Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26058 del 17/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 17/11/2020, (ud. 29/10/2020, dep. 17/11/2020), n.26058

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel est. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26497/2019 R.G. proposto da:

R.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBERICO II 5,

presso lo studio dell’avvocato ETTORE TRAVARELLI, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

UNICREDIT SPA, in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CESI 72, presso lo studio

dell’avvocato ACHILLE BUONAFEDE, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10342/2019 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 15/05/2019;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 29/10/2020 dal relatore Dott. Franco DE STEFANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

R.F. chiede, affidandosi ad un articolato motivo e con ricorso notificato il 10/09/2019, la cassazione della sentenza n. 10342 del 15/05/2019 – addotta come notificata a mezzo p.e.c. il 23/08/2019 – con cui il Tribunale di Roma ha dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 339 c.p.c., comma 3, il suo appello contro l’accoglimento dell’opposizione proposta da Unicredit spa al precetto notificato dall’oggi ricorrente il 23/12/2014 (per Euro 591,33, su ordinanza di assegnazione di crediti in proc. n. 23376/12 r.g.e. Tribunale Roma per Euro 360,00 a favore del R. quale distrattario), per ritenuto carattere satisfattivo del pagamento già intercorso il 18/04/2014 in esito alla notifica – il 28/01/2014 – dell’ordinanza di assegnazione;

resiste con controricorso, illustrato da memoria, la Unicredit spa;

è formulata proposta di definizione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il ricorrente si duole, con un articolato motivo, di “violazione o falsa applicazione delle norme sul procedimento di cui agli artt. 339,112,113,132,552,91,92,93,95,96,82,83,88, c.p.c., del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 9,13 e ss., delle norme di cui agli artt. 1175,1181,1208 c.c. e ss., D.M. n. 140 del 2012, art. 316 c.p.c. e ss., art. 323c.p.c. e ss., art. 474 c.p.c. e ss., delle norme di cui agli artt. 3,24,28,97 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, delle norme comunitarie relative alla Dir. 16 febbraio 2011, n. 2011/7/ue (sic), – omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione”; e tanto sotto un duplice profilo: per avere erroneamente ritenuto legittimo il mancato pagamento da parte del debitore-terzo pignorato Unicredit spa delle spese vive a titolo di contributo unificato, marca da bollo, notifica PPT, notifica ordinanza, e interessi legali decorrenti dal di della pubblicazione dell’ordinanza, 21/01/2013, fino al pagamento effettivo avvenuto solo il 18-23/04/2014, nonchè degli ulteriori compensi professionali dovuti appunto dal ventunesimo giorno dalla notifica dell’ordinanza stessa; per avere erroneamente dichiarata l’inammissibilità dell’appello in violazione delle norme su indicate per prime;

a prescindere dalla preliminare verifica della procedibilità (in relazione alla necessità della presenza in atti della copia notificata della sentenza gravata e non della sola copia autentica, insufficiente in caso il ricorrente deduca l’intervenuta notifica: ancora di recente, v. Cass. 12/02/2020, n. 3466), comunque di tali doglianze e delle pure articolate repliche della controricorrente è superflua l’analitica disamina, perchè la dirimente ratio decidendi della qui gravata sentenza, cioè di inammissibilità dell’appello a motivi limitati, non è validamente attinta in ricorso;

infatti, il giudice di appello dichiara inammissibile il gravame perchè, pur dovendo esso modularsi sul paradigma dell’art. 339 c.p.c., comma 3, lo ha riscontrato come articolato – non solo e non tanto in modo non chiaro e non sintetico, ma soprattutto – su argomentazioni che non involgono nè violazioni delle norme sul procedimento, nè violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero di principi regolatori della materia, nè irredimibili vizi motivazionali, ma soltanto un error in iudicando, non deducibile in appello;

ad idonea confutazione di una tale ratio decidendi, sarebbe stato imprescindibile che in ricorso si esponessero e riportassero (neppure bastando una congerie di richiami a passi non meglio specificati dell’atto di appello: v. pag. 2 del ricorso) quei passaggi del gravame coi quali erano state prospettate con chiarezza e precisione (e, per di più, evitando toni che trasmodino in oltraggi agli estensori delle sentenze dei gradi di merito, come a pag. 25 del ricorso) le violazioni di principi giuridici fondamentali dell’ordinamento o di quelli ordinatori della materia, o la sussistenza degli altri presupposti dell’appello a motivi limitati: fin d’ora peraltro escluso – tra l’altro – che possa definirsi processuale la norma sulla necessaria integralità del pagamento delle spese di lite poi giudizialmente azionate, visto che essa attiene alla sostanza del credito vantato dal beneficiario della condanna;

in mancanza di tanto, la prospettazione solo a questa Corte dei molteplici aspetti di ingiustizia della decisione di merito, preclusa invece per il carattere dirimente della conclusione di inammissibilità dell’appello (neppure idoneamente suffragata dai documenti di riferimento), impedisce di apprezzare l’erroneità della sola valutazione qui rilevante, quella operata dal giudice di secondo grado quanto all’inammissibilità dell’appello a motivi limitati per carenza dei relativi presupposti (applicabili anche all’opposizione ad esecuzione, per consolidata giurisprudenza di legittimità);

il ricorso va così dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di legittimità;

infine, va dato atto della sussistenza dei presupposti (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso da essa proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2020

 

 

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