Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26059 del 20/11/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 26059 Anno 2013
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 30029-2007 proposto da:
PARCO RUVA COSTR SRL 05668941007, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 19, presso lo
studio dell’avvocato GRIMALDI PAOLO, rappresentato e
difeso dall’avvocato PALLOTTINO GIOVANNI;
– ricorrente 2013
2065

contro

CANOBBIO SPA 03353220157, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA FEDERICO CESI 44, presso lo studio
dell’avvocato FARINA ANTONIO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato CAVANENGHI ALFREDO;

Data pubblicazione: 20/11/2013

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– controricorrente

avverso la sentenza n. 975/2007 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 18/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/10/2013 dal Consigliere Dott. CESARE

udito l’Avvocato GRIMALDI Paolo,

difensore del

ricorrente che si è riportato agli scritti depostati
ed ha insistito sul loro accoglimento;
udito l’Avvocato FARINA Antonio, difensore del
resistente che si riportato agli scritti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

ANTONIO PROTO;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso per decreto ingiuntivo depositato il
9/6/2004 la Canobbio S.p.A. chiedeva ingiungersi alla
società Parco Ruva Costruzioni s.r.l. il pagamento di
due fatture, emesse circa due anni prima,

ad archi (fattura del 30/10/2002) e per lo studio di
fattibilità relativo alla fornitura di una
tensostruttura

per

una

multisala

(fattura

del

19/7/2002).
Il Tribunale di Tortona emetteva il decreto ingiuntivo
in data 10/6/2004; ricorso e decreto erano notificati
all’intimata il 28/6/2004 (data di ricezione dell’atto
notificato).
Seguiva l’opposizione a decreto ingiuntivo introdotta
con citazione notificata il 4/8 e il 13/9/2004.
Prima della notifica del ricorso con il relativo
decreto ingiuntivo e precisamente in data 22/6/2004, la
società Parco Ruva Costruzioni s.r.l. aveva notificato
alla controparte atto di citazione a comparire dinanzi
al

Tribunale

di

Roma

per

sentire

dichiarare

l’inadempimento contrattuale di Canobbio S.p.A. con
riferimento al contratto di appalto sul quale si
fondavano le pretese creditorie oggetto del decreto

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rispettivamente per la fornitura di una tensostruttura

ingiuntivo

e

per

asserite

deficienze

della

tensostruttura montata nella multisala.
Per tale ragione con l’opposizione a decreto ingiuntivo
eccepiva l’incompetenza del Tribunale di Tortona per
litispendenza o continenza deducendo che il giudice

merito chiedeva l’accertamento dei lamentati vizi e
dunque l’inesatto adempimento di Canobbio s.p.a., della
legittimità dell’eccezione di inadempimento e la
condanna di controparte al risarcimento dei danni per
le spese di modifica del sistema di condizionamento
oltre ai danni equitativamente liquidati per disagi e
impegno di proprio personale.
Canobbio S.p.A. contestava l’eccezione di incompetenza
osservando che la prevenzione era determinata dal
ricorso per decreto ingiuntivo e dal conseguente
decreto; quanto all’eccezione di inadempimento,
opponeva la clausola contrattuale di

solve et repete,

nella specie operante in quanto l’ingiunta nulla aveva
pagato.
Il Tribunale di Tortona rigettava l’eccezione di
incompetenza osservando che il decreto ingiuntivo era
stato legittimamente emesso dal giudice competente in
quanto la causa davanti al Tribunale di Roma non era

4

preventivamente adito era il Tribunale di Roma; nel

stata ancora introdotta e pertanto solo il giudice
dell’opposizione era competente a decidere
sull’opposizione monitoria.
Nel merito rilevava l’infondatezza dell’opposizione per
l’operare della clausola contrattuale del

specificamente richiamata e sottoscritta in

calce al contratto e come tale idonea a rendere
improcedibile l’esame dell’eccezione di inesatto
adempimento, non essendo contestato che l’opponente non
aveva pagato il saldo della fattura; in altri termini,
non decideva sul merito delle censure sull’esatto
adempimento.
La Corte di Appello di Torino, decidendo con sentenza
del 18/6/2007 sull’appello proposto da Parco Ruva
Costruzioni s.r.l. rigettava integralmente l’appello e,
con riferimento alla competenza, tra l’altro osservava:
che il Tribunale di Tortona era sicuramente
competente ad emettere il decreto ingiuntivo sia per la
clausola di competenza esclusiva, sia perché in quel
circondario aveva sede la società ingiungente al cui
domicilio doveva essere adempiuta l’obbligazione;
che il Tribunale di Tortona era altresì
funzionalmente competente a conoscere dell’opposizione
a decreto ingiuntivo e non poteva divenire incompetente

