Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26046 del 15/10/2019
Cassazione civile sez. II, 15/10/2019, (ud. 14/02/2019, dep. 15/10/2019), n.26046
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10357/2017 proposto da:
C.A., C.F., elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA ATTILIO REGOLO, 12/D, presso lo studio dell’avvocato ITALO
CASTALDI, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati
ITALO GIOVANNI DALMATO PALUMBO, DOMENICO PIZZILLO;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il
20/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
14/02/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.
Fatto
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Rilevato:
che i signori i sig.ri C.F. e A. hanno proposto ricorso, sulla scorta di tre motivi, per la cassazione del decreto con cui la corte d’appello di Roma, accogliendo l’opposizione proposta dal Ministero della Giustizia ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5-ter, ha dichiarato inefficace, perchè notificato oltre il termine di cui all’art. 5 della stessa Legge, il decreto che aveva loro liquidato Euro 24.500 a titolo di equa riparazione per l’irragionevole durata di un processo;
che nell’impugnato decreto la corte territoriale ha dato atto che il decreto era stato depositato il 3.2.15 ed era stato notificato al Ministero il 26.3.15, dopo la scadenza del termine di gg. 30 dal deposito, spirato il 5.3.15, previsto della L. n. 89 del 2001, art. 5, comma 2;
che con il primo motivo di ricorso – riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione alla violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 5 – i ricorrenti denunciano l’errore in cui la corte di appello sarebbe incorsa ancorando la decorrenza del termine previsto da detta disposizione alla data di deposito, invece che alla data di comunicazione, del decreto di cui all’art. 3 della stessa Legge;
che con il secondo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 4, i ricorrenti denunciano l’error in procedendo cui la corte di appello sarebbe incorsa omettendo di pronunciarsi sul merito della loro domanda di equa riparazione e limitando l’oggetto della propria pronuncia alla dichiarazione di inefficacia del decreto emesso ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 3;
che con il terzo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti ripropongono la stessa doglianza avanzata con il secondo motivo, deducendola sotto il profilo della violazione del disposto della L. n. 89 del 2001, art. 5 ter e argomentando che la corte territoriale si sarebbe dovuta pronunciare sul merito della domanda di equa riparazione anche nel caso di ritenuta e dichiarata inefficacia del decreto emesso ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 3;
che il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso; che la causa è stata chiamata all’adunanza in Camera di consiglio del 14 febbraio 2019, per la quale non sono state presentate memorie;
considerato:
che il primo mezzo di ricorso censura l’errore in cui la corte territoriale sarebbe incorsa considerando quale dies a quo del termine di cui della L. n. 89 del 2001, art. 5, comma 2, la data del deposito in cancelleria del decreto monitorio (effettuato, deducono i ricorrenti, oltre trenta giorni dopo la presentazione della relativa istanza), invece che la data della relativa comunicazione al procuratore dei ricorrente medesimi;
che la doglianza è inammissibile perchè i ricorrenti non indicano in quale data il suddetto decreto sarebbe stato comunicato al loro difensore, limitandosi a dedurre che dagli atti di causa emergerebbe che quest’ultimo aveva chiesto le copie per la notifica del decreto in data 20.3.17 (pag. 3 del ricorso per cassazione; della circostanza dà peraltro atto anche la corte di appello a pag. 4 del decreto);
che, pertanto, la censura risulta del tutto astratta, perchè non rappresenta alla Corte di cassazione la data alla quale la corte di appello avrebbe dovuto ancorare la decorrenza del termine di cui della L. n. 89 del 2001, art. 5, comma 2, se non fosse incorsa nell’errore di diritto denunciato con il mezzo di gravame, in tal guisa precludendo a questa Corte di apprezzare la correlazione tra il denunciato errore di diritto e la impugnata statuizione di tardività e così, in definitiva, di verificare la sussistenza dell’interesse a ricorrere;
che il secondo e terzo motivo possono essere trattati congiuntamente, per la loro stretta connessione, e vanno disattesi in base al principio, più volte affermato nella recente giurisprudenza di questa Corte, che nel procedimento di equa riparazione per irragionevole durata del processo regolato dalla L. n. 89 del 2001, la tardiva notifica del decreto emanato ai sensi dell’art. 3, comma 5, comporta l’inefficacia dello stesso e l’improponibilità della domanda indennitaria ex art. 5, comma 2, diversaimente da quanto previsto dal sistema di cui agli artt. 633 c.p.c. e segg., nell’ambito del quale, mancando un divieto di riproponibilità della domanda, l’eventuale inefficacia del decreto impone, comunque, per ragioni di economia processuale, l’esame nel merito della pretesa (Cass. 10879/18, Cass. 2659/17);
che, in conclusione, il ricorso va rigettato;
che le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza;
che non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, risultando dagli atti che il processo è esente dal pagamento del contributo unificato.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti a rifondere ai Ministero contro ricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200, oltre le spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019