Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2605 del 04/02/2021

Cassazione civile sez. un., 04/02/2021, (ud. 13/10/2020, dep. 04/02/2021), n.2605

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10534/2019 R.G. proposto da:

AUTOSTRADA BRESCIA VERONA VICENZA PADOVA S.P.A., in persona del

direttore generale p.t. C.B., rappresentata e difesa dai

Prof. Avv. Riccardo Villata, e Claudio Guccione, e dall’Avv. Maria

Ferrante, con domicilio eletto in Roma, via Sardegna, n. 50;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BESENELLO, in persona del Sindaco p.t., rappresentati e

difesi dall’Avv. Prof. F.G. e dagli Avv. Christian

Ferrazzi,e Federica Scafarelli, con domicilio eletto presso lo

studio di quest’ultima in Roma, via G. Borsi, n. 4;

– controricorrente –

e

C.I.P.E. – COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE

ECONOMICA, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELLE

INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA

TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE, MINISTERO PER I BENI E LE

ATTIVITA’ CULTURALI, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in

persona dei Ministri p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura

generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

e

REGIONE VENETO e PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO;

– intimate avverso la sentenza del Consiglio di Stato n. 499/19,

depositata il 21 gennaio 2019.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 13 ottobre

2020 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Comune di Besenello propose ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sede di Roma, per sentir annullare a) la deliberazione del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica del 18 marzo 2013, n. 21, recante l’approvazione in linea tecnica, con prescrizioni, del progetto preliminare dell’autostrada (OMISSIS) – I lotto funzionale (OMISSIS), b) la procedura di valutazione d’impatto ambientale, incluso il parere favorevole con prescrizioni della Commissione di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS del 7 dicembre 2012, n. 1112, e c) tutti gli atti presupposti e connessi.

1.1. Con sentenza del 1 dicembre 2017, il Tar Lazio rigettò il ricorso.

2. L’appello proposto dal ricorrente è stato accolto dal Consiglio di Stato con sentenza del 25 gennaio 2019, che ha annullato la deliberazione del CIPE. A fondamento della decisione, il Giudice amministrativo di secondo grado ha ritenuto innanzitutto sussistente la legittimazione ad agire del Comune di Benesello, rilevando che la realizzazione dell’infrastruttura al confine del territorio comunale risultava di per sè idonea a determinare conseguenze negative dirette sul territorio stesso e sulla vita degli abitanti, in quanto produttiva di un aumento del traffico veicolare diretto verso l’autostrada (OMISSIS), ed aggiungendo che, in caso di prosecuzione della procedura, l’unitarietà del progetto complessivo avrebbe comportato inevitabilmente il coinvolgimento del territorio comunale. Ha escluso inoltre l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto d’interesse, in relazione alla mancata impugnazione degli atti adottati successivamente alla Delib. del CIPE, osservando che gli stessi risultavano privi di immediata efficacia lesiva e non autonomamente impugnabili, in quanto non aventi contenuto decisorio, ma natura endoprocedimentale.

Precisato poi che il giudizio aveva ad oggetto esclusivamente la realizzazione del I lotto funzionale dell’autostrada (OMISSIS), ha rilevato che la procedura per l’approvazione del progetto preliminare e la valutazione d’impatto ambientale era stata avviata con la pubblicazione degli avvisi ed il deposito degli elaborati progettuali, seguita da una conferenza di servizi istruttoria, nell’ambito della quale la Provincia di Trento aveva espresso il proprio dissenso, ai sensi del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 165, comma 5; per tale motivo, il progetto era stato sottoposto alla valutazione del Consiglio superiore dei lavori pubblici, ai sensi dell’art. 165, comma 6, lett. a), ed a seguito del parere di quest’ultimo, reso nell’adunanza del 7 marzo 2013, era stata sviluppata la proposta progettuale riguardante il solo I lotto funzionale dell’opera, interamente ricadente nel territorio della Regione Veneto; nella procedura di valutazione d’impatto ambientale, erano invece intervenuti i pareri favorevoli della Regione Veneto e dei Ministeri dell’ambiente e per i beni e le attività culturali e quello contrario della Provincia di Trento, nonchè quello favorevole con prescrizioni reso dalla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale, a seguito dei quali era stata adottata la Delib. impugnata, con cui il CIPE aveva approvato “in linea tecnica” il progetto preliminare.

