Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26063 del 20/11/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 26063 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: CARRATO ALDO

autonomo
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 274001’07) proposto da:
POTI’ MAURA (C.F.: PTO MNN 57652 B1800), MARTELLI ANNA MARIA (C.F.: MRT
NNA 53C69 A956P), nella qualità di erede di Lezzi Roberto, LEZZI ANDREA (C.F.: LZZ
NDR 88R22 B180L) e LEZZI GIORGIA (C.F.: LZZ GRG 85D59 B180J), anche questi ultimi
due quali eredi di Lezzi Roberto, tutti rappresentati e difesi, in forza di procura speciale a
margine del ricorso, dagli Avv.ti Luigi Albisinni ed Achille Buonafede ed elettivamente
domiciliati presso il loro studio, in Roma, via Zanardelli, n. 20; – ricorrenti contro
COMUNE DI BRINDISI (P.I.: 00268880747), persona del Sindaco

pro-tempore,

rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale a margine del controricorso (previa
deliberazione della G.C. n. 421 del 19 novembre 2007), dall’Avv. Francesco Trane ed

(3

Data pubblicazione: 20/11/2013

elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Nathalie Lusi, in Roma, via Flaminia, n.
– controricorrente –

362;

Avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce n. 569 del 2006, depositata l’11
settembre 2006 e non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 24 ottobre 2013 dal

uditi gli Avv.ti Sperati Raffaele (per delega), nell’interesse dei ricorrenti, e Trane
Pasquale (per delega), per il Comune controricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Aurelio Golia, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto in data 13 marzo 1994, il Presidente del Tribunale di Brindisi ingiungeva al
Comune della stessa città il pagamento, in favore degli architetti Poti Maura e Lezzi
Roberto, della somma di £ 77.838.165, oltre accessori, a titolo di saldo delle spese occorse
per l’esecuzione dell’attività di progettazione demandata ai due suddetti professionisti per il
riuso e la valorizzazione dell’Opera a Corno annessa al Castello aragonese.
Sull’opposizione avverso il decreto monitorio proposta dall’ingiunto Comune di Brindisi e
nella costituzione di entrambi gli opposti, la Sezione stralcio del Tribunale adito (in persona
del designato G.O.A.), con sentenza n. 719 del 2002 (depositata il 10 settembre 2002),
dichiarava l’inammissibilità della formulata opposizione sul presupposto che l’ente ingiunto
non aveva depositato la copia del decreto ingiuntivo notificatogli.
Interposto appello da parte del medesimo Comune di Brindisi, a cui resistevano la Poti
Maura e gli eredi di Lezzi Roberto (nelle more deceduto), la Corte di appello di Lecce, con
sentenza n. 569 del 2006 (depositata 1’11 settembre 2006), accoglieva il gravame e, per
l’effetto, revocava l’opposto decreto monitorio e condannava gli appellati, in solido fra loro,
alla rifusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
2

Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

A sostegno dell’adottata decisione, la Corte salentina, dopo aver constatato che, in grado
di appello era stata depositata la copia notificata del decreto ingiuntivo e che l’opposizione
originariamente proposta era tempestiva, riteneva la stessa fondata nel merito, poiché
l’ammontare delle spese oggetto del ricorso monitorio era stato calcolato, in base alla
clausola n. 7) della convenzione intercorsa tra le parti, nella misura forfettaria del 30% degli

