Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2606 del 04/02/2021

Cassazione civile sez. un., 04/02/2021, (ud. 03/11/2020, dep. 04/02/2021), n.2606

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente di Sez. –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di Sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9262/2020 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PELAGIO I

10, presso la Dott.ssa SANTINA MURANO, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANDREA DI LIETO;

– ricorrente –

contro

G.L.M., CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI

AVELLINO, COMMISSIONE ELETTORALE ELEZIONI FORENSE DI AVELLINO,

F.T., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 210/2019 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE,

depositata il 30/12/2019.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/11/2020 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

udito l’Avvocato Andrea Di Lieto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Consiglio Nazionale Forense in relazione al reclamo elettorale proposto dall’avv. G.L., nel quale, tra gli altri profili di illegittimità segnalati, si rilevava quello riguardante l’incandidabilità/ineleggibilità dell’avv. P.A., ha accolto questo motivo di reclamo osservando che lo stesso aveva ricoperto l’incarico di componente della Commissione dell’esame di stato per l’abilitazione alla professione di avvocato nelle prove del dicembre 2018 e fino al 10 gennaio 2019 e conseguentemente ai sensi della L. n. 247 del 2012, art. 47, non avrebbe dovuto candidarsi nè poteva essere ritenuto validamente eletto per le elezioni che si erano svolte il 27 luglio 2019. La norma prevedeva che gli avvocati componenti della Commissione non potevano essere eletti quali componenti del Consiglio dell’Ordine nelle elezioni immediatamente successive alla cessazione dell’incarico ricoperto. Nella specie l’avv. P. aveva rassegnato le dimissioni da commissario di esame il 10 gennaio 2019, così integrando la condicio legis, trattandosi di una ipotesi di ineleggibilità di stretta interpretazione che si protraeva fino alle elezioni immediatamente successive al momento nel quale fosse cessata la condizione di componente della predetta commissione d’esame. Il vizio riscontrato era produttivo della sola decadenza dell’avv. P. senza inficiare la regolarità e validità dell’intero procedimento elettorale. Veniva ritenuto applicabile la L. n. 113 del 2017, art. 16, con conseguente subentro del primo dei non eletti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’avv. P. affidato a tre motivi. Vi è anche istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della pronuncia impugnata.

L’istanza proposta è astrattamente ammissibile alla luce dell’ordinanza di queste S.U. n. 6967 del 2017, così massimata:

“L’istanza di sospensione della esecutorietà della decisione adottata dal Consiglio nazionale forense può essere contenuta nel ricorso proposto, avverso quest’ultima, alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, sempre che abbia una sua autonoma motivazione e sia riconoscibile quale istanza cautelare, atteso che la L. n. 247 del 2012, art. 36, comma 6, limitandosi a prevedere che le Sezioni Unite possano sospendere l’esecuzione su richiesta di parte, non consente di desumere che la corrispondente istanza debba essere formulata al suddetto Consiglio o che vada proposta in via autonoma rispetto al ricorso”. Essa, tuttavia, essendo assorbita dall’esame del merito del ricorso deve ritenersi, in concreto, inammissibile per carenza sopravvenuta d’interesse.

Nel primo motivo viene dedotta la violazione della L. n. 113 del 2017, art. 9, nonchè la lettera e la ratio della L. n. 247 del 2012, art. 47. In primo luogo, viene rilevato che la norma che contiene la causa d’ineleggibilità (L. n. 247 del 2012, art. 47) è stata abrogata dalla L. n. 113 del 2017, la quale reca la disciplina dell’elettorato attivo e passivo e regola le modalità delle elezioni dei componenti degli ordini circondariali forensi. Poichè vengono individuate cause di ineleggibilità diverse da quella contestata deve ritenersi che la stessa non sia più esistente. Inoltre nel merito, secondo la parte ricorrente non ricorre la causa d’ineleggibilità. La ratio della norma è quella di evitare che i componenti delle commissioni di esame possano trarre vantaggio dalla carica in questione ma nella specie alla data di svolgimento delle elezioni nessuno degli aspiranti avvocati avrebbe potuto esercitare non essendo concluso il procedimento abilitativo. La causa d’ineleggibilità sarebbe potuta scattare solo alle elezioni successive. Il ricorrente si è tempestivamente dimesso nel gennaio 2019; non ha partecipato alla correzione degli elaborati dunque non è maturata alcuna condizione d’incompatibilità rispetto alle elezioni del successivo luglio.

