Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26025 del 17/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 17/11/2020, (ud. 07/10/2020, dep. 17/11/2020), n.26025

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8658-2019 proposto da:

V.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALDINIEVOLE

11, presso lo studio dell’avvocato ESTER FERRARI MORANDI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

MANUELA MASSA, PATRIZIA CIACCI, CLEMENTINA PULLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1156/2018 del TRIBUNALE di VELLETRI,

depositata il 13/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

il Tribunale di Velletri ha rigettato il ricorso proposto ex art. 445 bis c.p.c., comma 6, e condannato la ricorrente, V.S., al pagamento delle spese di lite;

a fondamento della statuizione sulle spese, ha ritenuto che fosse carente una valida dichiarazione ex art. 152 disp. att. c.p.c.;

per la cassazione della pronuncia, ha proposto ricorso V.S., con un unico motivo, cui ha resistito l’INPS con controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con l’unico motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c.;

parte ricorrente deduce che nelle conclusioni dell’atto introduttivo del giudizio per ATPO e del giudizio di opposizione era presente la dichiarazione prevista dalla disposizione indicata in rubrica e, inoltre, che negli atti risultava depositata la dichiarazione sostitutiva di certificazione, con la quale, attestava “di essere separata legalmente (…) (di) rientra(re) (nella) L. n. 269 del 2003, art. 42 comma 11 come reddito personale e famigliare… (di avere) red(dito) personale da inv(alidità) civ(ile) erogata dall’Inps”;

il ricorso è fondato;

le censure sono, in primo luogo, ammissibili, risultando assolte le prescrizioni desumibili dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4: il contenuto essenziale delle dichiarazioni è riprodotto nel ricorso ed è indicata la collocazione processuale delle dichiarazioni medesime;

quanto al merito, questa Corte ha chiarito che l’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, (conv. con modif. nella L. n. 326 del 2003), nella parte in cui fa carico alla parte ricorrente, che versi nelle condizioni reddituali per poter beneficiare dell’esonero degli oneri processuali in caso di soccombenza, di rendere apposita dichiarazione sostitutiva “nelle conclusioni dell’atto introduttivo” va interpretato nel senso che della ricorrenza delle condizioni di esonero deve essere dato conto nell’atto introduttivo del giudizio, cosicchè va ritenuta “efficace la dichiarazione sostitutiva che, pur materialmente redatta su foglio separato, sia espressamente richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e ritualmente prodotta con il medesimo” (v., ex plurimis, Cass. n. 16616 del 2018);

la Corte ha anche precisato (v. Cass. n. 24303 del 2016; Cass., VI, n. 16616 del 2018; Cass. n. 23424 del 2018) che la disposizione (id est: l’art. 152 disp. att. c.p.c.), stante il richiamo limitato ai commi 2 e 3, con esclusione del comma 1, del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79 che disciplina il contenuto dell’istanza per il gratuito patrocinio, non impone alla parte ricorrente l’indicazione specifica dell’entità del reddito nella prescritta dichiarazione sostitutiva, in un’ottica di semplificazione delle condizioni di accesso alla tutela giurisdizionale, coerente con la “ratio” ispiratrice della disciplina di favorire l’effettivo accesso alla tutela di diritti costituzionalmente garantiti, benchè diretta ad evitare e punire gli abusi;

a tanto consegue 1″idoneità della dichiarazione in atti, richiamata nelle conclusioni dell’atto introduttivo e completa nel suo contenuto, a determinare, ai sensi dell’art. 152 disp. att c.p.c., l’esonero dalle spese di lite;

la sentenza impugnata deve essere pertanto cassata in relazione alla statuizione sulle spese;

non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito; vanno, di conseguenza, dichiarate non dovute, dalla ricorrente, le spese del procedimento davanti al Tribunale; la parte ricorrente va, altresì, esonerata dal pagamento delle spese di C.T.U., che vanno poste definitivamente a carico dell’Inps.;

le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, sono regolate secondo soccombenza e vanno distratte in favore del difensore in virtù della dichiarata anticipazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara non dovute le spese processuali del giudizio dinanzi al Tribunale e pone a carico dell’Inps le spese di c.t.u..

Condanna l’INPS al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.500,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 % ed accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. Ester Ferrari Morandi.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2020

 

 

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