disposto normativo di cui all’art. 6 della legge n. 404 del 1977 (da intendersi come non
limitato solo al settore dell’edilizia carceraria).
Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione Potì Maura, Martelli
Anna Maria, Lezzi Andrea e Lezzi Giorgia (gli ultimi tre nella qualità di eredi di Lezzi
Roberto), articolato in tre motivi. Il Comune di Brindisi si è costituito con controricorso.
Il difensore dei ricorrenti ha anche depositato memoria difensiva ex art. 378 c.p.c. .
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno dedotto — in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. la violazione od errata applicazione e, quindi, la falsa applicazione degli artt. 6, commi 2 e
4, della legge 1° luglio 1977, n. 404, nonché dell’art. 13, comma 2, della legge 2 marzo
1949, n. 143, come modificato dall’art. 5 del D.M. 21 agosto 1958, oltre che degli artt. 12 e
14 delle disposizioni preliminari al c.c, degli artt. 1362 e segg. c.c. e dell’art. 112 c.p.c.,
congiuntamente al vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto
decisivo della controversia consistente nella circostanza che la Corte territoriale aveva
ritenuto di fondare la sentenza impugnata sul ravvisato carattere generale della previsione
di cui al citato comma 4 dell’art. 6 della legge n. 404 del 1977, con mero richiamo acritico di
precedenti giurisprudenziali, omettendo di considerare ed interpretarne il disposto di cui
alla menzionata legge sistematicamente alla luce delle disposizioni di cui agli artt. 12 e 14
delle cc.dd. preleggi, nonché nella parte in cui non aveva considerato l’esclusione dalla
fattispecie di cui all’indicato art. 6, comma 4, della stessa legge n. 404 del 1977 (giusta
3

onorari spettanti, che, però, si sarebbe dovuta qualificare nulla siccome in contrasto con il

combinata sistematica lettura con il precedente comma 2) delle ipotesi, ricorrenti nella
specie, di incarico con progettazione non semplice, ma esecutivo, e dell’incarico di
progettazione singolo, peraltro in assoluto difetto di motivazione sul punto, con particolare
riguardo alla dedotta e provata “per tabulas” natura esecutiva e, comunque, unica
dell’incarico progettuale affidato ed espletato dai professionisti.

bis c.p.c. (“ratione temporis” applicabile, risultando la sentenza impugnata pubblicata 1’11
settembre 2006) — il seguente quesito di diritto: “dica la S. C. se il disposto dell’art. 6,
comma 4, della legge 10 luglio 1977, n. 404 debba intendersi come norma avente valenza
derogatoria rispetto alla previsione di cui all’art. 13, comma 2, della legge 3 marzo 1949, n.
143, come modificato dall’art. 5 del D.M. 21 agosto 1958, e, come tale, norma speciale non
applicabile oltre i casi e le ipotesi individuate dalla normativa di cui alla legge n. 404 del
1977 e, quindi, alla sola materia dell’edilizia degli istituti di prevenzione e pena, come da
rubrica della richiamata legge”.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti hanno denunciato la violazione od errata
interpretazione e, quindi, la falsa applicazione dell’art. 6, comma 4, della legge 1° luglio
1977, n. 404, del difetto dell’interpretazione sistematica del precetto con il disposto dell’art.
6, comma 2, della medesima legge e giusta le previsioni di cui agli artt. 12 e 14 delle
disposizioni sulla legge in generale, anche sotto l’ulteriore profilo dell’omessa valutazione,
motivazione e decisione della natura complessa del progetto esecutivo affidato e sulla
dedotta unicità dell’incarico professionale conferito dal Comune di Brindisi ed espletato dai
professionisti.
Con riferimento alla dedotta violazione di legge i ricorrenti hanno formulato — in virtù del
citato art. 366 bis c.p.c. — il seguente quesito di diritto: “dica la S.C. se il disposto di cui
all’art. 6, comma 4, della legge n. 404 del 1977 debba leggersi sistematicamente alla luce
ed in combinata disposizione con il precetto di cui al precedente comma 2 del medesimo
4

Quanto alla prospettata violazione di legge i ricorrenti hanno indicato — ai sensi dell’art. 366

articolo, cosicché, nella fattispecie di esclusione del rimborso forfetario delle spese ivi
prevista, debbano ricomprendersi solo le ipotesi costituite:
– dall’affidamento di meri incarichi di progettazione c.d. “pura” e non già di progettazione
esecutiva, laddove l’Amministrazione abbia previsto — anche eventualmente con
successivo atto all’uopo da predisporsi — altresì di conferire ai professionisti incaricati