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repete,

solve et

per un fatto sopravvenuto quale la successiva (rispetto
alla richiesta di provvedimento monitorio) proposizione
di una domanda sul rapporto sostanziale davanti ad
altro giudice.
Quanto al merito, la Corte di Appello rilevava:

paralizzare la pretesa di Canobbio s.p.a. per la
clausola del

solve et repete

inserita nel contratto e

specificamente sottoscritta;

che con l’appello era dedotto altresì il mancato

completamento dell’opera oggetto di appalto, ma la
questione così proposta era inammissibile in quanto
totalmente nuova rispetto all’iniziale prospettazione
di vizi e difetti che avrebbero determinato una
riduzione del prezzo e il risarcimento dei danni;

che all’applicazione della clausola suddetta non

ostava la previsione di cui all’art. 1460 c.c., norma
non inderogabile e che non limita la proposizione delle
eccezioni, ma le differisce nel tempo, come previsto
dallo stesso art. 1462 c.c.
Neppure la Corte di Appello, dunque, esaminava il
merito delle contestazioni relativa all’adempimento, ma
dava spiegazione delle ragioni per le quali non le
esaminava.

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– che l’eccezione di inesatto adempimento non poteva

La società Parco Ruva Costruzioni s.r.l. ha proposto
ricorso per cassazione affidato a due motivi con i
quali deduce, rispettivamente, la violazione delle
norme sulla competenza e il vizio di motivazione, con
riferimento alla competenza territoriale,
del

criterio

di

prevenzione,

all’applicazione della clausola che prevedeva un foro
convenzionale e alla clausola del solve et repete.
La stessa società, ha depositato, con la memoria ex
art. 378 c.p.c. datata 4/10/2013, tre documenti che non
erano

stati prodotti nelle

fasi del merito e

precisamente copia di una sentenza del Tribunale di
Roma relativa alla domanda della Parco Ruva s.r.l. di
accertamento dei vizi e di condanna della convenuta
Canobbio S.p.A. al risarcimento del danno, l’atto di
citazione in appello della Canobbio S.p.A.

e la

comparsa di costituzione e risposta della Parco Ruva
s.r.l.
La Canobbio S.p.A. ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
Preliminarmente occorre rilevare che le tre produzioni
sono irrilevanti in questo giudizio perché del tutto
inidonee a documentare un giudicato esterno sul merito
di questo giudizio, tenuto conto che sulla sentenza di

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all’applicazione

primo grado non risulta formato alcun giudicato e la
stessa ricorrente documenta
di appello,

l’avvenuta interposizione

seppure relativa alla competenza, ma

comunque idonea a precludere il giudicato anche sul
merito; in ogni caso non compete a questa Corte di

processo decidere sull’ammissibilità o inammissibilità
o improcedibilità di quella impugnazione ed
eventualmente alla Corte di Cassazione, ma solo se
investita del ricorso sulla decisione di quel giudice
di appello.
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la
violazione delle norme sulla competenza e il vizio di
motivazione.
La ricorrente ravvisa preliminarmente un contrasto tra
la motivazione del primo giudice (che si era ritenuto
competente perché giudice preventivamente adito) e
quella del giudice di appello che aveva ritenuto la
competenza funzionale del tribunale di Tortona in
quanto giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo,
salvo poi dare rilievo alla mancanza di altro
procedimento pendente al momento del deposito del
ricorso per decreto ingiuntivo; quanto
all’interpretazione delle norme, invoca l’applicazione

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legittimità, ma al giudice di appello di quel diverso

dell’art. 643 c.p.c. per il quale, nel procedimento di
ingiunzione, la pendenza della lite si verifica al
momento della notifica del ricorso e del decreto.
Le argomentazioni a sostegno della censura, trovano la
loro sintesi nei quesiti di diritto così formulati:

pendenza, al fini dell’art. 39 c.p.c. quando uno dei
due giudizi è un processo monitorio?
2)se nel momento in cui viene depositato il decreto
ingiuntivo il giudice del monitorio è competente non
essendovi alcun Tribunale in Italia ove in quel momento
penda giudizio, a prescrivere da una notifica che può
avvenire nei 60 gg. successivi alla sua emissione e se
di converso non lo è nel caso in cui conosce del
decreto in una fase successiva in cui già in un diverso
Tribunale pende una causa continente e sempre a
prescindere dalla sua notifica, come si colloca e per
dirimere quali questioni il c.p.c. ha adottato l’art.
643 c.p.c.
3)E se viceversa l’art. 643 c.p.c. non è sorto per
dirimere situazioni in cui pendono due processi
continenti avanti due differenti tribunali, entrambi
competenti per legge a conoscere la vicenda giuridica,
richiamando al suo interno l’art. 39 c.p.c., in quali

