Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26037 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 15/10/2019, (ud. 17/09/2019, dep. 15/10/2019), n.26037

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4659/2015 proposto da:

AZIENDA USL LATINA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIVORNO 6, presso lo studio

dell’avvocato GUIDO DE SANTIS, rappresentata e difesa dall’avvocato

MASSIMO VALLERIANI;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati MAURO

RICCI, EMANUELA CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI;

– controricorrente –

e contro

B.E.;

– intimata –

avverso il decreto del TRIBUNALE di LATINA, depositato il 27/02/2014

R.G.N. 4997/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/09/2019 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MASSIMO VALLERIANI;

udito l’Avvocato PATRIZIA CIACCI per delega verbale Avvocato EMANUELA

CAPANNOLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale Giudice del lavoro di Latina, dopo aver disposto l’integrazione del contraddittorio – originariamente instaurato nei riguardi solo dell’INPS – anche nei confronti dell’Azienda Unità Sanitaria Locale di Latina, ha omologato l’accertamento tecnico obbligatorio ex art. 445 bis c.p.c., proposto da B.E., del requisito sanitario necessario all’ottenimento della esenzione delle quote di partecipazione alla spesa sanitaria L. n. 638 del 1983, ex art. 10, sul presupposto dell’esistenza di uno stato invalidante in misura superiore ai due terzi ed ha condannato l’Azienda USL di Latina al pagamento delle spese del giudizio, ponendo a carico dell’INPS le spese di c.t.u..

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione “ex art. 360 c.p.c., n. 3” l’Azienda sanitaria di Latina con unico articolato motivo di ricorso.

3. Resiste con controricorso l’INPS. B.E. è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico articolato motivo di ricorso l’Azienda sanitaria ricorrente deduce: a) violazione delle norme disciplinanti il riconoscimento dello stato di invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità di cui alla L. n. 102 del 2009; b) violazione e falsa applicazione del D.L. n. 203 del 2005, art. 10, comma 6 bis; c) violazione e falsa applicazione degli artt. 3,24 e 97 Cost..

2. In particolare, ad avviso della ricorrente, il sistema normativo delineato dal D.L. n. 78 del 2009, art. 20, conv. in L. n. 102 del 2009, induce a ritenere che dal primo luglio 2009 l’Inps debba ritenersi l’unico soggetto legittimato passivo nelle controversie proposte in materia di invalidità civile, anche alla luce dell’inserimento del D.L. n. 203 del 2005, art. 10, comma 6-bis, laddove è previsto che nei procedimenti giurisdizionali civili relativi a prestazioni sanitarie previdenziali ed assistenziali, nel caso in cui il giudice nomini un consulente tecnico d’ufficio, alle indagini assiste un medico legale dell’Ente, su richiesta, formulata a pena di nullità, del consulente tecnico nominato dal giudice, il quale provvede ad inviare apposita comunicazione al direttore della sede dell’INPS competente.

3. Sotto altro profilo, si denuncia che, nell’ipotesi in cui non si dovesse ritenere il difetto di legittimazione dell’Azienda sanitaria pur prevedendosi la sola necessaria partecipazione del consulente dell’Inps, si realizzerebbe una violazione del diritto di difesa in giudizio tutelato dall’art. 24 Cost., ed anche del principio di buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost..

4. Il ricorso è inammissibile.

5. Costituisce principio consolidato quello secondo il quale l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile deve avvenire in base al principio dell’apparenza, cioè con riguardo esclusivo alla qualificazione, anche implicita, dell’azione e del provvedimento compiuta dal giudice, a prescindere dalla sua esattezza e dalle indicazioni della parte (v. da ultimo Cass. n. 15897 del 11/07/2014, Cass. n. 21520 del 22/10/2015, Cass. n. 12872 del 22/06/2016, Cass. n. 3670 del 7/2/2019). Nel caso di specie, il ricorso è pacificamente rivolto alla impugnazione del decreto di omologa emesso dal giudice ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c..

6. In base alla giurisprudenza di questa Corte (vd. Cass. n. 11919 del 9 giugno 2015), in linea generale, il decreto di omologa in oggetto può essere impugnato con ricorso straordinario ex art. 111 Cost., soltanto per la parte relativa alla statuizione sulle spese, che qui non è censurata dalla ricorrente con specifico motivo.