– dall’affidamento di incarichi di progettazione c.d. “plurimi” e non già “singoli”, dovendosi
intendere il carattere plurimo od unico dell’incarico, non già solo con riguardo al numero dei
professionisti cui venga affidato l’incarico, ma anche con uno specifico riguardo alla
modalità di calcolo del compenso e di predisposizione della fattura, che laddove
convenzionalmente operati come se a fatturare e richiedere il compenso sia un unico
professionista, debba, pertanto, ritenersi come unico incarico di progettazione e non già
come plurimo, con conseguente disapplicazione del precetto di cui all’art. 6, comma 4,
della legge n. 404 del 1977;
– dall’affidamento di incarichi di progettazione afferenti ad un’opera unica e non già — anche
in ipotesi di nomina ed affidamento dell’incarico a più professionisti — a distinte opere e
manufatti.
3. Con il terzo motivo i ricorrenti hanno denunciato l’ulteriore violazione od errata
interpretazione e, quindi, la falsa applicazione degli artt. 6, commi 2 e 4, della legge 1°
luglio 1977, n. 404, nonché dell’art. 13, comma 2, della legge 2 marzo 1949, n. 143, come
modificato dall’art. 5 del D.M. 21 agosto 1958, oltre che degli artt. 12 e 14 delle disposizioni
preliminari al c.c„ alla stregua degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367 e 1375 c.c. e degli arti.
112 e 116 c.p.c., congiuntamente al vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione sul punto decisivo della controversia, laddove la Corte di appello di Lecce
aveva omesso di valutare ed interpretare il precetto di cui al citato comma 4 dell’art. 6 della
legge n. 407 del 1977 in conformità delle disposizioni e dei criteri di ermeneutica e condotta
5

anche l’incarico della direzione, misura e contabilità dei lavori;

di cui agli artt. 1362, 1363, 1366, 1367 e 1375 c.c., con riguardo — invece pretermesso —
alle emergenze probatorie agli atti dei giudizi di merito, costituite dalla convenzione di
incarico e dalla delibera della G.M. che aveva originariamente riconosciuto ed approvato la
nota specifica predisposta dagli architetti secondo la quantificazione percentuale delle
spese sugli onorari e, quindi, omettendo di tener conto del legittimo affidamento ingenerato

del Comune di Brindisi agli atti del giudizio.
A sostegno delle indicate violazioni i ricorrenti hanno prospettato i seguenti quesiti di diritto:
1) ” dica la S. C. se la Corte di appello adito abbia erroneamente ritenuto applicabile alla
fattispecie disaminata il disposto di cui all’art. 6, comma 4, della legge m. 404 del 1977,
obliterando la valenza dirimente — in senso opposto — degli stessi atti, dichiarazioni e
provvedimenti provenienti dall’Amministrazione comunale e costituiti dalla predisposta e
sottoscritta convenzione di incarico dell’8 marzo 1985 e dalle delibere di G.M. di
approvazione della nota specifica presentata dai professionisti con computo percentuale
delle spese sull’importo di cui agli onorari, la legge n. 3627 del 1988 e di chiarimento, la n.
4191’89, che, interpretate alla stregua dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362, 1363,
1366, 1367 e 1370 c.c. ed in applicazione del precetto di cui all’art. 1375 c.c., avrebbero
dovuto comprovare la preventiva difforme valutazione resa dalla stessa Amministrazione
comunale, sì da aver ritenuto, con riferimento all’incarico conferito: – o che lo stesso non
rientrasse nelle previsioni di cui alla legge n. 404 del 1977 (art. 6, commi 2 e 4) perché
limitatesi tale previsione alla sola specifica materia dell’edilizia carceraria; – o che lo stesso
incarico, giacché non semplicemente di progettazione, ma vieppiù esecutivo, con
previsione dell’affidamento ai professionisti altresì della direzione, misura e contabilità dei
lavori (come da art. 9 del disciplinare), non rientrasse nell’ipotesi disciplinata dall’ad. 6,
comma 2, della legge n. 404 del 1977, alla quale solamente si riferisce il successivo
comma 4 dello stesso articolo della legge citata; – o che lo stesso incarico, giacché ritenuto
6

nei professionisti, nel senso indicato rilevando, vieppiù, le stesse dichiarazioni confessorie

