Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26061 del 05/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 05/12/2011, (ud. 08/11/2011, dep. 05/12/2011), n.26061

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 29929-2010 proposto da:

SOCIETA’ MECTUBI di PESENTI LUIGI & C. SNC IN

LIQUIDAZIONE

(OMISSIS) in persona del Liquidatore pro tempore nonchè P.

L. già titolare dell’omonima ditta individuale, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI 18, presso lo studio

dell’avvocato CROLLINO FIORENZO, che li rappresenta e difende, giusta

mandato a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro-

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 21707/2010 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

del 12.7.2010, depositata il 22/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’8/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO;

udito per i ricorrenti l’Avvocato Fiorenzo Crollino che insiste per

l’accoglimento del ricorso.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARLO DESTRO

che si riporta alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La s.n.c. Mectubi di Pesenti Luigi & C. e P.L. in proprio, titolare dell’omonima ditta individuale, ricorrevano per la cassazione della sentenza n. 266/66/05 della CTR-Lombardia (Sez. Brescia), che, in riforma della pronuncia di primo grado, aveva respinto il loro ricorso per l’annullamento degli avvisi di rettifica IVA con cui l’Amministrazione, a seguito di verbale di constatazione della Guardia di Finanza aveva contestato, in relazione all’anno 1996, la fatturazione di costi fittizi in quanto riferiti ad operazioni inesistenti, avendo ritenuto il giudice d’appello legittimo l’accertamento presuntivo operato dall’Ufficio, in quanto fondato sulla mancanza di documentazione contabile dell’azienda, distrutta a seguito di un incendio.

Con sentenza n. 21707/2010 questa Sezione ha disatteso i quattro motivi e rigettato il ricorso. In particolare, ha respinto il primo motivo con il quale i ricorrenti avevano denunciato la violazione dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c., assumendo che la sentenza d’appello fosse in contrasto con altra decisione della stessa CTR (n. 104/64/06 dell’11/7/2006), che, passata in giudicato, aveva annullato gli avvisi di rettifica IVA emessi dall’Ufficio in relazione ad annualità diverse (1993, 1994, 1995) nei confronti dei medesimi contribuenti e sulla base degli stessi fatti accertali dalla Guardia di Finanza e posti a fondamento degli atti impositivi.

La S.C., nel rigettare il mezzo, afferma:

“Questa conclusione si impone per non avere la parte ricorrente fornito alcuna valida prova dell’effettivo passaggio in giudicato della citata sentenza n. 104/64/06, condizione che, invero, appare indispensabile per poterle attribuire, ai sensi dell’art. 2909 cod. civ., efficacia nel presente giudico. Questa prova è necessaria, dal momento che il Collegio, per riconoscere efficacia al giudicato, deve avere la certezza che esso si è effettivamente formato (Cass. n. 10623 del 2009). La prova deve essere inoltre fornita mediante la produzione in giudizio della sentenza provvista del certificato della segreteria della Commissione tributaria circa il suo passaggio in giudicato (Cass. n. 11889 del 2007), adempimento che è espressamente previsto dall’art. 124 disp. att. cod. proc. civ.. La sentenza prodotta dalla parte ricorrente è invece priva di questa attestazione, risultando allegata soltanto una dichiarazione del direttore tributario della Sezione di Brescia della Commissione regionale della Lombardia, datata 13 giugno 2007, (doc. n. 4 del fascicolo della ricorrente) ove, nell’ordine, si da atto: a) che il difensore della parte stessa ha dichiarato di non avere ricevuto notifica di un ricorso per cassazione avverso la citata sentenza, b) che dalla banca dati della Commissione non risultano richieste di trasmissione del fascicolo processuale presso la Corte di Cassazione, c) che il termine di impugnazione è trascorso, trattasi, all’evidenza, di dati che non sono in grado, nemmeno nel loro insieme, di fornire alcuna certezza circa l’effettivo passaggio in giudicato della sentenza. Il primo perchè del tutto ininfluente, provenendo dal difensore della parte stessa e non dalla segreteria,il secondo in quanto la richiesta di trasmissione del fascicolo della fase di merito alla Corte rappresenta un mero adempimento preliminare, la cui mancanza non fornisce alcuna sicurezza che il ricorso per cassazione non sia stato proposto; la terza, trattandosi di circostanza che, da sola, senza cioè le successive necessario verifiche, diventa irrilevante. Il primo motivo di ricorso va pertanto respinto”.

