Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26069 del 20/11/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 26069 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CARASSAI Daniela (CRS DNL 57P69 H501I), DELLE CAVE Maria Concetta (DLL MCN 42B62 H501Q), RIZZO Maria Cristina (RZZ MVR
44T64 H501W), elettivamente domiciliate in Roma, Lungotevere
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Michelangelo n. 9, presso lo studio dell’Avvocato Ferdinando
Emilio Abbate, che le rappresenta e difende unitamente
all’Avvocato Giovambattista Ferriolo, giusta procura speciale
a margine del ricorso;

– ricorrenti contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (80184430587), in persona del Ministro

ge-A

pro

tempore;

Data pubblicazione: 20/11/2013

- intimato avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia n. 550 del
2012, depositato il 8 maggio 2012 e notificato il 28 settembre
2012.

za del 16 luglio 2013 dal Consigliere relatore Dott. Pasquale
D’Ascola;
sentito, per i ricorrenti, l’Avvocato Roda;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.Velardi , che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 26 luglio 2010 presso la Corte
d’appello di Perugia, Carassai Daniela, Delle Cave Maria Concetta e Rizzo Maria Cristina hanno proposto, ai

sensi

della

legge n. 89 del 2001, domanda di equa riparazione del danno
non patrimoniale sofferto a causa della non ragionevole durata
del giudizio di equa riparazione introdotto dinnanzi alla Corte d’appello di Roma con ricorso depositato nel mese di luglio
2005, concluso con decreto di parziale accoglimento depositato
nel mese di ottobre 2006 e definito, a seguito di ricorso per
cassazione notificato nel mese di novembre 2007, con sentenza
depositata nel mese di marzo 2010.
L’adita Corte d’appello con decreto 8 maggio 2012 notificato il 28 settembre 2012 ha dichiarato la domanda inammissibile
ritenendo non esperibile il rimedio di cui alla legge n. 89

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Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udien-

del 2001 in relazione a procedimenti relativi alla denunciata
violazione della durata ragionevole di giudizi presupposti,
non discendendo tale proponibilità dalla Convenzione europea
dei diritti dell’uomo ed essendo l’eventuale ritardo nella de-

dal giudice del procedimento.
Per la cassazione di questo decreto Carassai Daniela, Delle
Cave Maria Concetta e Rizzo Maria Cristina hanno proposto tempestivo ricorso sulla base di un unico motivo; l’intimata Amministrazione ha depositato memoria ai fini della partecipazione all’udienza di discussione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella redazione della sentenza.
Con l’unico motivo del ricorso le ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge n. 89
del 2001 e degli artt. 6, 13 e 41 della CEDU, nonché dell’art.
111 Cost., richiamando numerosi decreti emessi dalla stessa
Corte d’appello di Perugia, con i quali l’eccezione di inammissibilità del rimedio ex lege n. 89 del 2011 in relazione a
procedimenti introdotti ai sensi di tale legge, è stata rigettata, rilevandosi che la citata legge non consente in alcun
modo di distinguere i procedimenti di equa riparazione da
quelli ai quali la medesima legge si applica e di sottrarli

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finizione dei procedimenti ex lege n. 89 del 2001 compensabile

quindi al regime di ragionevole durata, che discende direttamente dalla Convenzione europea e dalla Costituzione italiana.
Il ricorso è fondato.
Successivamente al deposito del ricorso introduttivo del

più volte in ordine alla applicabilità del procedimento disciplinato dalla legge n. 89 del 2001 ai procedimenti introdotti
sulla base della legge stessa, per i quali deve ritenersi predicabile l’operatività del termine ragionevole di durata e del
conseguente regime indennitario in caso di sua violazione.
Come affermato di recente (Cass. n. 17686 del 2012; Cass.
n. 5924 del 2012 e altre conformi), il giudizio di equa riparazione, che si svolge presso le Corti d’appello ed eventualmente, in sede di impugnazione, dinnanzi a questa Corte, è un
ordinario processo di cognizione, soggetto, in quanto tale,
alla esigenza di una definizione in tempi ragionevoli, esigenza, questa, tanto più pressante per tale tipologia di giudizi,
in quanto finalizzati proprio all’accertamento della violazione di un diritto fondamentale nel giudizio presupposto, la cui
lesione genera di per sé una condizione di sofferenza e un patema d’animo che sarebbe eccentrico non riconoscere anche per
i procedimenti ex lege n. 89 del 2001. Né appare condivisibile
l’assunto che il giudizio dinnanzi alla Corte d’appello e
l’eventuale giudizio di impugnazione costituiscano una fase
necessaria di un unico procedimento destinato a concludersi