e disciplinato dall’Amministrazione comunale, quanto anche a soli criteri di quantificazione
e liquidazione del compenso, come unico e non già plurimo (come da art. 16 del
disciplinare), non rientrasse nell’ipotesi disciplinata dall’art. 6, comma 2, della legge n. 404
del 1977, alla quale solamente si riferisce il successivo comma 4 dello stesso articolo della
legge citata;

ricorrenza o meno di fattispecie rientrante nelle previsioni di cui all’art. 6, commi 2 e 4, della
legge n. 404 del 1977, il giudice debba attribuire rilievo preminente agli atti amministrativi
ed ai contratti stipulati dalla P.A. ed — applicati agli stessi i criteri di ermeneutica
contrattuale di cui agli artt. 1362, 1363, 1366, 1367 e 1370 c.c., ed alla loro esecuzione il
fondamentale principio di cui all’art. 1375 c.c. — così previamente valutare non già solo da
essi traspaia la preventiva valutazione da parte contraente pubblica della non
riconducibilità della fattispecie e del rapporto contrattuale così instaurato a quelli aventi
caratteristiche tali da rientrare, per contro, nella normativa di legge sopra richiamata”.
4. Rileva il collegio che i primi due motivi — esaminabili congiuntamente in quanto
strettamente connessi — sono infondati e vanno, pertanto, rigettati.
Dette censure investono, nella loro essenzialità, l’interpretazione fatta dalla Corte di appello
di Lecce, nella sentenza impugnata, con riferimento alla portata dell’art. 6, commi 2 e 4,
della legge n. 404 del 1977 ed al suo raccordo con le clausole convenzionalmente pattuite
con il disciplinare di incarico ai due professionisti (a cui favore gli onorari erano già stati
corrisposti, restando controversa soltanto la spettanza — e, in caso positivo, la
determinazione della misura — delle spese che erano state concordate in modo forfettario in
relazione ad una apposita percentuale commisurata all’importo dei compensi).
Orbene, il giudice di secondo grado ha – sul presupposto idoneamente accertato in fatto
che l’incarico conferito congiuntamente ai due professionisti riguardava l’espletamento
dell’attività di progettazione finalizzata al riuso e alla valorizzazione della Opera a Corno
7

2) se, in linea generale, al fine della valutazione da parte del giudice di merito, della

annessa al Castello Aragonese di Brindisi — ritenuto, con motivazione logica ed adeguata
oltre che rispondente ai principi giuridici già affermati nella giurisprudenza di questa Corte
in materia, che la pattuizione riferita alla modalità di criterio del computo delle spese
(rapportato alla misura del 30% degli onorari dovuti) fosse da considerarsi invalida,
incorrendo nella violazione del divieto stabilito dall’art. 6 della legge n. 404 del 1977.

questa Corte (cfr. Cass. n. 5230 del 1999 e Cass. n. 15762 del 2001), dal quale non
emergono ragioni per discostarsi, alla stregua del quale, in tema di incarichi di
progettazione conferiti dallo Stato e da altri enti pubblici, l’art. 6 legge n. 404 del
1977 (riguardante la corresponsione del rimborso spese di cui alla tariffa
professionale solo in base alla documentazione prodotta dal professionista, con
esclusione di qualsiasi liquidazione forfettaria), è norma a carattere imperativo, con
conseguente nullità di ogni contraria pattuizione. E’ stato, in proposito, congruamente

rilevato che il suddetto carattere imperativo della richiamata è chiaramente desumibile,
oltre che dalla sua perentoria formulazione (che subordina espressamente il
riconoscimento delle spese vive all’esistenza di apposita documentazione fornita dal
professionista) volta ad accentuarne il carattere cogente ed assoluto, anche dalla
opportuna ratio di contenimento della spesa pubblica.
Sulla questione in discorso è stato, altresì, chiarito che il citato art. 6, quarto comma,
della legge 1° luglio 1977 n. 404, secondo cui, per gli incarichi di progettazione
conferiti dallo Stato o da un altro ente pubblico a più professionisti per la stessa
opera, il rimborso spese di cui alla tariffa professionale va corrisposto solo in base
alla documentazione esibita, con esclusione di rimborsi forfettari, trova applicazione
anche nel caso di individuazione delle parti affidate a ciascun professionista, poiché,
nel momento in cui tale disposizione, con il richiamo del secondo comma, non
richiede che i professionisti siano riuniti in collegio, chiaramente prevede che
8

A tal proposito il giudice di appello si è conformato all’esatto principio già statuito da

ciascuno di loro possa lavorare secondo le proprie competenze, purché le varie parti
del progetto vadano a comporsi nell’identità dell’opera complessiva oggetto
dell’incarico.