Tanto premesso, e chiarito che laddove l’Amministrazione eserciti un’amplissima discrezionalità non solo tecnica, ma anche amministrativa, le posizioni soggettive delle persone e degli enti coinvolti nella procedura sono qualificabili come interessi legittimi e le relative controversie non rientrano nella giurisdizione di merito del Giudice amministrativo, con la conseguenza che le scelte compiute si sottraggono al sindacato di quest’ultimo, a meno che non appaiano manifestamente illogiche o incongrue, il Consiglio di Stato ha ritenuto illogica ed irrazionale la scelta di proporre ed approvare soltanto il progetto del I lotto funzionale, in quanto a) fin dall’inizio gli atti della procedura erano volti alla realizzazione di un’infrastruttura autostradale unitaria, b) la frammentazione di quest’ultima in distinti lotti costituiva la conseguenza non già di valutazioni inerenti la peculiarità del tracciato e delle sue caratteristiche, ma dell’esigenza di delimitare la rilevanza giuridica del dissenso espresso dalla Provincia di Trento e del parere reso dal Consiglio superiore dei lavori pubblici, e c) la realizzazione del solo tratto veneto risultava priva di un oggettivo fondamento funzionale, non essendo ravvisabile alcuna giustificazione della costruzione di un prolungamento verso Nord dell’autostrada (OMISSIS) senza ipotizzare il raggiungimento dell'(OMISSIS). Ha escluso che la realizzazione del I lotto funzionale dell’opera avrebbe facilitato il collegamento con il distretto industriale della (OMISSIS) ed alleggerito i relativi centri urbani, osservando che il territorio in questione risultava già sufficientemente dotato di infrastrutture idonee a tali scopi, ed evidenziando che il provvedimento impugnato da un lato rinviava al piano economico-finanziario dell’intera opera per la valutazione degli aspetti economici e finanziari, e dall’altro precisava che l’opera completa avrebbe consentito di migliorare il collegamento con l’Europa centrale attraverso il Brennero.

3. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova S.p.a., per un solo motivo, illustrato anche con memoria. Hanno resistito con controricorsi, anch’essi illustrati con memorie, da un lato il Comune e dall’altro il CIPE, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero per i beni e le attività culturali e il Ministero dell’economia e delle finanze, i quali hanno proposto ricorso incidentale, articolato in tre motivi, al quale il Comune ha resistito con controricorso. La Regione Veneto e la Provincia Autonoma di Trento non hanno invece svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione del. D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 7, L. 21 dicembre 2001, n. 443, art. 1 e del principio costituzionale di separazione dei poteri, osservando che, nell’annullare la Delib. impugnata, il Giudice amministrativo si è spinto a sindacare nel merito la valutazione discrezionale compiuta dal Governo e dal CIPE in ordine all’effettiva utilità del I lotto funzionale dell’autostrada, contestando le motivazioni di convenienza ed opportunità poste a base del progetto preliminare, ed eccedendo dunque l’ambito dei suoi poteri. Sostiene infatti che la scelta di procedere alla realizzazione del I lotto funzionale, localizzato interamente nel territorio veneto, costituisce espressione dell’amplissima discrezionalità di cui l’Amministrazione gode nella materia in esame, rappresentando il frutto di un’attenta e ponderata valutazione, che ha condotto il CIPE ed il Ministero delle infrastrutture ad articolare l’opera in due segmenti funzionalmente autonomi. In quanto riservata alla discrezionalità dell’Amministrazione, ai sensi del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 2, comma 1-bis, tale valutazione inerisce al merito dell’attività amministrativa, e si sottrae dunque al sindacato del Giudice amministrativo, i cui limiti risultano ancor più ristretti per effetto dell’importanza strategica dell’infrastruttura, individuata quale opera di preminente interesse nazionale, da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, ai sensi della L. n. 443 del 2001, art. 1. Aggiunge che, anche a volerla considerare come espressione di discrezionalità tecnica, la predetta valutazione non sarebbe sindacabile da parte del Giudice amministrativo, risultando indissolubilmente legata a ragioni di opportunità e convenienza, e non emergendo profili di manifesta illogicità o irragionevolezza: il progetto approvato presenta infatti un’oggettiva utilità pubblica, chiarita nella relazione istruttoria e consistente nell’agevolazione del collegamento della rete autostradale al distretto industriale della (OMISSIS) ed alle località turistiche dell’alta provincia vicentina e dei comprensori trentini. Nell’annullare la delibera, il Consiglio di Stato ha quindi operato indebitamente come organo di amministrazione attiva, spingendosi fino a fornirne una sorta di interpretazione autentica, attraverso il richiamo del piano economico-finanziario dell’opera, e qualificando come atti meramente endoprocedimentali quelli successivi, non impugnati dai ricorrenti.