2.1 la censura è manifestamente infondata sotto entrambi i profili. La L. n. 247 del 2012, art. 47, non è stato abrogato nè espressamente nè tacitamente dalla L. n. 113 del 2017. Quest’ultimo testo normativo contiene, all’art. 18, l’espressa previsione delle disposizioni della L. n. 247 del 2012, che sono state abrogate (art. 18, comma 1: “della L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 28, i commi da 2 a 6, sono abrogati”). Ciò costituisce un indice ermeneutico di primaria importanza nel ritenere che l’effetto abrogativo della nuova disciplina sia limitato a quel che il legislatore ha reso esplicito. In più deve osservarsi che la nuova legge è diretta esclusivamente a disciplinare la procedura elettorale fino alla fase della proclamazione degli eletti, risultando priva di regole relative all’incandidabilità/ineleggibilità.

2.2 Quanto al secondo profilo di censura di natura strettamente interpretativa, si deve rilevare che dell’art. 47, comma 6, stabilisce: “Gli avvocati componenti della commissione non possono essere eletti quali componenti del consiglio dell’ordine, di un consiglio distrettuale di disciplina, del consiglio di amministrazione o del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense e del CNF nelle elezioni immediatamente successive alla data di cessazione dell’incarico ricoperto”. Già dal mero esame testuale della norma emerge che è sufficiente l’assunzione, dopo la nomina, della carica di componente della Commissione d’esame, per integrare la condizione impeditiva alla partecipazione alla tornata elettorale che cronologicamente succeda ad essa. Ma anche l’interpretazione sistematica conduce alla medesima conclusione. La posizione che si assume con la carica, al di là dell’effettivo esercizio, pone l’avvocato in una condizione di disequilibrio rispetto alle esigenze di uguaglianza e parità delle condizioni di base per partecipare alla competizione elettorale (di recente, sull’art. 47, comma 6, S.U. 27769 del 2020 ha escluso il sospetto d’illegittimità costituzionale della norma nell’interpretazione fatta propria dal provvedimento impugnato).

3. Nel secondo motivo viene dedotta la violazione della L. n. 113 del 2017, art. 8 e dei principi in materia di difetto d’interesse per non aver ritenuto il ricorso proposto dall’avv. G. inammissibile per difetto d’interesse dal momento che alla decadenza del ricorrente non consegue il suo subentro. Poichè l’art. 8, stabilisce che gli avvocati possono presentare esclusivamente candidature individuali, ne consegue che la legittimazione all’impugnazione dell’elezione è esclusivamente in capo a chi può conseguire un vantaggio dall’elezione.

3.1 Il reclamo elettorale avverso le elezioni dei componenti del Consiglio dell’ordine degli Avvocati è previsto dalla L. n. 247 del 2012, art. 28, comma 12. La disposizione stabilisce che: “Contro i risultati delle elezioni per il rinnovo del consiglio dell’ordine ciascun avvocato iscritto nell’albo può proporre reclamo al CNF entro dieci giorni dalla proclamazione. La presentazione del reclamo non sospende l’insediamento del nuovo consiglio”. La legittimazione alla proposizione del reclamo richiede esclusivamente di essere un avvocato iscritto all’ordine, in quanto tale titolare di un interesse diretto al regolare svolgimento della competizione elettorale e alla corrispondenza ai requisiti di legge dei candidati eletti.

4. Nel terzo motivo viene dedotta la nullità del provvedimento impugnato per violazione del contraddittorio, non avendo il ricorrente avuto notizia nelle forme di legge, indicate nel R.D. n. 37 del 1934, art. 59, della proposizione del ricorso-reclamo. La norma invocata, tuttavia, riguarda esclusivamente i procedimenti di natura disciplinare che si svolgono, in sede d’impugnazione, davanti al Consiglio Nazionale Forense, i quali hanno natura giuridica e funzione del tutto diversa da quella evidenziata del cd. reclamo elettorale. Deve pertanto ritenersi del tutto adeguato ai fini della salvaguardia del diritto di difesa del ricorrente, l’avviso eseguito mediante PEC all’avv. P. dell’avvenuto deposito del ricorso e della fissazione della data d’udienza (rispettivamente il 28/8/2019 ed il 31/10/2019 come da ricevuta di avvenuta consegna ed accettazione in atti, riscontrata dall’esame degli atti processuali, consentita dalla natura del vizio).

5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Non si deve provvedere alla statuizione sulle spese processuali, mancando la parte intimata.

PQM

Rigetta il ricorso.

Sussistono i requisiti per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2021

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