Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2606 del 04/02/2010

Cassazione civile sez. I, 04/02/2010, (ud. 19/11/2009, dep. 04/02/2010), n.2606

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4761/2004 proposto da:

D.M.P. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 169, presso l’avvocato

LOMBARDI SILVANA, rappresentato e difeso dall’avvocato DE SIMONE

Giovanni Battista, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CAPOSELE;

– intimato –

sul ricorso 7389/2004 proposto da:

COMUNE DI CAPOSELE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PANARO 11, presso l’avvocato BARTIMMO

VINCENZO, rappresentato e difeso dall’avvocato TARANTINO RITA, giusta

procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

D.M.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 132/2003 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 15/01/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

19/11/2009 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA;

udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato

RITA TARANTINO che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e

l’accoglimento di quello incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, assorbito il ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 29.3.2000, il Comune di Caposele impugnò innanzi alla Corte d’appello di Napoli la sentenza 4 febbraio 2000 con cui il Tribunale di S. Angelo dei Lombardi, in accoglimento della domanda proposta nei suoi confronti da D.M.P. lo aveva condannato al risarcimento del danno conseguente all’irreversibile trasformazione del terreno di proprietà di quest’ultimo, sito in località (OMISSIS), occupato al fine di realizzare in loco alloggi da destinare alle popolazioni colpite dal sisma, in forza di decreto sindacale del 15.07.1981 al quale non aveva fatto seguito decreto d’esproprio, sulla base del valore venale stimato in L. 38.000 al mq.

Chiese la riduzione del valore unitario di mercato del fondo a L. 10.000 al mq in conformità alle stime dell’UTE di Avellino ed alle valutazioni dello stesso Tribunale di S. Angelo dei Lombardi in altre sentenze pronunciate in relazione a suoli confinanti con quello dell’attore. Dedusse assenza di prova del lucro cessante. Chiese altresì rideterminazione dell’indennità d’occupazione legittima e la restituzione delle somme versate oltre il dovuto.

Con appello incidentale, il D.M. chiese a sua volta che al terreno venisse attribuito un valore non inferiore a L. 42.000 al mq.

da riferirsi al 1983 e rivalutarsi all’attualità.

Con sentenza n. 132 depositata il 15 gennaio 2003, la Corte territoriale ha accolto il primo motivo del gravame principale, ritenendo gli elementi comparativi esibiti dall’attore poco pertinenti perchè si riferirebbero a periodi successivi all’approvazione del P.R.G. e quindi alla riconosciuta edificabilità legale della zona. Ha perciò liquidato in favore del D.M. la somma di Euro 7.301,40 oltre rivalutazione ed interessi legali a titolo di risarcimento danni per irreversibile trasformazione del fondo nonchè di Euro 730,14 a titolo d’indennità d’occupazione legittima, con detrazione degli acconti percepiti sulla base del valore unitario del bene di L. 10.000 al mq., asserendo d’uniformarsi in parte qua alle indicazioni offerte dal c.t.u..

Avverso questa decisione il D.M. ha proposto il presente ricorso per cassazione in base ad unico mezzo resistito dall’ente intimato con controricorso contenente ricorso incidentale non resistito dal ricorrente principale. Le parti hanno depositato rispettive memorie difensive ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In linea preliminare si dispone la riunione dei ricorsi a mente dell’art. 335 c.p.c., in quanto sono stati.

Proposti contro la stessa decisione.

Il ricorrente principale ascrive alla Corte Territoriale violazione di legge e vizio di motivazione, assumendo che la riduzione del valore di mercato del fondo da L. 83.00 al mq a L. 10.000 al mq. è inaccettabile per tre ordini di ragioni:

1.- per aver affermato di condividere le conclusioni del c.t.u., benchè questi avesse assegnato al suolo non già il valore unitario applicato, bensì quello ben più favorevole di L. 35.680 alla data del 1994;

2.- per non aver immotivatamente preso in considerazione i valori comparativi emergenti dagli atti pubblici di compravendita versati in atti e non contestati,asserendone la non pertinenza perchè successivi all’approvazione del P.R.G., laddove, di contro, gli atti menzionati si riferiscono a periodi precedenti, risalenti gli anni dal 1981 al 1983, attestando un valore unitario medio di mercato di L. 46.500 al mq;

3. – per non aver considerato sia che al momento dell’eversione – 1983 -; il Comune era sprovvisto di strumentazione urbanistica e con assoluta carenza di suoli edificatori, sicchè l’approvazione del P.R.G. ha suggellato legalmente la vocazione edificatoria già riconosciuta in via di fatto, sia che il mercato immobiliare delle zone limitrofe alle zone urbane era infine più attivo nell’anno 1983.

Il resistente replica alla censura deducendone infondatezza rilevando:

1.- il mero errore materiale in cui è incorsa la Corte d’appello per aver riferito il valore assegnato alle risultanze della c.t.u., intendendo piuttosto far proprio il valore attribuito dall’UTE;

2.- che gli atti pubblici prodotti, tutti contestati, riguardavano immobili situati nel centro urbano di (OMISSIS), di valore superiore al terreno di cui è causa situato invece in zona montuosa;

3.- che la censura, collegata al primo profilo, genera confusione, ed è perciò inammissibile.