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l) quale è il momento determinante per stabilire la

casi se ne richiede l’applicazione per regolarne la
fattispecie;
4) può parlarsi di litispendenza o continenza di cause
tra due procedimenti uno instaurato con ricorso per
decreto ingiuntivo depositato ed emesso, ma non

diverso tribunale con citazione notificata e iscritta a
ruolo;
5) e, per converso, può parlarsi di litispendenza e/o
continenza di cause tra due procedimenti uno instaurato
con ricorso per decreto ingiuntivo depositato ed
emesso, ma notificato oltre i termini prescritti
dall’art. 644 c.p.c. e uno promosso successivamente
avanti diverso Tribunale con citazione notificata e
iscritta a ruolo.
2. Occorre subito osservare che l’ultimo quesito
inammissibile per irrilevanza in quanto pone una
questione

“accademica”

e

astratta;

ingiuntivo fu emesso il 10/6/2004,
22/2/2004

e

ricevuto

il

28/6/2004

il

decreto

notificato il
e

pertanto

abbondantemente nei termini di cui all’art. 644 c.p.c.
Con riferimento alle ulteriori problematiche sollevate
con il motivo di ricorso, la questione che si pone
nella presente fattispecie e in relazione al motivo di

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notificato ed uno promosso successivamente avanti

ricorso è quella di determinare quale sia la causa che
determina la prevenzione tra quella proposta con la
domanda di condanna introdotta con il ricorso per
decreto ingiuntivo davanti al tribunale di Tortona e
quella proposta davanti al tribunale di Roma con la

previo accertamento dell’inesatto adempimento e
comprendente

anche

la

domanda

di

condanna

al

risarcimento dei danni.
La peculiarità della fattispecie consiste nel fatto che
la causa ordinaria sul rapporto è stata proposta
davanti al Tribunale di Roma con atto di citazione
notificato il 17/6/2004 (ricevuto il 22/6/2004)e quindi
prima della notifica del ricorso e del decreto
ingiuntivo,

avvenuta

il

22/7/2004

(ricevuta

il

28/6/2004), ma successivamente al deposito del ricorso
stesso (avvenuto in data 9/6/2004)all’esito del quale
il 10/6/2004 fu emesso il decreto ingiuntivo e pertanto
in data anteriore alla notifica della citazione.
L’art.

39 c.p.c.

stato modificato dalla L. n.

69/2009 che ha aggiunto, nell’ultimo comma, dopo le
parole

“la

prevenzione

è

notificazione della citazione”,

determinata
le parole

dalla

“ovvero dal

deposito del ricorso” e la norma transitoria stabilisce

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domanda di accertamento negativo dello stesso credito,

che la disposizione si applica ai giudizi instaurati
dopo la sua entrata in vigore.
Tuttavia, con riferimento alla specifica problematica
posta con il presente ricorso e, in particolare, con
riferimento all’applicazione dell’art. 643 c.p.c., la

risolvendo un contrasto interpretativo insorto tra le
sezioni semplici ha interpretato la specifica normativa
(relativa la procedimento monitorio) oggetto del
presente ricorso e già all’epoca vigente, affermando
che nel caso in cui la parte nei cui confronti è stata
chiesta l’emissione di decreto ingiuntivo abbia
proposto domanda di accertamento negativo del credito
davanti ad un diverso giudice prima che il ricorso ed
il decreto ingiuntivo le siano stati notificati, se, in
virtù del rapporto di continenza tra le due cause,
quella di accertamento negativo si presti ad essere
riunita a quella di opposizione, la continenza deve
operare in questo senso, retroagendo gli effetti della
pendenza della controversia introdotta con la domanda
di ingiunzione al momento del deposito del relativo
ricorso, sempre che la domanda monitoria sia stata
formulata davanti a giudice che, alla data della
presentazione, era competente a conoscerla.

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Cassazione a S.U. (Cass. S.U. 1/10/2007 n. 20596),

In altri termini, nel caso di continenza (come nella
fattispecie) tra una causa introdotta col rito
ordinario ed una introdotta col rito monitorio, ai fini
dell’individuazione del giudice preventivamente adito,

ingiuntivo deve ritenersi pendente alla data di
deposito di quest’ultimo, a condizione che il ricorso e
il decreto siano stati successivamente notificati;
pertanto la notifica del ricorso e del decreto
costituiscono la condizione per il verificarsi della
litispendenza il cui avveramento retroagisce, a questi
fini, al momento del deposito del ricorso.
L’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato,
formatosi a partire dal 2003 e al quale ha prestato
adesione anche la giurisprudenza successiva (cfr. Cass.
26/4/2012 n. 6511) è pienamente condiviso da questa
Corte.
La validità di questa interpretazione della normativa
previgente rispetto alla L. n. 69/2009 non può
ritenersi venuta meno con la suddetta riforma che si è
limitata ad introdurre il principio di carattere
generale per il quale in tutti i procedimenti
introdotti con ricorso la litispendenza si verifica sin

