Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26032 del 31/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/10/2017, (ud. 25/05/2017, dep.31/10/2017),  n. 26032

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2344-2016 proposto da:

D.C.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE

GIOACCHINO BELLI 96, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA

ABBATE, rappresentata e difesa dall’avvocato NICOLA GRIPPA;

– ricorrente –

contro

T.A.; S.V., S.C., P.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 497/2015 della CORTE D’APPELLO DI LECCE

SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO, depositata il 17/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/05/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’avv. T.A., premesso di essere creditore, nei confronti di S.V. e D.C.D., della somma di Euro 47.000,00 per compensi inerenti all’attività giudiziale prestata in favore dei predetti, di aver ottenuto in danno degli stessi decreti ingiuntivi e di aver poi appreso che essi avevano venduto, con riserva del diritto di abitazione, a P.L. e S.C., un proprio immobile sito in (OMISSIS) per il prezzo di Euro 19.700,00, convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Taranto, i coniugi S. – D.C. nonchè P.L. e S.C. e, sostenendo la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 2901 c.c., in quanto la vendita simulata concretava una donazione di favore della figlia e del genero dei predetti debitori onde evitare la sottoposizione dell’immobile ad espropriazione, chiese dichiararsi l’inefficacia del detto contratto nei confronti dell’attore e, in subordine, la simulazione assoluta di tale atto.

I convenuti S.V. e D.C.D. si costituirono eccependo l’infondatezza della domanda; sostennero che l’attore aveva sempre ricevuto i suoi compensi e che nel 1991 S.V. aveva ceduto a favore di P.L. un credito, pari a Lire 50.000.000, vantato nei confronti di Ma.Pa. e da questi non soddisfatto e che, per tale ragione, essi avevano effettuato la vendita in parola per prezzo modico.

Il Tribunale adito, con sentenza n. 1746/2012 del 27 settembre 2012, rigettò la domanda sul rilievo che il trasferimento di proprietà dell’immobile in questione era avvenuto per estinguere un debito dello S. nei confronti del P. e, pertanto, non era soggetto a revocazione.

Avverso la sentenza di primo grado il T. propose appello chiedendo l’accoglimento della domanda soltanto in relazione alla quota di D.C.D. e, in subordine, la declaratoria di simulazione assoluta della vendita.

Si costituirono congiuntamente D.C.D. e S.V. contestando l’impugnazione proposta dal T. e formularono appello incidentale in relazione alla liquidazione delle spese.

Si costituì in quel grado anche l’avv. L.A. in proprio, distrattario delle spese dei primo grado sostenute dagli appellati-appellanti incidentali, mentre restarono contumaci P.L. e S.C..

La Corte di appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 17 novembre 2015 dichiarò l’inammissibilità dell’intervento spiegato dal L.; accolse l’appello principale del T. e, per l’effetto, in riforma parziale della sentenza impugnata, dichiarò l’inefficacia, nei confronti del T. e in relazione alla sola quota di comproprietà di D.C.D., dell’atto di compravendita del 4 marzo 2010 intervenuto tra la D.C. e gli acquirenti P.L. e S.C., con riferimento all’immobile sito in (OMISSIS) e censito in catasto al foglio (OMISSIS); dispose l’annotazione di quella sentenza ex art. 2655 c.c. da parte della competente Agenzia del Territorio – Servizi Immobiliari, con esonero da responsabilità; condannò la D.C. al pagamento, in favore del T., delle spese del doppio grado del giudizio di merito; rigettò l’appello incidentale proposto da S.V.; dichiarò interamente compensate le spese di quel grado tra T.A., S.V., L.A., P.L. e S.C. e revocò, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 136 l’ammissione di S.V. al patrocinio a spese dello Stato.

Avverso la sentenza della Corte di merito D.C.D. ha proposto ricorso per cassazione basato su due motivi.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

La proposta del relatore è stata comunicata alla parte costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata.

2. Con il primo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., comma 1, art. 2730 c.c., art. 41 Cost., art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, la ricorrente assume, con riferimento alla ritenuta sussistenza dell’evenuts damni, di aver allegato agli atti del giudizio di primo grado il pignoramento immobiliare eseguito dall’avv. T. che dimostrava, a suo avviso, l’esistenza di un patrimonio che garantiva, sia per valore che per caratteristiche, il soddisfacimento delle ragioni del creditore, riferendosi detto pignoramento a un terreno il cui valore, nel corso della procedura esecutiva immobiliare, sarebbe stato stimato in Euro 150.000,00 circa, di gran lunga maggiore del credito vantato dall’avv. T., pari a Euro 47.000,00.

Sostiene, pertanto, la ricorrente che la Corte di appello, ignorando le richiamate risultanze processuali che dimostravano l’esistenza del patrimonio residuo della debitrice, avrebbe “fatto cattivo uso delle norme denunciate in questa sede, in quanto avrebbe dovuto escludere l’esistenza di una delle condizioni dell’azione revocatoria proposta, ossia l'”eventus damni””.

2.1. Il motivo va disatteso.

Come sostenuto dalla stessa ricorrente e come pure sostanzialmente affermato dalla Corte di merito, era onere della D.C. dimostrare la eventuale sussistenza di patrimonio residuo della debitrice avente caratteristiche tali da garantire il soddisfacimento delle ragioni creditorie del T. medesimo senza particolari difficoltà (Cass. 4/07/2006, n. 15265; Cass. 3/02/2015, n. 1902).

Tuttavia, il motivo all’esame risulta inammissibile per genericità in quanto non è dato sapere se e quando sia stata depositata nel giudizio di merito relativo alla causa ora all’esame la stima del bene su cui è stato operato il pignoramento e alla quale pure fa espresso riferimento la ricorrente nel mezzo all’esame nel sostenere l’insussistenza nella specie dell’eventus damni, nè è dato sapere dove tale stima sia eventualmente reperibile in questa sede (v., ex multis, Cass. 28/09/2016, n. 19048; Cass. 7/02/2011, n. 2966; Cass., ord., 7/06/2017, n. 14107), essendosi la ricorrente limitata a sostenere genericamente in ricorso che la stessa è stata effettuata “nel corso della procedura esecutiva immobiliare”.

3. Con il secondo motivo, rubricato “Nullità della sentenza, per violazione dell’art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., n. 4, circa la motivazione della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4”, si deduce la nullità della sentenza per essere la motivazione della stessa “apparente, perplessa, ovvero viziata da irriducibile contraddittorietà e illogicità manifesta”, avendo la Corte di merito negato ciò che risultava dagli atti in suo possesso e cioè che fosse provato la sussistenza di un patrimonio residuo della D.C..

3.1. Il motivo non può essere accolto.

Ed invero questa Corte ha ormai più volte affermato che la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., sez. un., 7/04/2014, n. 8053).

E nella specie, non sussiste la lamentata nullità della sentenza impugnata, che risulta motivata, nè la motivazione della decisione della Corte di appello risulta perplessa nè, in sè – e, quindi, a prescindere dalle risultanze istruttorie – irriducibilmente contraddittoria o viziata da illogicità manifesta, evidenziandosi, peraltro e comunque, che la censura di cui al primo motivo non ha colto nel segno per le ragioni già espresse.

4. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

5. Non vi è luogo a provvedere per le spese, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva in questa sede.

6. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 25 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2017

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