Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26036 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 15/10/2019, (ud. 11/09/2019, dep. 15/10/2019), n.26036

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13910-2014 proposto da:

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati EMANUELA CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI e MAURO RICCI;

– ricorrente –

contro

F.N., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARIATERESA GRIMALDI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1283/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 26/11/2013, R. G. N. 314/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/09/2019 dal Consigliere Dott. GHINOY PAOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ STEFANO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MANUELA MASSA per delega verbale avvocato EMANUELA

CAPANNOLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Firenze confermava la sentenza del Tribunale che aveva dichiarato irripetibili i ratei dell’assegno di invalidità civile corrisposti a F.N. dal febbraio 2005 all’ottobre 2007, che l’Inps aveva fatto oggetto di recupero nel 2009 in quanto la prestazione era stata revocata a far data dal 1.2.2005 con provvedimento del 15/10/2007 per mancata comunicazione dei redditi di riferimento, comunicazione avvenuta solo in data 25/10/2007.

2. La decisione della Corte territoriale poggiava sull’assunto che la revoca per motivi di reddito della prestazione assistenziale non potesse avere efficacia retroattiva, non potendosi ritenere che il mancato aggiornamento dei redditi da parte dell’assistito equivalesse a condotta dolosamente omissiva a fronte di un onere di verifica periodica imposto dalla legislazione a carico dei soggetti tenuto alla concessione delle provvidenze, potendo essere compatibile con la mera ignoranza ed accompagnare il convincimento del mantenimento del requisito, tanto più nel caso in esame, in cui il requisito reddituale era stato superato nel solo anno 2005, risultando quelli del 2006 e 2007 pari a zero.

3. Per la cassazione della sentenza l’Inps ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo, cui ha resistito F.N. con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. L’Inps deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 118 del 1971, artt. 12, 13 e 21 e dell’art. 2033 c.c.. Sostiene che, essendo stato revocato l’assegno di invalidità civile di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 13, per motivi reddituali dal 1/2/2005, la successiva comunicazione dell’assistito inerente la propria situazione reddituale dovrebbe essere qualificata nuova domanda e la prestazione decorrere dal mese successivo ad essa. Sostiene inoltre che ai ratei corrisposti indebitamente per il periodo 1/2/2005 – 31.10.2007, in quanto precedenti la citata comunicazione reddituale del 25/10/2007, debba applicarsi la regola generale della ripetibilità dell’indebito di cui all’art. 2033 c.c..

5. Il ricorso non è fondato.

Questa Corte nella sentenza n. 28771 del 09/11/2018 ha affermato il principio secondo il quale l’indebito assistenziale determinato dal venir meno, in capo all’avente diritto, dei requisiti reddituali previsti dalla legge abilita l’ente erogatore alla ripetizione delle somme versate solo a partire dal momento in cui è stato accertato il superamento dei predetti requisiti, a meno che non si provi che l'”accipiens” versasse in dolo rispetto a tale condizione (come ad esempio allorquando l’incremento reddituale fosse talmente significativo da rendere inequivocabile il venire meno dei presupposti del beneficio), trattandosi di coefficiente soggettivo idoneo a far venir meno l’affidamento alla cui tutela sono preposte le norme limitative della ripetibilità dell’indebito.

6. Occorre richiamare le motivazioni rese a sostegno di tale assunto, secondo le quali il regime dell’indebito previdenziale ed assistenziale presenta tratti eccentrici rispetto alla regola della ripetibilità propria del sistema civilistico e dell’art. 2033 c.c., in ragione dell'”affidamento dei pensionati nell’irripetibilità di trattamenti pensionistici indebitamente percepiti in buona fede” in cui le prestazioni pensionistiche, pur indebite, sono normalmente destinate “al soddisfacimento di bisogni alimentari propri e della famiglia” (Corte Costituzionale 13 gennaio 2006, n. 1), con disciplina derogatoria che individua “alla luce dell’art. 38 Cost., – un principio di settore, che esclude la ripetizione se l’erogazione (…) non sia (…) addebitabile” al percettore (Corte Costituzionale 14 dicembre 1993, n. 431).