Anche con riferimento all’ambito di applicabilità della norma in esame, sulla cui
interpretazione i ricorrenti hanno mosso le loro censure, la condivisibile giurisprudenza di

modo di chiarire che la disposizione di cui all’art. 6 della legge 1° luglio 1977 n. 404,
nello stabilire che l’inderogabilità dei minimi tariffari di cui alla legge 5 maggio 1976
n. 340 è valida solo per i rapporti fra i privati e nel fissare i limiti massimi dei
compensi fra lo Stato o gli altri enti pubblici ed i professionisti, non contiene alcun
riferimento all’edilizia carceraria, pur essendo essa inserita nella legge intitolata
“Aumento dello stanziamento previsto dall’art. 1 della legge 12 dicembre 1971 n.
1133 relativo all’edilizia degli istituti di prevenzione e pena”; pertanto, tale norma,
che costituisce interpretazione autentica dell’articolo unico della citata legge n. 340
del 1976, ha portata generale e non è limitata al settore dell’edilizia carceraria.

Di conseguenza, in virtù delle suddette ragioni, i primi due motivi del ricorso devono essere
disattesi.
5. Il terzo motivo proposto è da ritenersi propriamente inammissibile perché con esso i
ricorrenti hanno, in effetti, introdotto una censura riferita a doglianze nuove in quanto non
risultanti né dedotte né esaminate in grado di appello.
Con tale censura, i medesimi ricorrenti hanno, invero, inteso contestare la sentenza
impugnata, sostenendo che la Corte territoriale non aveva assegnato alcun valore
all’affidamento che si sarebbe ingenerato nei due professionisti per effetto del
comportamento tenuto dal Comune committente in relazione alla pretesa economica dagli
stessi avanzata.

9

questa Corte (cfr. Cass. n. 11037 del 1995 e la citata Cass. n. 5230 del 1999) ha avuto

Orbene, a prescindere dalla circostanza che tale questione non aveva costituito specifico
oggetto del “thema decidendum” e dalla irrilevanza della (asserita) condotta
successivamente osservata dal Comune intimato, assume valenza decisiva l’affermazione
che, in ogni caso, né eventuali previsioni derogatorie contenute nella convenzione pattuita
né il presunto affidamento indotto negli stessi professionisti dallo stesso ente committente

precetto contenuto nel più volte richiamato art. 6 della legge n. 404 del 1977, proprio in
virtù della sua natura imperativa e cogente, si sarebbe dovuto considerare inderogabile per
volontà delle parti, onde un’eventuale siffatta previsione non avrebbe potuto che essere
qualificata come nulla.
6. In definitiva alla stregua delle ragioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere
integralmente respinto, con la conseguente condanna dei ricorrenti, in via fra loro solidale,
al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in
dispositivo sulla scorta dei nuovi parametri previsti per il giudizio di legittimità dal D.M.
Giustizia 20 luglio 2012, n. 140 (applicabile nel caso di specie in virtù dell’art. 41 dello
stesso D.M.: cfr. Cass., S.U., n. 17405 del 2012).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento delle
spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per
esborsi, oltre accessori nella misura e sulle voci come per legge.

Così deciso nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile in data 24 ottobre 2013.

Il Consiglieri estensore

10

avrebbero potuto produrre un valido effetto giuridico, poiché — come già sottolineato — il

Il F,

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DEPOSITATO IN CANCELLERIA
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CORTE SUPREMA D! CASSAZION

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20 NOV. 2013

Si attesta la registrazione presa

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