Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26077 del 05/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 05/12/2011, (ud. 16/11/2011, dep. 05/12/2011), n.26077

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

N.F., con domicilio eletto in Roma, piazza Adriana n. 5,

presso l’Avv. MASIANI ROBERTO, rappresentato e difeso dall’Avv.

Pasquale Lamonica come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, rappresentato e difeso, per legge, dall’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via

dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Potenza n.

211/10 depositato il 18 marzo 2010;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 16 novembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli;

sentite le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

N.F. ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che, liquidando Euro 5.000 per anni dieci di ritardo, ha accolto parzialmente il suo ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti al TAR Basilicata dal settembre 1995 al maggio 2008.

Resiste l’Amministrazione con controricorso.

Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I primi tre motivi di ricorso con i quali si deduce violazione della L. n. 89 del 2001, e della Convenzione nonchè difetto di motivazione in relazione alla quantificazione del danno non patrimoniale che il giudice del merito ha determinato in Euro 500 per ogni anno eccedente il periodo di tre anni ritenuto ragionevole, e che per la loro connessione possono essere trattati congiuntamente, sono fondati.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito come la valutazione dell’indennizzo per danno non patrimoniale resti soggetta – a fronte dello specifico rinvio contenuto nella L. n. 89 del 2001, art. 2, – all’art. 6 della Convenzione, nell’interpretazione giurisprudenziale resa dalla Corte di Strasburgo, e, dunque, debba conformarsi, per quanto possibile, alle liquidazioni effettuate in casi similari dal Giudice Europeo, sia pure in senso sostanziale e non meramente formalistico, con la facoltà di apportare le deroghe che siano suggerite dalla singola vicenda, purchè in misura ragionevole (Cass., Sez. Un., 26 gennaio 2004, n. 1340); in particolare, detta Corte, con decisioni adottate a carico dell’Italia il 10 novembre 2004 (v., in particolare, le pronunce sul ricorso n. 62361/01 proposto da Riccardi Pizzati e sul ricorso n. 64897/01 Zullo), ha individuato nell’importo compreso fra Euro 1.000 ed Euro 1.500 per anno la base di partenza per la quantificazione dell’indennizzo, ferma restando la possibilità di discostarsi da tali limiti, minimo e massimo, in relazione alle particolarità della fattispecie, quali l’entità della posta in gioco e il comportamento della parte istante (cfr., ex multis, Cass., Sez. 1^, 26 gennaio 2006, n. 1630).

Da tali principi consegue che non è giuridicamente rilevante, ai fini dell’attribuzione di una somma apprezzabilmente inferiore rispetto a detto standard minimo, il riferimento alla modestia della posta in gioco.

Gli ulteriori motivi che attengono alla regolazione delle spese sono assorbiti, dovendosi procedere a nuova statuizione sul punto.

Il ricorso deve dunque essere accolto nei limiti di cui in motivazione. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito e pertanto, in applicazione della giurisprudenza della Corte (sentenza n. 14753/2010) secondo cui l’importo dell’indennizzo per giudizi avanti al giudice amministrativo protrattisi per lungo tempo l’indennizzo può essere liquidato in via forfettaria, il Ministero dell’Economia e delle Finanze deve essere condannato al pagamento di Euro 7.000 a titolo di equo indennizzo.

Tenuto conto dell’accoglimento solo parziale della domanda, le spese del giudizio di merito possono essere compensata per un mezzo e poste a carico per la differenza dell’Amministrazione resistente che deve essere condannata altresì al rimborso di quelle del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa in parte qua il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Economia e delle Finanze al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 7.000, oltre interessi nella misura legale dalla data della domanda, nonchè alla rifusione della metà delle spese del giudizio di merito che, per l’intero, liquida in complessivi Euro 1.140, di cui Euro 600 per diritti, Euro 490 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge, compensato il residuo, nonchè delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 600, di cui Euro 500 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge; spese distratte in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2011

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