Il motivo è infondato.

La Corte territoriale ha rilevato che il terreno in oggetto, dalla descrizione del c.t.u., risultava situato in zona montuosa ed all’epoca spopolata, posto in discesa ed avente forma triangolare, avente natura agricola e classificato come pascolo. Ha tenuto conto del fatto che, in carenza all’epoca di strumenti urbanistici, occorreva tener conto della potenzialità edificatoria della zona in atto al momento dell’occupazione, ed ha apprezzato la maggiore appetibilità del suolo rispetto a quelli aventi mera destinazione agricola, perchè a breve distanza del centro urbano meta di massiccio flusso di pellegrini, scorta di tali elementi ha ritenuto congrua la riduzione del valore di mercato da assegnare all’area al parametro di L. 10.000 al mq., attribuito dal c.t.u.. Tale decisione appare immune dal vizio denunciato. Ed invero, seppur risulti effettivamente riscontrabile, l’errore, consistito nel riferire il valore unitario del suolo accertato in L. 10.000 al mq. alle risultanze della c.t.u., nondimeno non assume rilievo sul piano logico, nè tanto meno risulta decisivo nell’economia della decisione.

Emerge infatti dal contesto della motivazione che, come si legge in successivo passaggio, l’adozione del suddetto valore unitario risponde in sostanza ad esigenze di coerenza, in quanto è conforme a quello applicato in precedenti cause, definite dalla stessa Corte territoriale in casi in tutto analoghi. E’ dunque evidente che, al di là dell’equivocata attribuzione al c.t.u. delle risultanze dell’accertamento catastale addotto dal Comune e nonostante essa, il dato rilevato dal giudicante, nel percorso argomentativo che ne ha sorretto la conclusione, ha assunto valore di elemento di comparazione, ritualmente acquisito al giudizio ed incontroverso, avente funzione di criterio di liquidazione effettivo e risolutivo, pur in assenza dell’altro termine di comparazione, come tale autonomamente idoneo a fondarne il convincimento.

Il risultato di tale verifica è pertanto immune dal vizio logico denunciato.

Il secondo motivo non appare autosufficiente.

La Corte territoriale ha escluso la pertinenza degli elementi comparativi richiamati nella perizia di parte prodotta dal D.M., perchè si riferivano a periodi successivi all’approvazione del P.R.G., quindi alla riconosciuta edificatori età legale.

Il ricorrente fonda la sua critica, indirizzata contro tale tessuto motivazionale puntuale ed immune da vizio logico, sul richiamo a scritture privare, di cui indica solo date e parti. Non ne riproduce invece il contenuto, quanto meno nella parte che in cui ne risulti descritto l’oggetto, ovvero che ne consentano di trame elementi di prova dell’effettiva omogeneità col suolo in contestazione.

Siffatta genericità procura per l’effetto l’inammissibilità del motivo.

Il terzo motivo è anch’esso inammissibile.

Si assume nella decisione impugnata che, poichè al terreno in oggetto, secondo la disciplina urbanistica, deve essere attribuita natura agricola, non trova applicazione il criterio risarcitorio che la L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, prevede per i suoli edificabili, bensì quello previsto dalla L. n. 2359 del 1865, art. 39.

La censura indirizzata contro tale approdo è infondata laddove attribuisce alla strumentazione urbanistica, intervenuta successivamente, valore di conferma di una vocazione edificatoria sussistente in via di mero fatto.

L’argomento confuta, senza illustrare alcun convincente argomento giuridico di smentita, il principio, applicato correttamente dalla Corte territoriale, secondo cui l’accertamento della qualità del suolo, emergente dallo strumento urbanistico, non può essere obliterata sulla base di elementi d’effettualità, i quali sono assolutamente irrilevanti.

E’ peraltro inammissibile laddove si articola in argomentazione di fatto che mirano a confutare nel merito l’accertamento della condizione concreta del fondo condotto dal giudice d’appello e la conseguente valutazione sulla sua destinazione (cfr. Cass. n. 9857/2007).

Ne discende il rigetto del ricorso.

Il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile.

La Corte territoriale ha accolto l’appello incidentale del Comune di Caposele per omessa pronuncia in ordine alla domanda di condanna del D.M. alla restituzione delle maggiori somme percepite in base alla sentenza di primo grado, dando atto della sua fondatezza nella parte motiva; ha però omesso relativa pronuncia di condanna nel dispositivo. La riscontrata omissione non procura il vizio di violazione di norma processuale, ad essa ascritto dal ricorrente incidentale ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 4, poichè non determina contrasto insanabile tra tessuto argomentativo della sentenza ed il dispositivo, tale da rendere impossibile ricostruire il decisum. La motivazione, esposta con puntualità e pertinenza, disvela infatti adeguatamente il contenuto della decisione, e dunque prevale sul dispositivo, che ne riassume solo la sintesi. E’ agevole per l’effetto desumerne l’accoglimento dell’appello incidentale.

Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, gravano sul ricorrente principale, prevalentemente soccombente.

P.Q.M.

Riuniti i ricorsi, rigetta il principale e dichiara inammissibile l’incidentale. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 1.800,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2010

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