• il giudizio introdotto con ricorso per decreto

dal primo contatto della parte con il giudice, ossia,
appunto con il deposito del ricorso, regolando quindi
fattispecie non perfettamente coincidenti con quella in
esame.
Il ricorso era stato proposto davanti al Tribunale di

ingiuntivo ai sensi dell’art. 20 c.p.c. perché in quel
circondario aveva sede la società al cui domicilio
doveva essere adempiuta l’obbligazione, come rilevato
dalla Corte di Appello alla pagina 24 della sentenza.
In tal senso si risponde ai primi quattro quesiti; il
quinto, come detto è inammissibile.
Ne discende il rigetto del motivo
2. Con il secondo profilo di censura si sostiene la
tesi che la designazione convenzionale di un foro
territoriale non comporta la competenza esclusiva in
mancanza di una espressa volontà di sottrarre la
competenza agli altri fori previsti dalla legge e si
afferma che la Corte di appello avrebbe disapplicato
questo principio.
In tal senso formula il quesito.
La censura è inammissibile per irrilevanza tenuto conto
che il Tribunale di Tortona, ritenuto competente, era
effettivamente

competente

a emettere

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il

decreto

Tortona, giudice competente a emettere il decreto

ingiuntivo ai sensi dell’art. 20 c.p.c. perché in quel
circondario aveva sede la società al cui domicilio
doveva essere adempiuta l’obbligazione (v. pag. 24
della sentenza di appello) e quale giudice
preventivamente adito per le ragioni già esposte

3.

Con il terzo motivo la ricorrente contesta

l’applicazione, da parte del giudice di appello della
clausola solve et repete pur prevista in contratto; la
ricorrente sostiene che la Corte di Appello non avrebbe
considerato la consistenza dell’eccezione di
inadempimento,

riconosciuto

dalla

stessa

società

Canobbio.
La ricorrente prosegue osservando:
– che la corte territoriale avrebbe dovuto analizzare
le prove dalle quali sarebbe emerso il carattere non
dilatorio dell’eccezione;

che la clausola riguardava le contestazioni o i

reclami sulla fornitura, mentre la sua contestazione
non riguardava un vizio dei materiali forniti, ma una
inesatta progettazione e un conseguente imperfetta
installazione.
In altri termini, la ricorrente sostiene di avere
sempre dedotto una inesatta progettazione e che la

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nell’esaminare il primo motivo.

clausola applicata non era applicabile ai vizi di
progettazione, ma solo a quelli relativi alla
fornitura.
Formulando il quesito di diritto chiede se

può il

giudice, davanti ad un inesatto adempimento fondato e

adempimento così da paralizzare la clausola solve et
repete di cui all’art. 1462 c.c.
3.1 Il motivo è inammissibile in quanto non attinge e
non inficia la motivazione della Corte di Appello(v.
pag. 34 della sentenza di appello) che ha osservato
come in primo grado Parco Ruva Costruzioni aveva
eccepito l’inadempimento della Canobbio in relazione
alla presenza di vizi e difetti che avrebbero
determinato una riduzione del prezzo e un risarcimento
dei danni e lo aveva espressamente qualificato come
inesatto adempimento (v. pag. 34 della sentenza di
appello); il motivo di appello nel quale si sosteneva,
invece dell’inesatto adempimento, il mancato
completamento dell’opera oggetto dell’appalto

era

invece inammissibile in quanto introduceva una
questione di merito del tutto nuova (v. pag.33 della
sentenza di appello).

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provato documentalmente considerarlo un parziale

Solo per completezza di argomentazione si osserva
ulteriormente che l’odierna deduzione di
inapplicabilità della clausola con riferimento al vizio
di progettazione è del tutto nuova non risultando
proposta in termini specifici neppure nel giudizio di

Il quesito
adempimento

(“Può il giudice, davanti ad un inesatto
fondato

e

provato

documentalmente

considerarlo un parziale adempimento cosi da
paralizzare l’applicazione della clausola selve et
repete di cui all’art. 1462 c.c.?”)è

dunque

inammissibile per assoluta genericità e perché non
pertinente rispetto alla ratio decídendí del giudice di
appello che ha accertato che in primo grado era stato
dedotto solo un inesatto adempimento in relazione al
quale era sicuramente applicabile la clausola solve et
repete.
4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con
la condanna della società ricorrente, in quanto
soccombente, al pagamento delle spese di questo
giudizio di cassazione liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente
Parco Ruva Costruzioni s.r.l. a pagare a Canobbio

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appello.

S.p.A.

le spese di questo giudizi: :11 cassazione

che

liquida in complessivi euro 3.000,01 per compensi oltre
euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 9/10/2013.

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