Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26041 del 17/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 17/11/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 17/11/2020), n.26041

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19221-2018 proposto da:

COMUNE DI BIANCAVILLA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI 142,

presso lo studio dell’avvocato VINCENZO ALBERTO PENNISI,

rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO D’ORTO;

– ricorrente –

contro

S.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 819/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 10/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

ROSSETTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nel 2007 S.S. convenne dinanzi al Tribunale di Catania il Comune di Biancavilla, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti allorchè, nel percorrere una via cittadina alla guida del proprio autoveicolo, impattò contro “una grossa pietra che si trovava sulla sede stradale per colpa dell’ente”.

Con sentenza 22 novembre 2014 il Tribunale di Catania accolse la domanda e condannò il Comune di Biancavilla al pagamento in favore dell’attore della somma di Euro 4.169, oltre accessori.

2. La sentenza venne appellata dall’amministrazione comunale.

La Corte d’appello di Catania, con sentenza 10 aprile 2018, n. 819, rigettò il gravame.

Ritenne la Corte d’appello che:

-) il Comune dovesse rispondere dell’accaduto sensi dell’art. 2051 c.c.;

-) il Comune non avesse vinto la presunzione posta a suo carico da tale norma;

-) la prova testimoniale raccolta in primo grado a sostegno delle allegazioni attoree era attendibile;

-) il motivo d’appello con cui il Comune invocava un concorso di colpa della vittima era inammissibile perchè generico.

3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dal Comune di Biancavilla, con ricorso fondato su tre motivi.

S.S. non si è difeso in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 2051 c.c..

Deduce che la Corte d’appello avrebbe “omesso di valutare il comportamento colposo del danneggiato”, il quale invece sussisteva ed era consistito sia nell’avere violato il limite di velocità esistente sul luogo del sinistro, sia nell’avere guidato il proprio mezzo distrattamente.

2. Il motivo è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi sottesa dalla sentenza impugnata.

A pag. 8 della sentenza impugnata, infatti, la Corte d’appello afferma che il motivo d’appello col quale il ricorrente sosteneva che “la condotta dell’attore non è del tutto esente da colpe va disatteso in considerazione della sua totale apoditticità”.

La Corte d’appello, pertanto, ha ritenuto che il motivo di gravame col quale il Comune aveva prospettato la violazione dell’art. 1227 c.c., fosse privo di illustrazione, e perciò inammissibile.

Giusta o sbagliata che fosse tale valutazione, essa costituisce una autonoma ratio decidendi, di per sè idonea a sorreggere la decisione impugnata.

Sarebbe stato perciò necessario, per evitare il formarsi del giudicato interno sul giudizio di genericità dell’appello, che la suddetta ratio decidendi fosse stata impugnata con un motivo di ricorso per cassazione ad hoc, il quale avesse:

a) contestato il giudizio di genericità dell’appello;

b) indicato, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in quale atto ed in quali termini fosse stato introdotto in grado di appello il tema del concorso di colpa della vittima, al fine di dimostrare che quel motivo di gravame non era affatto generico.

Il ricorso oggi in esame, per contro, si disinteressa della reale motivazione adottata dalla Corte d’appello, e torna a sostenere che il sinistro doveva ascriversi anche a colpa concorrente (od esclusiva della vittima).

L’evidente iato tra ratio decidendi e causa petendi rende dunque inammissibile il motivo in esame.

2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, e dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la violazione dell’art. 132 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c..

Nell’illustrazione del motivo (pp. 8-13 del ricorso) si sostiene che il giudice “di primo grado” non ha disposto una consulenza tecnica d’ufficio per accertare il nesso di causa fra il danno lamentato dall’attore e il sinistro come descritto, e non ha motivato tale decisione, e che la consulenza tecnica nel caso di specie era necessaria a causa della fumosità del quadro probatorio.

Solo alle pag. 13-16 del ricorso il Comune investe la decisione d’appello, sostenendo che il giudice di secondo grado avrebbe errato sia nel ritenere superflua una consulenza tecnica d’ufficio; sia nel ritenere attendibile il testimone chiamato a deporre sui costi di riparazione del proprio autoveicolo sostenuti dalla parte danneggiata.

2.1. Ambedue le censure sopra riassunte d’appello sono inammissibili, perchè investono la valutazione delle prove.

Ed infatti tanto lo stabilire se un testimone è sincero o mendace, quanto il valutare se una consulenza tecnica d’ufficio possa o non possa essere utile ai fini del decidere, costituiscono valutazioni riservate al giudice di merito, ed insindacabili in sede di legittimità.

Ma, come noto, non è consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito (ex permultis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612747; Sez. 3, Sentenza n. 13954 del 14/06/2007, Rv. 598004; Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230; Sez. 1, Sentenza n. 7972 del 30/03/2007, Rv. 596019; Sez. 1, Sentenza n. 5274 del 07/03/2007, Rv. 595448; Sez. L, Sentenza n. 2577 del 06/02/2007, Rv. 594677; Sez. L, Sentenza n. 27197 del 20/12/2006, Rv. 594021; Sez. 1, Sentenza n. 14267 del 20/06/2006, Rv. 589557; Sez. L, Sentenza n. 12446 del 25/05/2006, Rv. 589229; Sez. 3, Sentenza n. 9368 del 21/04/2006, Rv. 588706; Sez. L, Sentenza n. 9233 del 20/04/2006, Rv. 588486; Sez. L, Sentenza n. 3881 del 22/02/2006, Rv. 587214; e così via, sino a risalire a Sez. 3, Sentenza n. 1674 del 22/06/1963, Rv. 262523, la quale affermò il principio in esame, poi tenuto fermo sino ad oggi: e cioè che “la valutazione e la interpretazione delle prove in senso difforme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione”).

3. Col terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omessa valutazione, da parte della Corte d’appello, del “fatto decisivo” rappresentato dalla velocità eccessiva tenuta dalla vittima al momento del sinistro.

3.1. Il motivo è inammissibile per le ragioni già esposte nell’esaminare il primo motivo di ricorso, ovvero la sua estraneità alla ratio decidendi con cui il giudice d’appello ha reputato inammissibile, per genericità, il motivo di gravame col quale si invocava l’attribuzione alla vittima di un concorso di colpa.

4. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata.

4.1. L’inammissibilità del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

P.Q.M.

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del Comune di Biancavilla di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2020

 

 

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