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O Ai(

presente giudizio, questa Corte ha avuto modo di pronunciarsi

dinanzi alla Corte europea, nel caso in cui nell’ordinamento
interno la parte interessata non ottenga una efficace tutela
all’indicato diritto fondamentale, atteso che il procedimento
interno rappresenta una forma di tutela adeguata ed efficace,

una ragionevole durata.
Quanto alla determinazione della ragionevole durata di un
procedimento di equa riparazione, questa Corte ha ritenuto che
ove, come nel caso di specie, venga in rilievo un giudizio
“Pinto” svoltosi anche dinnanzi alla Corte di cassazione, la
durata complessiva dei due gradi debba essere ritenuta ragionevole ove non ecceda il termine di due anni.
Il ricorso deve quindi essere accolto, essendo erronea la
decisione della Corte territoriale che ha ritenuto inammissibile la domanda di equa riparazione per la irragionevole durata di un procedimento di equa riparazione relativamente a giudizio presupposto di altra natura.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la
causa può essere decisa nel merito.
Nel caso di specie, infatti, da quanto riferisce fedelmente
il ricorso emerge che l’istanza è stata depositata presso la
Corte d’appello di Roma nel mese di luglio 2005; che l’unico
grado di giudizio di merito si è concluso con decreto depositato nel mese di ottobre 2006; che il giudizio di cassazione è
stato introdotto con ricorso notificato nel mese di novembre

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sempre che, ovviamente, si svolga esso stesso nell’ambito di

2007 ed è terminato con sentenza depositata nel mese di marzo
2010. La durata complessiva del procedimento di equa riparazione è stata dunque di circa quattro anni e otto mesi. Detratto il termine ragionevole, stimato in due anni, nonché il

e la proposizione della impugnazione, ulteriore rispetto al
termine breve legislativamente previsto per il ricorso per
cassazione, la durata non ragionevole risulta essere stata di
circa un anno e nove mesi.
Alla luce dell’accertata irragionevole durata del giudizio,
a ciascuna delle ricorrenti spetta un indennizzo che va liquidato sulla base di euro 750,00 per anno, e quindi in complessivi euro 1.312,50, oltre interessi legali dalla data della
domanda al saldo.
Alle ricorrenti compete altresì il rimborso delle spese
dell’intero giudizio, liquidate nella misura indicata in dispositivo.
Le spese del giudizio di merito devono essere distratte in
favore dei difensori dei ricorrenti, Avvocati G. Ferriolo e
F.E. Abbate, dichiaratisi antistatari.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e,
decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al
pagamento, in favore di ciascuna delle ricorrenti, della somma
di euro 1.312,50, oltre interessi legali dalla data della do-

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fr(

termine di undici mesi intercorso tra il deposito del decreto

manda al saldo; condanna il Ministero alla rifusione delle
spese dell’intero giudizio che liquida, per il giudizio di merito, in euro 873,00, di cui euro 50,00 per esborsi, 378,00
per diritti e 445,00 per onorari, oltre alle spese generali e

euro 506,25 per compensi, oltre a euro 100,00 per esborsi e
agli accessori di legge. Dispone la distrazione delle spese in
favore dei difensori dei ricorrenti, Avvocati G. Ferriolo e
F.E .Abbate, dichiaratisi antistatari,.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta
Sezione Civile – 2 della Corte suprema di Cassazione, il 16
luglio 2013.

agli accessori di legge, e, per il giudizio di legittimità, in

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