Avverso tale specifica pronuncia, la società e il P. propongono ricorso per revocazione denunciando errore di fatto, ex art. 395 c.p.c., n. 4, per essere ai giudici di legittimità sfuggito che la certificazione del direttore tributario della CTR a quo, in data 13 giugno 2007, recava la dicitura “passaggio in giudicato della sentenza” e che non vi erano altre verifiche da compiere, oltre a quelle enunciate nella certificazione, per ottenere l’attestazione del passaggio in giudicato dell’invocata sentenza n. 104/64/06.

Aggiungono gli odierni ricorrenti che la formazione del giudicato era stata riconosciuta in altre due decisioni coeve della S.C. (nn. 21705/2010, 21706/2010) e che il giudicato esterno ben poteva operare per tre anni d’imposta diversi.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Redatta relazione ex art. 380 bis c.p.c. ed effettuate le comunicazioni e notificazioni di rito, la ricorrente ha depositato memoria.

Il ricorso per revocazione è inammissibile.

In primo luogo, va osservato che gli odierni ricorrenti richiedono una inammissibile rivisitazione del giudizio negativo espresso dalla S.C. sulla idoneità della dichiarazione rilasciata dal direttore tributario della CTR a quo, ad attestare con certezza il passaggio in giudicato dell’invocata sentenza n. 104/64/06. L’errore di fatto, quale motivo di revocazione, deve consistere in una falsa percezione di quanto emerge dagli atti sottoposti al suo giudizio, concretatasi in una svista materiale su circostanze decisive, emergenti direttamente dagli atti con carattere di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, con esclusione di ogni apprezzamento in ordine alla valutazione in diritto delle risultanze processuali; non può, dunque, ritenersi sussistente l’errore revocatorio, allorchè la parte abbia denunciato l’erronea presupposizione dell’inesistenza di un giudicato, poichè questo, essendo destinato a fissare la “regola” del caso concreto, partecipa della natura dei comandi giuridici e, conseguentemente, la sua interpretazione non si esaurisce in un giudizio di fatto, ma attiene all’interpretazione delle norme giuridiche (Sez. 1, Sentenza n. 17443 del 25/06/2008).

Si aggiunga che dell’errore revocatorio, imputabile al giudice di legittimità come al giudice di merito, nel supporre come sussistente un fatto incontrastabilmente insussistente, non deve cadere su un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata, non potendo pertanto essere ravvisato nella ipotesi in cui sia sostanzialmente denunciato un erroneo apprezzamento delle risultanze processuali (Sez. 1, Sentenza n. 10807 del 10/05/2006). Nella specie la S.C. ha ampiamente argomentato sul fatto che la dichiarazione rilasciata il 13 giugno 2007 dal direttore tributario non avesse i requisiti di forma e di contenuto richiesti dall’art. 124 disp. att. c.p.c. per il certificato di passaggio in giudicato da rilasciarsi dal cancelliere in calce a copia della sentenza. Si consideri, ad esempio, che nulla ivi si dice circa l’avviso d’impugnazione alla cancelleria da effettuarsi a cura dell’ufficiale giudiziario e da annotarsi sull’originale delle sentenza a cura del cancelliere (art. 123 disp. att. c.p.c.).

In secondo luogo, come si è detto, la domanda di revocazione non può essere accolta quando, anche se per avventura esistente, l’errore di fatto non sia caduto su di un punto determinante per la decisione contenuta nella sentenza impugnata. Invero, le controversie in materia di IVA, come quella in esame, sono annoverabili fra quelle che richiedono il rispetto di norme comunitarie imperative, la cui applicazione non può essere ostacolata dal carattere vincolante del giudicato nazionale e dalla sua eventuale proiezione anche oltre il periodo di imposta che ne costituisce specifico oggetto, attesa la inderogabile realizzazione del principio di contrasto dell’abuso del diritto, individuato dalla giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia CE 3 settembre 2009, in causa C-2/08), come strumento teso a garantire la piena applicazione del sistema armonizzato d’imposta (Sez. 5, Sentenza n. 12249 del 19/05/2010). E’, dunque, da escludere che la questione sul preteso giudicato sull’IVA 93-95 esplichi efficacia decisiva sull’IVA 96.

Infine, a nulla rilevano le coeve decisioni della S.C. n. 21706/2010, sull’IRPEF dei soci (1993/1996) e n. 21705/2010, sull’ILOR societaria (1994/1997), che hanno dichiarato nulli i giudizi di merito per difetto di litisconsorzio necessario e hanno disatteso l’eccezione di preteso giudicato esterno sul preliminare e assorbente rilievo della diversità dei presupposti impositivi e della disciplina di accertamento che si rinvengono tra i diversi tributi.

In conclusione, il Collegio ritiene che ricorra l’ipotesi della manifesta inammissibilità del ricorso, per tutte le ragioni sopra indicate.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 3000 per onorario, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2011

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