Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26048 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. II, 15/10/2019, (ud. 06/03/2019, dep. 15/10/2019), n.26048

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11904/2015 proposto da:

L.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALFREDO

CASELLA 43, presso lo studio dell’avvocato NICOLETTA MERCATI,

rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE ROCCHETTI;

– ricorrente –

contro

SICURITALIA GLOBAL SECURITY SERVICE SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ACHILLE PAPA 21, presso lo studio dell’avvocato RODOLFO GAMBERINI

MONGENET, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ANTONIO GALASSO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4329/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 03/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/03/2019 dal Consigliere Dott. CHIARA GESSO MARCHEIS.

Fatto

PREMESSO

che:

1. Con atto di citazione del 31/12/2012 L.R., quale titolare della ditta “Vigilanza Città di Como di L.R.”, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Como la società Sicuritalia Global Security Service s.p.a., chiedendone la condanna al pagamento di Euro 8.604,21, di cui alla fattura n. (OMISSIS), quale ulteriore corrispettivo per il servizio di piantonamento effettuato per conto della convenuta presso un istituto bancario, da maggio a settembre 2009. La società convenuta si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto della domanda dell’attore, in quanto tra le parti era intercorso un contratto di piantonamento per la sola giornata del lunedì, dalle ore 8.01 alle ore 13.01, e tutte le ore effettuate erano state pagate una volta terminato il contratto.

Il Tribunale di Como, con sentenza n. 408/2014, rigettava la domanda.

2. Avverso la sentenza proponeva appello L.R..

Con sentenza 2 dicembre 2014, n. 4329, la Corte d’appello di Milano rigettava l’impugnazione, ritenendo non condivisibile la censura dell’appellante circa la mancata ammissione della prova per testimoni da lui richiesta, volta a dimostrare l’effettuazione di prestazioni ulteriori rispetto a quelle contrattualmente previste.

3. Contro la sentenza ricorre per cassazione L.R.. Resiste con controricorso Sicuritalia s.p.a., che, precisa la società, ha incorporato Sicuritalia Global Security Service s.p.a..

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. Il ricorso è articolato in tre motivi.

a) Il primo motivo contesta “violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 2723 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 5, violazione del diritto alla prova di parte ricorrente, carenza di motivazione, travisamento delle prove e dei fatti”: il giudice d’appello avrebbe violato il diritto alla prova del ricorrente non avendo ammesso la prova per testimoni dedotta in primo grado e reiterata in appello.

Il motivo è infondato. L’art. 2723 c.c., prescrive che “qualora si alleghi che, dopo la formazione di un documento, è stato stipulato un patto aggiunto o contrario al documento di esso l’autorità giudiziaria può consentire la prova per testimoni soltanto se, avuto riguardo alla qualità delle parti, alla natura del contratto e a ogni altra circostanza, appare verosimile che siano state fatte aggiunte o modificazioni verbali”. Il giudice d’appello – con valutazione che questa Corte con orientamento costante ritiene rientri nei poteri discrezionali del giudice di merito e che, se motivata, si sottrae al vaglio di legittimità (cfr. al riguardo Cass. 11932/2006) – ha ritenuto inverosimile che vi siano state modificazioni verbali al contratto, sulla base di plurime circostanze (la peculiare natura ed importanza del servizio erogato, la mancanza di sottoposizione alla verifica dell’istituto bancario, l’emissione della fattura decorsi due anni dalla cessazione del rapporto, la mancanza di indicazioni nei prospetti mensili).

b) Con il secondo motivo – che denuncia “violazione di legge, segnatamente dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 5; violazione di legge, segnatamente dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 nn. 3, 5 c.p.c. il ricorrente lamenta che la Corte di appello si sia pronunciata “su fatti, oggetto di eccezioni non sollevate dalla parte appellata in prime come in seconde cure, anzi tacitamente dalla stessa parte appellata esclusi”.

Il motivo è infondato. Secondo il ricorrente il giudice d’appello, nel riferirsi alla mancata sottoposizione delle variazioni alla verifica dell’istituto bancario e all’emissione dopo due anni della fattura, avrebbe rilevato l’inadempimento dei ricorrente in assenza di eccezione della controparte, così violando l’art. 112 c.p.c.. In realtà, il giudice d’appello non ha affatto rilevato l’inadempimento del ricorrente, ma ha osservato che queste due circostanze rendevano non verosimile che il contratto fosse stato modificato verbalmente.

c) Il terzo motivo – rubricato “violazione di legge, segnatamente degli artt. 1218,1453 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 5, violazione di legge, segnatamente dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 5, fondatezza della pretesa azionata dall’attore in prime cure, esecuzione da parte del ricorrente del servizio di piantonamento in favore della società resistente nelle circostanze di tempo e di luogo allegate nella citazione 10.12.2012 e precisate nella memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1, del 9.05.2013, diritto della parte appellante al pagamento del corrispettivo dovuto contrattualmente, carenza di motivazione, travisamento delle prove e dei fatti” – “ribadisce il presupposto sostanziale della doglianza esposta sul punto che precede”, ossia che controparte non mai sollevato l’eccezione di inadempimento, ed è pertanto anch’esso infondato.

II. Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della società controricorrente che liquida in Euro 2.500, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019

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