Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26075 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 15/10/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 15/10/2019), n.26075

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3296-2018 proposto da:

G.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIANLUCA ALDO CORVELLI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI LUCERA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA LOVIANO 16, presso lo studio dell’avvocato

IGNAZIO LAGROTTA, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 796/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 23/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

MARIA CIRILLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. G.C. convenne in giudizio il Comune di Lucera, davanti al Tribunale di Foggia, Sezione distaccata di Lucera, chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni conseguenti alle lesioni personali da lui subite a causa della caduta dovuta alla presenza sul manto stradale di una buca non segnalata e non visibile.

Si costituì in giudizio il Comune convenuto, chiedendo il rigetto della domanda.

Espletata prova per testi, il Tribunale rigettò la domanda.

2. La pronuncia è stata appellata dall’attore soccombente e la Corte d’appello di Bari, con sentenza del 23 giugno 2017, ha rigettato il gravame ed ha condannato l’appellante al pagamento delle spese del grado.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Bari ricorre G.C. con atto affidato a cinque motivi.

Resiste il Comune di Lucera con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c.; con il secondo, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. e dell’art. 41 c.p.; con il terzo, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c.; con il quarto, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c.; con il quinto, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), motivazione omessa, insufficiente, contraddittoria o illogica.

Le censure, benchè tra loro differenti, ruotano comunque tutte intorno all’affermazione per cui la Corte d’appello, contravvenendo alle regole di cui all’art. 2051 c.c., dettate a proposito della responsabilità del custode, avrebbe indebitamente escluso la responsabilità del Comune, senza considerare che solo la prova del caso fortuito poteva consentire tale conclusione. L’art. 2051 cit., sancisce, secondo il ricorrente, il principio della responsabilità oggettiva e la sentenza, anche utilizzando presunzioni non sopportate da validi riscontri, avrebbe erroneamente attribuito la responsabilità del fatto dannoso alla disattenzione dello stesso danneggiato. La motivazione, inoltre, sarebbe anche caduta in contraddizione (quinto motivo) in ordine alle dimensioni della buca che ha dato origine alla caduta.

2. I cinque motivi devono essere trattati congiuntamente, in quanto il ragionamento che li sostiene è unitario. Essi sono tutti privi di fondamento, quando non in parte inammissibili.

2.1. Questa Corte, sottoponendo a recente revisione i principi sull’obbligo di custodia di cui all’art. 2051 cit., ha stabilito, con le ordinanze 1 febbraio 2018, nn. 2480, 2481, 2482 e 2483, che in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.. Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.

E’ stato anche chiarito nelle menzionate pronunce che l’espressione “fatto colposo” che compare nell’art. 1227 c.c., non va intesa come riferita all’elemento psicologico della colpa, che ha rilevanza esclusivamente ai fini di una affermazione di responsabilità, la quale presuppone l’imputabilità, ma deve intendersi come sinonimo di comportamento oggettivamente in contrasto con una regola di condotta, stabilita da norme positive e/o dettata dalla comune prudenza.

2.2. Nel caso in esame la Corte territoriale ha fatto buon governo di tali principi.

La sentenza, con un accertamento in fatto non suscettibile di riesame in questa sede, ha accertato che l’ora dell’incidente (le 19 di un giorno di dicembre) non assumeva importanza, poichè il danneggiato non aveva allegato nè la scarsa illuminazione della strada nè la presenza di fattori che gli rendessero difficile accorgersi della situazione di dissesto; che in base alle fotografie emergeva come tale dissesto, consistente in una “leggera sbrecciatura di una delle basole di antica fattura”, fosse modesto e tale da consentire il passaggio in un altro punto della strada, anche perchè si trattava di una situazione “oggettivamente evidente, sicchè con una condotta accorta e prudente il pedone avrebbe potuto e dovuto avvistare e superare l’anomalia senza particolari problemi”; che, in definitiva, il fatto dannoso era da ricondurre a condotta colposa del danneggiato, integrante gli estremi del caso fortuito.

A fronte di tale motivazione, le censure di violazione di legge risultano infondate, posto che la sentenza ha correttamente applicato le regole sulla responsabilità del custode ed ha ricostruito i fatti attraverso un uso legittimo della prova presuntiva; quanto al censurato vizio di motivazione, va ribadito che la Corte di merito ha ricostruito la dinamica dei fatti ed ha dato conto delle ragioni per le quali ha negato la condanna del Comune, per cui la doglianza si risolve nel tentativo di pttenere in quota ede,,, un diverso enon consentito esame del merito.

(Ndr: testo originale non comprensibile)

3. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019

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