2. Con il primo motivo del ricorso incidentale, le Amministrazioni contro-ricorrenti deducono la violazione del principio costituzionale di separazione dei poteri e l’eccesso di potere giurisdizionale per sconfinamento nella sfera riservata alla discrezionalità dell’Amministrazione, rilevando che il Giudice amministrativo si è spinto a sindacare le valutazioni di opportunità e convenienza sottese alla scelta di suddividere l’opera in più lotti. Premesso infatti che tale scelta, avente carattere strategico in quanto riguardante un’opera ritenuta di preminente interesse nazionale, ed operata nel pieno rispetto della disciplina dettata dalla L. n. 443 del 2001 e dal D.Lgs. n. 163 del 2006, costituisce espressione dell’amplissima discrezionalità spettante all’Amministrazione nella materia in esame, sostengono che il Ministero ed il CIPE hanno proceduto ad un’attenta e ponderata valutazione degli interessi pubblici coinvolti, all’esito della quale hanno ritenuto utile ed opportuno articolare l’infrastruttura in due segmenti funzionalmente autonomi.

3. Con il secondo motivo, le Amministrazioni controricorrenti lamentano la violazione del D.Lgs. n. 104 del 2010, artt. 7 e 134, dei limiti del sindacato di legittimità e del principio di tassatività della giurisdizione di merito, osservando che, nonostante il riconoscimento dell’amplissima discrezionalità spettante all’Amministrazione nella materia in esame, il Giudice amministrativo ha esteso il proprio controllo al merito della scelta compiuta, avendone valutato l’opportunità sotto il profilo dell’adeguatezza rispetto alla tutela dell’interesse pubblico perseguito. Precisato infatti che il sindacato di legittimità spettante al Giudice amministrativo ha ad oggetto il riscontro della congruità e logicità della motivazione posta a fondamento dell’atto impugnato, sostengono che tale operazione va tenuta distinta da quella consistente nella scelta tra diverse possibili opzioni valutative più o meno opinabili, la quale inerisce invece al merito dell’attività amministrativa, e si traduce in una sostituzione del Giudice alla Pubblica Amministrazione nella valutazione dell’impatto pratico della scelta rispetto all’attuazione del pubblico interesse.

4. Con il terzo motivo, le Amministrazioni denunciano la violazione della L. n. 443 del 2001, art. 1 e del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 2, comma 1-bis, osservando che quest’ultima disposizione riserva alla discrezionalità dell’Amministrazione la scelta di suddividere l’opera pubblica in più lotti, e quindi la valutazione in ordine all’autonomia funzionale dei lotti o all’utilità della scelta rispetto agl’interessi pubblici. Ribadiscono che tale valutazione resta sottratta al sindacato del Giudice amministrativo, il quale può riguardare al più profili di macroscopica illogicità o irrazionalità, non ricorrenti nel caso in esame, in quanto il Ministero ed il CIPE hanno chiarito espressamente le ragioni di opportunità e convenienza della scelta compiuta, individuando le misure più adeguate per il perseguimento degl’interessi pubblici coinvolti. Affermano che nella specie il predetto sindacato incontra limiti ancor più ristretti, in considerazione del carattere strategico dell’opera, la cui individuazione è rimessa alla discrezionalità programmatoria e istituzionale del Governo, filtrata dalla valutazione del CIPE, e dell’inserimento della stessa nell’allegato I del Regolamento n. 1315/2013/UE sulla pianificazione, sviluppo e funzionamento delle reti transeuropee dei trasporti.

5. I predetti motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto aventi ad oggetto profili diversi della medesima questione, sono inammissibili.