7. Ciò in quanto, come ha sottolineato la Corte costituzionale nella sentenza n. 243 del 2014 e come affermato anche da questa Corte (vedi: Cass. 14 marzo 2014, n. 6010 e 17 marzo 2014, n. 6084 e n. 6085) il procedimento di cui si tratta non consiste nel “previo adempimento di oneri, nel senso di previo esperimento di rimedi amministrativi, ma di un procedimento giurisdizionale sommario, sul modello di quelli d’istruzione preventiva, a carattere contenzioso, avente ad oggetto la verifica delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa che s’intende far valere in giudizio, cui fa seguito un (eventuale) giudizio di merito a cognizione piena”.

8. Inoltre, il giudice, in mancanza di contestazioni e salvo non intenda rinnovare le operazioni o sostituire il consulente, deve omologare l’accertamento sulla sussistenza o meno delle condizioni sanitarie per l’accesso alla prestazione con decreto inoppugnabile e non modificabile, contro il quale non è proponibile neppure ricorso straordinario ex art. 111 Cost., giacchè le parti, ove intendano contestare le conclusioni del c.t.u., sono tenute a farlo, nel termine fissato dal giudice, anteriormente al decreto di omologa, precisando che è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., limitatamente alla statuizione sulle spese, sia legali che di consulenza, trattandosi, solo con riferimento ad esse, di provvedimento definitivo, di carattere decisorio, incidente sui diritti patrimoniali delle parti e non altrimenti impugnabile. (v. tra le altre, Cass. n. 6085 del 2014, n. 8878 del 2015).

9. Si è pure precisato (Cass. n. 11919 del 2015 cit.), proprio in fattispecie ove l’accertamento sanitario non era stato richiesto al fine di domandare il riconoscimento o il pagamento di una o più specifiche provvidenze economiche tra quelle cui è applicabile il nuovo istituto) ma si era chiesto, nei confronti dell’INPS e della ASL il riconoscimento della condizione di invalidità della L. n. 407 del 1990, ex art. 5, che è comunque inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione del decreto di omologa ove il ricorso, volto ad ottenere il mero accertamento di condizioni sanitarie, non abbia ad oggetto la richiesta di specifici benefici, ma sia solo prodromico alla proposizione di eventuali future domande amministrative.

10. Ciò in quanto, il ricorso per ATPO che ha ad oggetto esclusivamente dei fatti -cioè la condizione di invalidità ex L. n. 407 del 1990 – che, pur essendo giuridicamente rilevanti, non possono integrare, da soli, la fattispecie costitutiva di un qualsiasi diritto soggettivo (in termini, Cass. 10 settembre 2004, n. 18321; Cass., 18 giugno 1999, n. 6142; e di recente: Cass., 21 marzo 2014, n. 6731; Cass. 18 giugno 2014, n. 13854) e, quindi, non possono neppure dare luogo ad un’azione di mero accertamento (Cass. 17 giugno 2003, n. 9681; Cass. 2 aprile 2004 n. 6565, Cass., 10 settembre 2004, n. 18321; Cass. 7 febbraio 2007 n. 2646; Cass. 3 ottobre 2008, n. 24598).

11. Infatti, non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti che costituiscano solo elementi frazionari della fattispecie costitutiva di un diritto, il quale può costituire oggetto di accertamento giudiziario solo nella sua interezza, in quanto l’interesse ad agire richiede non solo l’accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, poichè il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per la parte, senza che sia precisato il risultato utile e concreto che essa intenda in tal modo conseguire (Cass. 27 gennaio 2011, n. 2051; Cass. 28 giugno 2010, n. 15355; Cass. 16 maggio 2013, n. 12036; Cass. 21 marzo 2014, n. 6731; Cass. 21 gennaio 2015, n. 1035).

12. Ne deriva che il decreto di omologa oggetto della presente impugnazione, non essendo finalizzato alla proposizione di una domanda in sede giudiziaria, ma risultando piuttosto collegato alla proposizione di eventuali, future domande di tipo amministrativo, non si connota per i caratteri della decisorietà e della definitività e, pertanto, avverso di esso, non è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, nè, tanto meno, per quanto si è sopra detto, quello ordinario ai sensi dell’art. 360 c.p.c..

13. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo, in favore dell’Inps, sola parte costituita. Non si deve provvedere nei confronti della parte rimasta intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge, nei confronti dell’INPS.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019

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