Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26052 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 15/10/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 15/10/2019), n.26052

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2490-2018 proposto da:

A.F.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato PASQUALE PELLEGRINO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MONTALTO UFFUGO, AMISSIMA ASSICURAZIONI SPA,

D.F.G.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1102/2017 del TRIBUNALE di COSENZA, depositata

il 05/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 16/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO

CIGNA.

Fatto

RILEVATO

che:

A.F.V. propone ricorso per Cassazione affidato a due motivi avverso la sentenza con cui il Tribunale di Cosenza, nel rigettargli l’appello, ha confermato la sentenza con cui il Giudice di Pace di Montaldo Uffugo, in relazione a sinistro stradale avvenuto in Montaldo Uffugo in data 14-1-2009 tra la sua Fiat Punto (assicurata per la rca con la Carige Assicurazioni SpA e condotta dalla figlia A.F.R.) e l’Audi 3 (di proprietà e condotta da D.F.G.L.), gli aveva respinto la domanda di declaratoria di responsabilità del Comune di Montaldo Uffugo e della D.F. e la conseguenza richiesta di condanna dei responsabili, in solido con la Carige (evocata in giudizio con la procedura di risarcimento diretto ex art. 149 cod. ass.), al risarcimento dei danni (per Euro 5.000,00) riportati dalla sua autovettura.

In particolare il Tribunale, con riferimento, in primo luogo, alla posizione della D.F. (e conseguentemente della società assicuratrice), ha ritenuto inammissibile il gravame per non essere stata al riguardo censurata l’autonoma ratio decidendi sulla quale era basata l’impugnata decisione del Giudice di Pace; quest’ultimo, infatti, aveva ritenuto inammissibile la richiesta di risarcimento nei confronti della società assicuratrice Carige (evocata in giudizio, come detto, con la procedura di risarcimento diretto) in quanto vi era una contestuale richiesta risarcitoria nei confronti anche della presunta responsabile D.F.G.L., con conseguente duplicazione attorea di richiesta risarcitoria; con riferimento, poi, alla posizione del Comune, ha ritenuto, sulla base dei rilievi dei c.c. e della deposizione del teste C., che l’incidente fosse avvenuto in quanto la conducente della Punto, nell’effettuare una curva a sinistra, verosimilmente a causa del manto stradale reso viscido dalla pioggia, aveva perso il controllo del veicolo, che si era girato su se stesso in un testa coda, finendo con la parte posteriore su una cunetta in terriccio al margine della strada; irrilevante era, invece, la mancata risposta all’interrogatorio, vertente su circostanza (banchina impraticabile perchè invasa da terriccio misto a fanghiglia), che, alla luce della detta dinamica, doveva ritenersi non dirimente.

Il Comune di Montaldo Uffugo, la D.F. e la Amissima Assicurazioni SpA (già Carige Assicurazioni SpA) non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Il relatore ha proposto la trattazione della controversia ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; detta proposta, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata, è stata ritualmente notificata al ricorrente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo il ricorrente, denunziando ex artt. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 – violazione dell’art. 342 c.p.c. e conseguente omessa applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 2, si duole che il Tribunale abbia ritenuto inammissibile l’appello con riferimento alla D.F. ed alla compagnia assicuratrice per mancata impugnazione dell’autonoma ratio decidendi sulla quale era fondata la decisione del primo Giudice; al riguardo ha innanzitutto precisato che il Giudice di Pace aveva dichiarato inammissibile la domanda risarcitoria avanzata nei confronti della D.F. ritenendo quest’ultima parte meramente interessata alla conoscenza degli atti del procedimento; ciò posto, si duole che il Tribunale, sulla base di un’interpretazione eccessivamente rigida del novellato art. 342 c.p.c., abbia dichiarato l’inammissibilità del gravame solo per non avere l’appellante pedissequamente riportato la parte della sentenza con cui il Giudice di primo grado aveva reputato inammissibile la domanda risarcitoria, senza in tal modo prendere in considerazione che con il primo motivo si era impugnata la decisione per mancata declaratoria di un pari concorso di responsabilità ex art. 2054 c.c..

Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio dell’impugnata decisione.

Come più volte precisato da questa S.C., invero, il motivo di ricorso per Cassazione deve essere correlato alla motivazione della sentenza impugnata; nello specifico è stato, invero, chiarito che “il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4″ (Cass. 359/2005; v. anche Cass. 21490/2015, secondo cui “la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al “decisum” della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., n. 4, con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio. v. di recente, anche Cass. 7074/2017 e Cass. S.U. 16598/2016).

Nella specie, il Tribunale, per quanto risulta dalla stessa sentenza impugnata, ha dichiarato inammissibile l’appello non per non avere lo stesso omesso di riportare la parte della sentenza di primo grado in cui veniva dichiarata l’inammissibilità della domanda risarcitoria, ma per mancanza di censura in ordine ad un’autonoma ratio decidendi posta dal Giudice di Pace a fondamento della sua statuizione di inammissibilità della domanda risarcitori a avanzata dall’attore nei confronti della D.F. (e cioè la prospettata duplicazione attorea di richiesta risarcitoria); rado decidendi che, per quanto riportato in ricorso, non appare in realtà adeguatamente censurata con l’atto di gravame, il quale doveva contenere le ragioni (riportate in ricorso per cassazione alle pagg. 10 ssg) per le quali l’appellante riteneva erronea sul punto la sentenza di primo grado.

Con il secondo motivo il ricorrente, denunziando – ex artt. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 – violazione ed errata applicazione dell’art. 2051 c.c. nonchè nullità del procedimento, sostiene che il Tribunale, in relazione alla affermata insussistenza di responsabilità del Comune, abbia reso una motivazione apparente e contraddittoria nonchè in contrasto con le disposizioni in materia di valutazione ed interpretazione della prova di cui all’art. 116 c.p.c..

Il motivo è inammissibile.

Premesso che questa Corte intende la censura di motivazione apparente come evocativa della norma (pur non espressamente citata) di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, va rilevato che costituisce consolidato principio di questa Corte che la mancanza di motivazione, quale causa di nullità per mancanza di un requisito indispensabile della sentenza, si configura “nei casi di radicale carenza di essa, ovvero del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la “ratio decidendi” (cosiddetta motivazione apparente), o fra di loro logicamente inconciliabili, o comunque perplesse od obiettivamente incomprensibili (Cass. sez. unite 8053 e 8054/2014); nella specie il Tribunale ha espresso le ragioni della adottata decisione sulla base di un’approfondita disamina delle risultanze istruttorie, valutando le prove raccolte con argomentazioni logicamente conciliabili, non perplesse ed obiettivamente comprensibili.

Nè sussiste la violazione dell’art. 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale), che, come precisato da Cass. 11892 del 2016 e ribadito da Cass. S.U. 16598/2016, è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, solo quando (e non è il caso di specie) il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime.

Il motivo, in sostanza, involge la ricostruzione del fatto operata dal Giudice del merito, in ordine alla quale è precluso a questa S.C. ogni sindacato, a maggior ragione dopo la novella dell’art. 360 c.p.c., n. 5, che ha ridotto al minimo costituzionale il controllo in sede di legittimità sulla motivazione (Cass. S.U. 8053, 8054 e 19881 del 2014).

In conclusione, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, poichè il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato dichiarato inammissibile, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019

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