Costituisce infatti jus receptum il principio secondo cui l’eccesso di potere giurisdizionale sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera del merito, denunciabile con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8, è configurabile soltanto quando l’indagine svolta dal Giudice amministrativo ecceda i limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, dimostrandosi strumentale ad una diretta e concreta valutazione della opportunità e convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, evidenzi l’intento dell’organo giudicante di sostituire la propria volontà a quella dell’Amministrazione, mediante una pronuncia che, in quanto espressiva di un sindacato di merito ed avente il contenuto sostanziale e l’esecutorietà propria del provvedimento sostituito, non lasci spazio ad ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa (cfr. tra le più recenti, Cass., Sez. Un., 24/05/2019, n. 14264; 26/11/ 2018, n. 30526; 2/02/2018, n. 2582). E’ quanto accade nelle ipotesi in cui il Giudice amministrativo invade arbitrariamente il campo dell’attività riservata alla Pubblica Amministrazione attraverso l’esercizio di poteri di cognizione e di decisione non previsti dalla legge, cioè compiendo atti di valutazione della mera opportunità dell’atto impugnato, oppure sostituendo propri criteri di valutazione a quelli discrezionali dell’Amministrazione, o ancora adottando decisioni finali c.d. autoesecutive, ovverosia interamente sostitutive delle determinazioni dell’Amministrazione, con conseguente trapasso da una giurisdizione di legittimità a quella di merito (cfr. Cass., Sez. Un., 9/11/2011, n. 23302; 15/03/1999, n. 137). E’ invece esclusa la possibilità di far valere, attraverso la deduzione del vizio in esame, errori in procedendo o in judicando, la cui denuncia, implicando una censura di violazione delle norme processuali o sostanziali che regolano la fattispecie, non attiene all’essenza o ai limiti esterni della funzione giurisdizionale, ma alle modalità di esercizio della stessa da parte del Giudice amministrativo, e resta pertanto sottratta al sindacato spettante a queste Sezioni Unite sulle decisioni rese dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (cfr. Cass., Sez. Un., 22/04/2013, n. 9687; 5/06/ 2006, n. 13076; 27/06/2003, n. 10287).

L’applicazione di tali principi non può essere esclusa in virtù dell’ampia discrezionalità riconosciuta alla Pubblica Amministrazione in determinati settori, come quello dell’individuazione e della progettazione delle opere pubbliche d’importanza strategica, la cui rispondenza a criteri e finalità che coinvolgono l’economia generale del Paese e gli accordi intervenuti con gli organi dell’Unione Europea, pur implicando valutazioni che trascendono l’ambito del singolo progetto per investire le prospettive di sviluppo del sistema infrastrutturale, non comporta la sottrazione delle relative decisioni al sindacato del Giudice amministrativo e neppure la limitazione dello stesso al mero rispetto delle regole procedurali, essendo l’Amministrazione tenuta comunque a conformarsi ai canoni di logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria che presiedono all’esercizio della discrezionalità amministrativa, e restando quindi il suo operato sindacabile sotto il profilo dell’evidente illogicità o manifesta incongruenza rispetto ai presupposti di fatto considerati. L’ammissibilità di tale sindacato è stata costantemente ribadita dalla giurisprudenza amministrativa in riferimento ad un’estesa e variegata gamma di ipotesi nelle quali l’Amministrazione gode di un ampio margine di valutazione, essendosi rilevato che il valore preminente riconosciuto a determinati interessi, se può giustificare una dilatazione dell’ambito entro il quale può aver luogo la scelta degli strumenti da utilizzare per il loro perseguimento, non impedisce comunque la verifica della correttezza dell’azione amministrativa sotto il profilo della razionalità delle scelte compiute, della congruità dei mezzi adottati rispetto allo scopo avuto di mira e dell’avvenuta valutazione di soluzioni alternative, onde evitare che la predetta preminenza si trasformi in un primato generale ed assoluto, la cui concreta declinazione comporti un sacrificio sproporzionato degli altri interessi coinvolti nella vicenda (cfr. in tema di opere pubbliche, Cons. Stato, Sez. IV, 27/03/2017, n. 1392; in tema di imposizione di vincoli ambientali o storico-artistici, Cons. Stato, Sez. VI, 11/05/2018, n. 2839; 30/06/2011, n. 3894; in tema di concorsi a pubblici impieghi, Cons. Stato, Sez. V, 23/12/2013, n. 6194; Cons. Stato, Sez. VI, 25/09/2006, n. 5608; in tema di edilizia convenzionata, Cons. Stato, Sez. IV, 25/08/2003, n. 4787).

I limiti del predetto sindacato, puntualmente richiamati in premessa dalla sentenza impugnata, devono ritenersi sostanzialmente rispettati dal Giudice amministrativo: quest’ultimo, nell’annullare la deliberazione del CIPE, ha posto infatti in risalto per un verso l’inadeguatezza dell’istruttoria compiuta, derivante dall’arbitraria frammentazione in due lotti distinti di un progetto preliminare relativo ad un’infrastruttura originariamente concepita in modo unitario, per altro verso la mancata giustificazione della scelta di realizzare un prolungamento verso Nord dell’autostrada (OMISSIS) senza ipotizzare il raggiungimento dell’autostrada (OMISSIS), e per altro verso ancora l’incoerenza del provvedimento adottato rispetto alle esigenze del territorio servito, già sufficientemente dotato di infrastrutture idonee ad assicurare il collegamento con la rete autostradale e l’alleggerimento dei centri urbani dal traffico di attraversamento; sulla base di tali elementi, il Consiglio di Stato ha concluso per la manifesta illogicità ed incongruenza del provvedimento impugnato, in quanto fondato su valutazioni relative alla realizzazione di un’opera più ampia e comunque privo di autonomo significato, se non posto in relazione con il progetto originario e con l’esigenza di delimitare la rilevanza giuridica del dissenso espresso in proposito dalla Provincia autonoma di Trento e delle precisazioni contenute nel parere reso dal Consiglio superiore dei lavori pubblici.

