motivo di ricorso, in ragione della novità della questione prospettata – nessuna violazione dei parametri normativi in questa sede invocati dal M. può ritenersi ascrivibile alla decisione del giudice a quo, avendo quest’ultimo correttamente provveduto – una volta individuata la natura e la specifica entità dell’inesatto adempimento contrattuale della banca convenuta – alla determinazione delle corrispondenti conseguenze dannose effettivamente subite dal M., atteso che un eventuale risarcimento esteso all’intero valore dell’investimento azionario avrebbe presupposto una diversa identificazione dell’entità dell’inadempimento della banca (in ipotesi consistente nella illegittimità dell’intero investimento, e non già della sola quota superiore all’importo della provvista disponibile), in contrasto con l’interpretazione delle pattuizioni contrattuali fatta propria dal giudice d’appello, in questa sede non specificamente e adeguatamente censurata dall’odierno ricorrente;

che, conseguentemente, sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva manifesta infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, cui segue la condanna del ricorrente al rimborso, in favore della società controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre l’attestazione della sussistenza dei presupposti per il pagamento del doppio contributo, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 6.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019

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