7.In ambito assistenziale, si è dunque andato affermando un quadro di fondo tale per cui “in tema di ripetibilità delle prestazioni assistenziali indebite (…) trovano applicazione, in difetto di una specifica disciplina, le norme sull’indebito assistenziale che fanno riferimento alla mancanza dei requisiti di legge in via generale” (Cass. 1 ottobre 2015, n. 19638; Cass. 17 aprile 2014, n. 8970; Cass. 23 gennaio 2008, n. 1446; Cass. 28 marzo 2006, n. 7048) e quindi, in sostanza, il D.L. n. 850 del 1976, art. 3-ter, convertito in L. n. 29 del 1977 (secondo cui “gli organi preposti alla concessione dei benefici economici a favore.., degli invalidi civili hanno facoltà, in ogni tempo, di accertare la sussistenza delle condizioni per il godimento dei benefici previsti, disponendo la eventuale revoca delle concessioni con effetto dal primo giorno del mese successivo alla data del relativo provvedimento”) ed il D.L. n. 173 del 1988, art. 3, comma 9, convertito nella L. n. 291 del 1988 (secondo cui “con decreto del Ministro del Tesoro sono stabiliti i criteri e le modalità per verificare la permanenza nel beneficiario del possesso dei requisiti prescritti per usufruire della pensione, assegno o indennità previsti dalle leggi indicate nel comma 1 e per disporne la revoca in caso di insussistenza di tali requisiti, con decreto dello stesso Ministro, senza ripetizione delle somme precedentemente corrisposte” (risultando invece abrogata la L. n. 537 del 1993, che regolava l’indebito assistenziale all’art. 11, comma 4 e non applicabile, per eccesso del regolamento dalla delega di legge, D.P.R. n. 698 del 1994, art. 5, comma 5: sul tema v. in dettaglio, Cass. 7048/2006, cit.).

8. La piena ripetibilità in caso di venir meno dei requisiti economici neppure può desumersi dal disposto del D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 5, conv. in L. n. 326 del 2003 e ciò in quanto la disposizione, dopo avere demandato ad una determinazione interdirigenziale la fissazione delle modalità tecniche per le verifiche telematiche sui redditi, afferma che “non si procede alla ripetizione delle somme indebitamente percepite, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, dai soggetti privi dei requisiti reddituali”, senza nulla dire rispetto alla disciplina, per il futuro, della ripetibilità.

9. Sicchè la regola che ne deriva è quella per cui l’indebito assistenziale determinato da motivi reddituali, in mancanza di norme specifiche che dispongano diversamente, è ripetibile solo successivamente al momento in cui intervenga il provvedimento che accerta il venir meno delle condizioni di legge, e ciò a meno che non ricorrano ipotesi che a priori escludano un qualsivoglia affidamento, come nel caso di erogazione di prestazione a chi non sia parte di alcun rapporto assistenziale, nè ne abbia mai fatto richiesta (Cass. 23 agosto 2003, n. 12406), nel caso di radicale incompatibilità tra beneficio ed esigenze assistenziali (Cass. 5 marzo 2018, n. 5059, riguardante un caso di erogazione dell’indennità di accompagnamento in difetto del requisito del mancato ricovero dell’assistibile in istituto di cura a carico dell’erario) o in caso di dolo comprovato dell’accipiens.

10. La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi, essendo stata la revoca disposta il 25/10/2007 con effetto dal 1/2/2005 a fronte del superamento del reddito per l’anno 2005, nella ritenuta assenza di dolo da parte del pensionato, il cui mancato inoltro della dichiarazione reddituale ad avviso del giudice di merito poteva ritenersi compatibile con una mera dimenticanza, tanto più in quanto il superamento del reddito era limitato all’anno 2005, mentre per gli anni successivi il requisito economico era sussistente.

11. Il ricorso dell’Inps, che sostiene l’applicabilità alla fattispecie della normativa generale sull’indebito di cui all’art. 2033 c.c., per i ratei anteriori alla revoca per motivi di reddito del trattamento assistenziale, non è dunque fondato, neppure essendo fatto oggetto di censura l’accertamento fattuale relativo alla mancanza di dolo dell’accipiens.

12. Segue coerente il rigetto del ricorso.

13. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza, con distrazione ex art. 93 c.p.c., in favore del difensore in virtù della dichiarata anticipazione.

14. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. Maria Teresa Grimaldi.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019

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