In quanto volto ad evidenziare la manifesta illogicità ed incongruenza della deliberazione impugnata, formalmente recante l’approvazione di un nuovo progetto, ma sostanzialmente mirata all’aggiramento dell’ostacolo rappresentato dal predetto dissenso, tale ragionamento si sottrae alle censure dei ricorrenti, non eccedendo l’ambito dei poteri spettanti al Giudice amministrativo nelle controversie devolute alla sua giurisdizione generale di legittimità, ma mantenendosi correttamente nei limiti dell’indagine finalizzata allo accertamento dei vizi lamentati, quali figure sintomatiche dell’eccesso di potere da cui risulta affetto l’atto impugnato. Nessun rilievo può assumere, in contrario, il richiamo alla disciplina dettata dal D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 2, comma 1-bis (introdotto dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 44, comma 7, convertito con modificazioni dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, modificato dal D.L. 6 luglio 2012, n. 95, art. 1, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 135 e D.L. 21 giugno 2013, n. 69, art. 26-bis, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 98), oggi abrogato e sostituito dal D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 51, che in tema di appalti pubblici rimette alla stazione appaltante la decisione di suddividere il progetto in lotti funzionali, essendo pacifico che l’ampia discrezionalità prevista da tale disposizione, al pari di quella esercitata dall’Amministrazione in altri settori, non sottrae la scelta al sindacato del Giudice amministrativo, nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, nonchè dell’adeguatezza dell’istruttoria compiuta (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 12/02/2020, n. 1076; 22/02/2019, n. 1222; Cons. Stato, Sez. V, 7/02/2020, n. 973). Quanto poi all’inclusione dell’opera tra quelle elencate dall’allegato I del Regolamento n. 1315/2013/UE, relativo allo sviluppo della rete transEuropea dei trasporti, indipendentemente dalla considerazione che, ai sensi dell’art. 7, par. 4 del medesimo Regolamento, l’attuazione dei progetti d’interesse comune, ai fini della realizzazione della predetta rete, resta pur sempre subordinata al rispetto delle procedure giuridiche nazionali (cfr. al riguardo, Corte Cost., sent. n. 122 del 2013), è appena il caso di rilevare che l’omessa valutazione di tale circostanza, risolvendosi nella violazione delle norme Europee che disciplinano la fattispecie, non integra di per sè un eccesso di potere giurisdizionale, deducibile come motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8. La denuncia della violazione delle norme dell’UE o della CEDU non coinvolge infatti l’essenza o i limiti esterni della funzione giurisdizionale, e resta pertanto sottratta al sindacato spettante a queste Sezioni Unite in sede di controllo sulla giurisdizione, il quale non si estende agli errores in procedendo o in judicando, vale a dire all’inosservanza delle norme processuali e sostanziali applicabili nel caso concreto, il cui accertamento attiene alle modalità di esercizio della giurisdizione da parte del Giudice amministrativo (cfr. Cass., Sez. Un., 6/03/2020, n. 6460; 11/11/2019, n. 29085).

Per le medesime ragioni, infine, non può trovare ingresso, in questa sede, la censura riflettente l’errata affermazione della natura endoprocedimentale degli atti successivi alla deliberazione del CIPE e la conseguente fondatezza dell’eccezione d’improcedibilità del ricorso giurisdizionale per difetto d’interesse: in quanto avente ad oggetto la sussistenza di una condizione dell’azione, il cui accertamento è riservato al giudice cui è devoluta la cognizione della controversia, la predetta questione non attiene infatti all’osservanza dei limiti esterni della giurisdizione, ma alle modalità di esercizio della stessa, e la relativa decisione non è pertanto censurabile per eccesso di potere giurisdizionale (cfr. Cass., Sez. Un., 14/01/2015, n. 475; 27/06/2003, n. 10287).

6. Il ricorso principale ed il ricorso incidentale vanno pertanto dichiarati entrambi inammissibili.

Le spese processuali seguono la soccombenza, e si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

dichiara inammissibili il ricorso principale e il ricorso incidentale. Condanna la ricorrente principale e i ricorrenti incidentali al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 15.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2021

 

 

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